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Dietro i 4 milioni di amici, i 26 “segnalibri”): l’algoritmo politico di Giorgia Meloni su Facebook (con qualche sorpresa)

Crescono i follower, resta minuscola la lista dei profili seguiti: un laboratorio di comunicazione politica che dice molto su priorità, messaggi e potere

Redazione La Sicilia

17 Dicembre 2025, 11:36

11:42

Dietro i 4 milioni di amici (e 26 “segnalibri”): l’algoritmo politico di Giorgia Meloni su Facebook

La pagina Facebook ufficiale di Giorgia Meloni sfiora i 4 milioni di follower. In alto, tra le informazioni pubbliche, un dato colpisce più del contatore delle “amicizie”: i profili seguiti sono appena 26. Un numero quasi ascetico, in una piattaforma che spinge a espandere all’infinito la propria bolla. È in quella micro‑lista — fatta di ministri, istituzioni e un solo “intruso” — che si legge, più che nei post di giornata, l’idea di una leadership digitale: controllo del perimetro, messaggi in uscita molto più che in entrata, e un ecosistema politico‑mediatico che orbita attorno a Palazzo Chigi. A dirlo non sono indiscrezioni: lo raccontano le metriche e la selezione dei contatti, fotografate oggi con precisione chirurgica.

Un numero che pesa: i 3,9 milioni (e oltre) della “piazza” Facebook

I dati confermati dalla stampa indicano che la pagina della premier corre verso quota 4 milioni: “3,9 milioni e in rapida crescita” è la fotografia aggiornata al 17 dicembre 2025. Il sorpasso su Instagram — dove la soglia dei 5 milioni è stata celebrata un mese fa — consolida l’architettura social della leader di Fratelli d’Italia: pubblico largo su Facebook, presidio d’immagine su Instagram, proiezione internazionale su X, linguaggio “pop” su TikTok.

Se i numeri assoluti contano, a rendere più nitida la tendenza sono le performance dell’ultima settimana: l’intervento della premier ad Atreju ha generato su Facebook 98 mila like e 134 mila interazioni, con due reel oltre 1,13 milioni di visualizzazioni; su Instagram lo stesso ciclo di contenuti ha prodotto 171 mila like, 177 mila interazioni e circa 5.700 nuovi follower in poche ore. Dati raccolti da Arcadia, società di analisi dei social media, diffusi da Adnkronos. Segnali di una macchina narrativa che, quando aggancia un evento politico, trasforma la polarizzazione in trazione.

La lista dei 26: ministri, istituzioni e un “intruso” che dice molto

La scelta di seguire soltanto 26 profili su Facebook è un gesto comunicativo. Dentro ci sono i vertici del governo e delle Camere, le pagine del partito e due istituzioni simbolo. Scorrendo quell’elenco compaiono i ministri — dal Guardasigilli Carlo Nordio al vicepremier Antonio Tajani e al vicepremier Matteo Salvini — e le massime cariche parlamentari, il presidente del Senato Ignazio La Russa e il presidente della Camera Lorenzo Fontana. Ci sono poi le pagine ufficiali di Fratelli d’Italia e della famiglia europea dei Conservatori, l’Ecr. Tra le istituzioni, Palazzo Chigi e la Camera dei deputati. Nell’elenco resiste ancora il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, segno che la lista non è aggiornata all’ultimo rimpasto che ha portato Alessandro Giuli alla guida del dicastero. Fin qui, 25 contatti. Il ventiseiesimo è la deviazione dalla regola: il giornalista Fabio Salamida, autore del volume “La rivalsa del nero”, oggi firma di Wired. Lui stesso, interpellato, ha spiegato con ironia di non conoscere il motivo preciso del “follow”: “L’avrò incrociata per lavoro”, ha detto. Un tassello che rende la lista, altrimenti monolitica, più rivelatrice di un criterio di selezione pratico, e non solo ideologico.

Una strategia di feed: perché contano i “seguiti” (più dei follower)

In un ambiente dove la portata organica è sempre più condizionata da algoritmi e interazioni incrociate, la lista dei “seguiti” indica tre cose:

Priorità narrative: seguire ministri e istituzioni crea un flusso di contenuti “di filiera”, utile a rilanciare in tempo reale iniziative, decreti, conferenze stampa.

Governance del messaggio: limitare i “follow” riduce la rumorosità del feed, concentrandolo su fonti certificate del Governo e del partito.

Segnale all’ecosistema: far rientrare nella lista figure‑chiave — le due Camere, Palazzo Chigi, i vicepremier — invia un messaggio di coesione interna e di centralità delle sedi istituzionali.

L’eccezione del giornalista, più che un’anomalia, racconta la permeabilità controllata con cui il profilo intercetta — a sprazzi — il discorso pubblico extra‑governativo. È una curation d’élite, non una bolla casuale.

Il confronto con gli altri leader: chi vince dove

Nel lungo periodo, Facebook resta la “piazza” più estesa per il leader della Lega, Matteo Salvini, che a ottobre risultava ancora il profilo più seguito tra i politici italiani sulla piattaforma, davanti a Giuseppe Conte e a Giorgia Meloni. Ma le curve si muovono: mentre Salvini consolida, Meloni cresce in modo significativo sull’asse Instagram–Facebook, come mostrano i report trimestrali e semestrali di Arcadia. Il quadro di ottobre fotografava 5,043 milioni complessivi per Salvini su Facebook, oltre 4,5 milioni per Conte, e 2,585 milioni per Meloni (valori storici, non aggiornati a oggi). La fotografia di dicembre, con la premier prossima a 4 milioni, racconta un’accelerazione negli ultimi mesi dell’anno.

Sull’asse Instagram, invece, il sorpasso identitario è già consumato: tra novembre e dicembre 2025 la premier ha oltrepassato la soglia dei 5 milioni di follower, un incremento coerente con le serie storiche rilevate da SocialBlade e con i picchi associati a momenti di visibilità internazionale, come la missione negli Stati Uniti in aprile, che in 48 ore le ha portato circa 5.200 nuovi follower. Segmenti diversi, pubblici diversi, linguaggi diversi: ma un unico filo conduttore, quello di una crescita più robusta su Instagram che su Facebook.

Dal palco ai post: quando l’evento si fa volano dell’algoritmo

I numeri di Atreju ricordano una lezione semplice: la politica‑evento amplifica la politica‑racconto. L’innesco è offerto da un contesto denso di simboli, reti militanti e copertura mediatica; la propagazione avviene con short video, reel e immagini forti. Qui la scelta di seguire soprattutto profili istituzionali e ministeri riduce il tempo tra l’azione e la sua replica sui canali ufficiali della premier. Meno filtri, più coerenza narrativa. L’alchimia funziona soprattutto quando il messaggio intercetta nodi conflittuali del dibattito pubblico, in cui l’engagement — positivo o negativo — spinge l’algoritmo a premiare la visibilità. È accaduto a dicembre, ed era già accaduto in aprile, nella scia della visita a Washington.

Chi resta fuori: assenze che parlano

Se le presenze raccontano priorità, le assenze dicono altrettanto. Nella lista dei 26 non figurano, ad esempio, leader di opposizione o testate particolarmente critiche. Scelta comprensibile sul piano tattico, ma che mostra una preferenza per un feed a bassa conflittualità diretta. Curioso anche il mancato aggiornamento del profilo seguito della Cultura: comparendo ancora Gennaro Sangiuliano, la lista non recepisce il subentro di Alessandro Giuli. È un dettaglio, ma illumina due aspetti: la lista non è un dashboard costantemente ottimizzato; e, d’altra parte, non serve aggiornarla ogni settimana per mantenere l’efficacia del presidio. L’importante, per la logica del canale, è avere un circuito di fonti allineate e riconoscibili.

L’“intruso” e il rapporto con i media: perché un giornalista tra i 26

La presenza di Fabio Salamida tra i seguiti (lui stesso sorpreso) apre una finestra su come la leadership digitale di Meloni tratti la sfera giornalistica: non come “canale” da cui attingere linee editoriali, ma come sensore del discorso pubblico. Inserire un giornalista con uno sguardo spesso ironico e tagliente — e non organico al recinto governativo — segnala una disponibilità a monitorare narrazioni esterne. È, di fatto, un listening selettivo, che fa rima con la centralità strategica dell’“ascolto” per correggere rotta e tono della comunicazione.

La spirale dei record: +1 milione in sei mesi e la priorità a Instagram

Secondo i monitoraggi periodici, nella prima metà del 2025 gli account della premier hanno aggiunto oltre 1,29 milioni di nuovi follower, con un tasso di crescita superiore ai competitor. Nel corso dell’autunno, la soglia dei 5 milioni su Instagram è stata confermata da agenzie e testate; i cruscotti aperti al pubblico (come SocialBlade) indicavano 4,7 milioni a metà ottobre, a ulteriore prova di una rampa di crescita che ha trovato nell’ultimo trimestre l’accelerazione decisiva. Il resto del “sistema” segue: TikTok staziona attorno ai 2,7–2,9 milioni; X viaggia su circa 3 milioni. Il totale dell’“audience” aggregata della premier supera i 16 milioni di follower tra piattaforme, secondo stime di LaPresse diffuse a novembre. È, in altre parole, un media‑brand nazionale che presidia l’intero spettro della comunicazione digitale.

Facebook oggi: non più il centro, ma ancora il barometro

C’è un paradosso. Da anni si dice che Facebook non sia più il centro del discorso pubblico. Eppure, i dati sulla reazione ai contenuti politici restano significativi. In un’analisi autunnale, L’Espresso — su dati Arcadia — registra ancora Matteo Salvini come leader più seguito su Facebook, con 53,8 milioni di reaction cumulate nel triennio, ma sottolinea anche che la crescita più vigorosa nell’ultimo periodo è proprio di Meloni (oltre 1,1 milioni di follower aggiunti da inizio mandato, dato storico). La convergenza tra la sua “piazza” Facebook in espansione e il primato su Instagram aggiorna la geografia dei consensi digitali: meno intrattenimento a caldo, più storytelling istituzionale che funziona quando agganciato a grandi tappe di governo.