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Renzi, il terminal “arrivi” in Sicilia Cuffaro ai suoi: «E’ l’unico sbocco»

Di Mario Barresi |

Catania – Poco prima di ripartire per il Burundi (da dove proprio ieri ha inviato agli amici una foto di lui con un gruppo di bimbi per dire che lì «si impara ad affrontare la sofferenza»), Totò Cuffaro aveva consegnato una divinazione ai suoi seguaci: «Signori, oggi per chi è di centro l’unico contenitore è quello di Renzi». Una riflessione intimamente condivisa dal suo “gemello diverso”, anch’esso allattato da Lillo Mannino, ovvero Raffaele Lombardo, che continua a smentire con pervicace vigore le voci di vis-à-vis romani col leader di Italia Viva: «Mia moglie preferirebbe che piuttosto vedessi la Boschi, ma tanto io non vedo più nessuno», taglia corto con gli adepti che non incontra più nella storica segreteria etnea di via Pola, chiusa da mesi.

È chiaro che nessuno dei due ex governatori possa (o voglia) essere un compagno d’avventura di Matteo Renzi in Sicilia. Ma il sentiment dei loro due mondi di mezzo è un evidente sintomo della presa che potrà avere Italia Viva fra i moderati. E se anche un centrista integerrimo come Mimmo Turano, oggi ingessato dal ruolo di assessore di Musumeci, comincia a chiedere ai suoi di «monitorare il progetto», significa che c’è un potenziale moltiplicatore enorme. Del resto, in un cenacolo di estremisti della moderazione (c’erano, oltre allo stesso Turano, anche Saverio Romano, Pino Firrarello e Giuseppe Castiglione), qualche settimana fa sotto il Vulcano,il tema s’è posto: «In Sicilia c’è un partito silenzioso del 30%. Ma dove andiamo? Con chi andiamo?». L’ex ministro Romano ha scelto L’Altra Italia, una specie di outlet di un partito belusconiano ai minimi storici. Gli altri, per ora, restano dove sono. Così come gli ex Mpa. «Senza un riferimento nazionale è inutile fare l’ennesimo pastrocchio siciliano», è il lungimirante consiglio dello “zio Pino”.

Mentre i saggi post-democristiani si arrovellano, il senatore di Rignano apre in grande stile la campagna acquisti siciliana. Adesso che Italia Viva è stata costretta a scoprire le carte sull’imminente gruppo all’Ars (dai dem escono Luca Sammartino e Giovanni Cafeo che si uniscono a Nicola D’Agostino ed Edy Tamajo di Sicilia Futura: si parte con quattro, poi si vedrà), lo stesso Renzi lancia l’evento: «Sabato 16 saremo in un bagno di folla a Catania per la prima presentazione siciliana». Il leader ritwitta lo stesso Sammartino. «Lanceremo i temi della continuità territoriale e parleremo del costo dei trasporti», annuncia. Appuntamento nella “sala grande” delle Ciminiere, nel pomeriggio di un sabato in cui nel Catanese Gianfranco Miccichè è ospite di una convention azzurra. «Nessuna sorpresa, normale spostamento di ceto politico», minimizza il dem Anthony Barbagallo. Mentre a Palazzo dei Normanni i renziani non lasciano nulla al caso: il nuovo gruppo si chiamerà “Sicilia Futura-Italia Viva”, cosicché Tamajo possa restare deputato-segretario nel Consiglio di presidenza, ruolo strategico non assegnabile a chi non avesse un simbolo in corsa alle ultime Regionali. E proseguono le trattative e gli ammiccamenti con gli altri deputati: si complica l’adesione del dem Michele Catanzaro, restano in interessata attesa Luisa Lantieri (tendenza cuffariana dialogante) e Marianna Caronia, pur frenata da qualche collega autonomista. Ma all’Ars i corteggiamenti sono senza frontiere: «Mi hanno chiamato per chiedermi “che vuoi fare”, ci ho riso su…», confessa un sovranista.

Ma il grosso della valanga renziana è a valle. Nei territori. In ossequio a una massima linoleanziana («Un nuovo partito non si costruisce con i deputati, ma dalla base»), è Sammartino a gestire il terminal arrivi. Nel Catanese entrano molti sindaci, fra i quali Marco Rubino (S. Agata li Battiati), Carmelo Scadurra (Aci Castello), Carmelo Corsaro (San Gregorio) e Nuccio Barbera (San Cono); annunciate scosse anche a Palazzo degli Elefanti. Da Siracusa, oltre all’ex sindaco Giancarlo Garozzo, renziano della prima ora, in transito i primi cittadini di Lentini (Saverio Bosco) e Carlentini (Giuseppe Stefio). Ma il botto arriva dal Ragusano: a passare con Italia Viva, fra gli altri, sarà Ignazio Abbate, sindaco “civico” di Modica riconfermato col 65% nel 2018. I Matteo-boys siciliani lasciano coperti i nomi di Caltanissetta («sindaci importanti del Vallone e del Gelese») e di Enna («ingressi pesanti», ma «purtroppo» non Mirello Crisafulli). Ad Agrigento smentiti contatti con l’attuale primo cittadino Lillo Firetto, in compenso è già arruolato l’ex vicesindaco Massimo Muglia; dentro, inoltre, Leonardo Ciaccio, sindaco di Sambuca candidato alle ultime Europee. Nel Messinese, in attesa del potenziale quinto renziano all’Ars per via giudiziaria (Pippo Laccoto, speranzoso ricorrente per subentrare nel Pd), a presidiare c’è l’ex deputato regionale cardinalizio Beppe Picciolo; sconfessate trattative col deputato ex leghista Carmelo Lo Monte.

Una partita a parte è a Palermo. Dove i renziani contano di «formare il gruppo consiliare più numeroso di Sicilia». Più che “indiziati” i dem Dario Chinnici (capogruppo faraoniano), Francesco Bertolino e Carlo Di Pisa. Ma i rumors di Sala delle Lapidi sussurrano un interessamento di Sandro Terrani. Il capogruppo di Mov139, così come lo stesso Bertolino, è un pupillo di Leoluca Orlando. Ufficialmente iscritto al Pd (con solenne cerimonia di consegna della tessera officiata da Davide Faraone), il sindaco di Palermo nel Pd è un “credente non praticante”, se non un “agnostico”. «Era meglio se il segretario l’avessero sorteggiato», la sua battuta per spiegare la plateale astensione alle ultime primarie. Che vuole fare Orlando? Da via Bentivegna sibilano di una «formale disponibilità senza entusiasmo né fatti concreti» ai ripetuti inviti del partito; dal quartier generale di Italia Viva non smentiscono che ci sia un discorso aperto. Ma, semmai ci fossero trattative in corso, a lavorare all’eventuale colpo di mercato non sarebbero né Sammartino né Faraone. Ma Renzi. Di pirsona pirsonalmente.

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