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Un terzo dei comuni siciliani in dissesto o pre-dissesto. I sindaci si ribellano: «Da Regione e Stato soltanto le briciole»

I primi cittadini dell'Anci denunciano difficoltà a far quadrare i conti. «I contributi in Finanziaria metteteli nel Fondo per le autonomie, così non diventano strumento politico»

Accursio Sabella

11 Dicembre 2025, 11:11

 Un terzo dei comuni siciliani in dissesto o pre-dissesto. I sindaci si ribellano: «Da Regione e Stato soltanto le briciole»

«Nonostante molte richieste ufficiali, non abbiamo mai avuto un dialogo con l’assessore regionale all'Economia, Alessandro Dagnino». La sottolineatura del presidente dell'Anci Paolo Amenta arriva nel corso di una conferenza stampa all'Ars, convocata anche per aprire uno spiraglio di dialogo. Obiettivo centrato. L'incontro avverrà stamattina, annuncia l'esponente del governo Schifani, che ha accolto l'appello. Sarà l'occasione buona per mettere sul tavolo i problemi e le esigenze dei Comuni siciliani. «Che, ricordiamocelo – fa eco il segretario generale dell'associazione dei sindaci, Mario Emanuele Alvano – sono istituzioni. E come tali devono essere considerati».

Ma i Comuni non ce la fanno più. Complice, spiega Amenta, la progressiva riduzione, negli anni, del Fondo per le autonomie: «In Sicilia è sceso a 287 milioni, per 4 milioni e 700mila abitanti. Al di là di pochi aiuti – dice Amenta - la Regione ha demandato allo Stato la copertura di tali costi, senza curarsi del fatto che anche il governo nazionale ha allargato le braccia». Insomma, la Regione taglia di anno in anno e lo Stato «riserva alla Sicilia solo le briciole, anzi, è proprio un furto, visto che continuano a erogare sulla base della spesa storica», prosegue il presidente di Anci.

Eppure «la Regione – spiegano Amenta e Alvano - ha un avanzo di amministrazione di oltre 2 miliardi 150 milioni, frutto dell’aumento dell’incasso delle entrate tributarie. Paradossalmente, però, sono aumentati i Comuni in dissesto e pre-dissesto». Sono 130, per l'esattezza, i Comuni siciliani che si trovano in una situazione finanziaria difficile. Nel frattempo, però, in finanziaria si moltiplicano i micro-interventi, sponsorizzati dal deputato di turno: «I Comuni sono così in difficoltà – dice Amenta – che persino l'intervento di 50mila euro viene accolto con soddisfazione. Ma c'è un errore di fondo: quei soldi potrebbero andare nel Fondo per le autonomie, e poi sarebbero i sindaci stessi a decidere come spenderli, senza che questi contributi diventino uno strumento puramente politico». Eppure si tratta dell'evoluzione delle cosiddette “mance”: dalle associazioni private e le sagre, agli interventi strutturali nei centri siciliani: «Sono inutili – taglia corto Amenta – se l'obiettivo è un reale miglioramento dei territori». Semmai, spiega Alvano, «qualcuno può fare la voce grossa e risolvere il suo problema, qualcun altro no».

Il risultato di questa situazione? «Tutte le classifiche – ricorda Amenta – piazzano le Province siciliane agli ultimi posti, perché non raggiungono gli standard e gli obiettivi delle altre. Ma per centrarli, quegli obiettivi, servono i soldi». Soprattutto in un settore, quello del sociale, dove i sindaci sembrano fare maggiore fatica ad allineare esigenze della cittadinanza e costi. E in questo caso, l'aiuto della Regione, secondo Anci, è «ridicolo». «In tutta la Sicilia per coprire i servizi sociali, i Comuni sborsano dai loro bilanci ben 585 milioni. La Regione contribuisce in maniera ridicola, con un contributo di appena 30 milioni». E poi, ecco il tema dei rifiuti, sul quale la Finanziaria è intervenuta con una norma sugli extra costi a carico dei Comuni: «I 10 milioni stanziati sono sicuramente un primo passo ma non possono rimanere episodiche. Servono interventi strutturali». E di questo si parlerà oggi, nel primo confronto tra Anci e Dagnino.