la storia
Dalla parure libica alle scarpe di pitone: l’asta (inedita) dei doni alla premier e la prova di trasparenza che mancava
Dossier, regole e una casa d’aste a Roma: come e perché i doni protocollari ricevuti da Giorgia Meloni finiranno sotto il martello, con un ricavato destinabile a finalità sociali
Una stanza chiusa a chiave al terzo piano di Palazzo Chigi, scaffali colmi, etichette numerate, tessuti arrotolati come tappeti orientali in un museo, scatole con sigilli del cerimoniale. È lì che, in questi anni, sono stati accatastati gli omaggi ricevuti da Giorgia Meloni in qualità di presidente del Consiglio: dai tappeti libici ai portagioielli, dalle porcellane ai foulard, fino a un paio di scarpe in pelle di pitone blu con tacco dorato. Ora quella “camera del tesoro” sta per aprirsi non ai visitatori, ma ai banditori: una parte dei doni di rappresentanza sarà messa all’asta da una galleria romana, con un valore potenziale che – stando alle stime circolate – potrebbe arrivare fino a circa 800.000 euro. Il passaggio non è solo logistico: segna una svolta di trasparenza e di gestione pubblica di beni che, per legge, appartengono all’amministrazione e possono essere destinati a finalità umanitarie e di beneficenza.
Cosa andrà all’asta e perché: la fotografia degli omaggi
Secondo gli elenchi depositati a Montecitorio in risposta a un’interrogazione del deputato di Italia Viva Francesco Bonifazi, negli ultimi tre anni gli omaggi protocollari ricevuti dalla premier sono “alcune centinaia”: nell’inventario più citato compaiono in totale 273 doni, quindi oltre 270 unità, una media di circa nove al mese. Tra gli oggetti più curiosi spiccano la statuetta di Javier Milei con la motosega, cappelli d’ordinanza di alpini e bersaglieri, un set di trucchi giapponese, più di una dozzina di tappeti dai paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, una parure di gioielli donata dalla Libia, e le celebri scarpe di pitone blu – omaggio saudita – con il tacco color oro. Nell’elenco trova posto anche un tablet, identificato da diverse ricostruzioni come un iPad regalato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky in occasione di uno dei bilaterali a Roma.
L’idea di procedere con la vendita viene motivata, oltre che dalle norme, anche da una ragione pratica: la stanza-adibita-deposito a Palazzo Chigi non sarebbe più sufficiente a contenere i beni. Per questo la Presidenza del Consiglio ha incaricato la casa d’aste romana Bertolami Fine Art, con sede nello storico Palazzo Caetani Lovatelli, di organizzare più sessioni tra gennaio e giugno 2026. La commissione pattuita sarebbe del 5%, con un tetto massimo di 40.000 euro: da qui discende la stima massima del valore complessivo di circa 800.000 euro.
Le regole del gioco: cosa dice la normativa su doni e soglia dei 300 euro
Il punto cardine è il DPCM 20 dicembre 2007 – “Disciplina del regime per i doni di cortesia ricevuti dai componenti del Governo” – che fissa a 300 euro la soglia entro la quale un membro del Governo può trattenere personalmente un dono protocollare. Oltre tale valore, l’oggetto diventa patrimonio dell’amministrazione: può essere destinato a sedi ufficiali o, in alternativa, “destinato dal Presidente del Consiglio e dai Ministri per iniziative aventi finalità umanitarie, caritatevoli, di assistenza e beneficenza”. Una cornice che legittima l’opzione-asta e la destinazione sociale del ricavato. Questa disciplina specifica convive con il DPR 62/2013 (Codice di comportamento dei dipendenti pubblici), che per il personale amministrativo definisce come “modico” un valore fino a 150 euro, imponendo la messa a disposizione dell’amministrazione di regali superiori. Per i membri del Governo vale invece la soglia e la procedura ad hoc del DPCM.
In concreto, la scelta di bandire un’asta non solo aiuta a liberare spazi fisici, ma mette in pratica l’indicazione – spesso rimasta sulla carta – di destinare a iniziative pubbliche o benefiche beni che hanno un chiaro carattere protocollare. È lo stesso solco tracciato in passato, quando, ad esempio, i doni ricevuti dall’allora premier Romano Prodi furono battuti all’incanto con proventi devoluti a realtà come Libera e Medici con l’Africa. Un precedente utile a inquadrare la mossa odierna come riattivazione di una buona pratica di trasparenza.
Chi batte il martello: la galleria e il calendario
La vendita sarà curata da Bertolami Fine Art, casa d’aste con una programmazione articolata su archeologia, numismatica, antiquariato e arte moderna e contemporanea. Secondo quanto riportato da più testate, le aste dei doni a Palazzo Chigi si terranno tra gennaio e giugno 2026 presso la sede di piazza Lovatelli, a Roma. Le modalità tipiche prevedono partecipazione in sala, telefonica e online tramite la piattaforma della galleria e portali partner. L’incarico, riferiscono ricostruzioni giornalistiche, include una commissione del 5% fino a 40.000 euro, elemento da cui – per semplice proporzione – si ricava la stima del valore massimo della collezione destinata all’incanto. Alcuni profili proprietari della società sono stati discussi in queste ore, ma ai fini della notizia contano soprattutto la trasparenza delle condizioni di vendita e la tracciabilità dei lotti, che nel caso di beni pubblici devono essere pienamente documentate.
Che fine farà il ricavato: benefici alla collettività, passaggi amministrativi e cautela sulle formule
Qui si impone una distinzione importante. Le anticipazioni delle ultime ore riferiscono che il ricavato affluirà alla Presidenza del Consiglio dei ministri; tuttavia, la stessa disciplina sui doni di rappresentanza consente – ed anzi incoraggia – che tali proventi siano impiegati per “iniziative” con finalità umanitarie, caritatevoli o di beneficenza. Tradotto: è fisiologico che i fondi transitino per l’amministrazione, che poi potrà destinarli, anche tramite bandi o delibere, ad associazioni e organismi senza scopo di lucro. È prudente, allo stato, evitare di indicare beneficiari nominativi finché non verranno stabiliti con atti formali.
Politica, trasparenza e polemiche: cosa è successo in primavera e perché conta adesso
La lista dei 273 doni è emersa a inizio maggio 2025 in seguito a un’interrogazione parlamentare di Francesco Bonifazi. La risposta del ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani ha formalizzato il deposito dell’inventario presso la Camera dei deputati. La vicenda ha acceso uno scontro politico tra Fratelli d’Italia e Italia Viva sulla trasparenza: per la maggioranza si è trattato di un atto di chiarezza mai visto prima, per l’opposizione l’elenco andava integrato e reso più accessibile. Quel confronto, comunque, ha creato le premesse per l’attuale decisione di aprire i depositi all’asta e, di fatto, di restituire un’utilità pubblica a beni altrimenti destinati a prendere polvere.
Cosa raccontano i doni: geografia diplomatica e simboli
Gli omaggi dicono molto dei tempi e dei dossier. I tappeti e i gioielli di fattura nordafricana rimandano ai rapporti con la Libia e alla politica mediterranea; le porcellane e i set da tè richiamano i contatti con l’Ungheria di Viktor Orbán e con paesi dell’Asia; i cappelli militari sono legati a eventi nazionali; l’azione-figure di Milei è un chiaro riferimento alla dimensione mediatica della politica argentina. Il dono tecnologico attribuito a Zelensky si colloca nella stagione dei ripetuti incontri tra Italia e Ucraina, dalle visite di inizio 2025 alle sessioni multilaterali del G7 e alla conferenza internazionale per la ricostruzione. Nell’insieme, un mosaico che fotografa viaggi, alleanze, priorità e persino linguaggi della diplomazia contemporanea.
Asta e regole: cosa vedremo nel catalogo, cosa no
È verosimile che nel catalogo non compaiano tutti i 273 omaggi, ma solo gli oggetti che abbiano i requisiti per la vendita: valore stimabile e verificabile, condizioni adeguate, assenza di vincoli che ne suggeriscano l’uso in sedi istituzionali. La normativa, infatti, prevede che i doni di particolare pregio simbolico o idonei all’allestimento di spazi ufficiali restino nella disponibilità permanente dell’amministrazione. È altrettanto probabile che una selezione di beni – come le parure di gioielli, alcuni tappeti e oggetti di design – venga posta tra i lotti di maggiore richiamo, mentre altri (ad esempio gadget o ricordi più semplici) restino in archivio o siano destinati a usi istituzionali. Per la base d’asta e le stime puntuali bisognerà attendere la pubblicazione del catalogo, secondo le scadenze che la galleria indicherà nei suoi canali ufficiali.