il messaggio
“Il presepe non impone nulla”: il Natale politico di Giorgia Meloni tra radici, identità e messaggi alla nazione
Un videomessaggio fra statuine e parole-chiave: cosa c’è dietro il nuovo augurio natalizio della premier e perché parla a più pubblici contemporaneamente
“Il presepe non impone nulla a nessuno”. Nell’epoca dei format da trenta secondi, l’augurio di Natale della presidente del Consiglio Giorgia Meloni sceglie un tempo lento e un simbolo antico. Non un fondale neutro, non un ufficio istituzionale: un presepe familiare, dichiarato esplicitamente come “racconto” e “radice” e opposto all’idea di una tradizione che divide. È un fermo immagine potente, costruito per parlare a platee diverse: chi crede, chi non crede, chi discute da anni se quel presepe sia o meno materia da scuola e da Stato. E, insieme, un promemoria di identità politica. Nel Natale 2025 la premier torna alla sua parola d’ordine di qualche stagione fa: la “rivoluzione del presepe”.
Il cuore del messaggio: inclusione simbolica e lessico dei valori
Nel videomessaggio pubblicato sui canali social, Giorgia Meloni elenca i destinatari: “a chi vive il Natale in famiglia”, “a chi lo celebra lavorando”, “a chi è sereno” e “a chi porta nel cuore una preoccupazione”. Un catalogo di pubblici che mira a comprendere tutti, compresi coloro che, in un giorno di festa, restano in servizio: forze dell’ordine, militari, personale sanitario, lavoratori dei servizi essenziali. È la stessa grammatica dell’inclusione già adoperata nei messaggi del 2024, quando la premier invitava a “ricaricare le batterie” in vista di un 2025 “impegnativo” e ringraziava chi “donerà una parte di sé” ai più fragili. Allora sullo sfondo c’erano albero e presepe; oggi il presepe diventa il centro della scena, la bussola che riordina il discorso.
La frase chiave—“il presepe non impone nulla a nessuno”—funziona come cerniera retorica: sposta il simbolo dalla sfera della prescrizione a quella del racconto e lo carica di “dignità, responsabilità, rispetto della vita, attenzione ai fragili”, i termini valoriali che la premier richiama esplicitamente. È un repertorio che colloca la tradizione nella trama civile, prima ancora che religiosa: il presepe “custodisce” e “rende più profonde le radici”, cioè rafforza un orizzonte comune che—è l’implicito—non ha motivo di temere il confronto con altre culture.
Un ritorno annunciato: la “rivoluzione del presepe” come marchio identitario
Non è la prima volta che Meloni dispone le statuine accanto alla telecamera. La memoria va al 2017: “prendiamo il pastorello e facciamo la rivoluzione del presepe”, diceva nella rubrica “2 minuti con Giorgia”, rivendicando il presepe anche quando “nelle scuole dicono che non si può fare”. Quella traccia non è stata abbandonata: nel 2025, la premier riprende esattamente quel filo, lo attualizza e, soprattutto, lo protegge dal rischio di essere percepito come un ordine di maggioranza. È la stessa leader a dettare la cornice: “racconta una storia”, “non impone”, “parla di valori”. Una scelta semantica che stabilisce distanza dalla caricatura del “simbolo divisivo” e la sostituisce con l’immagine di una narrazione identitaria a bassa conflittualità.
Presepe, politica, scuola: la lunga scia di una discussione italiana
Il dibattito sul presepe—periodicamente riacceso da circolari scolastiche, iniziative di singoli istituti o proposte di legge—non è nuovo. Negli ultimi anni, proposte simboliche come “vietare di vietare il presepe” hanno acceso la frizione fra sostenitori delle “radici” e quanti richiamano la laicità dello Stato e l’autonomia scolastica. Dirigenti, sindacati e associazioni di presidi hanno ripetutamente messo in guardia dal trasformare scelte didattiche in terreno di sanzioni o imposizioni dall’alto, mentre esponenti della maggioranza hanno spesso rilanciato sulla tutela delle tradizioni. Questo è il fondale su cui il messaggio di Meloni si colloca oggi: depotenziando il frame dell’ordine (“si deve fare”) e caricando quello del racconto condiviso, la premier mira a sottrarre il presepe alla polemica e a restituirlo alla sfera culturale. Resta però—legittimamente—aperta la discussione pubblica: tra la valorizzazione delle radici e il principio di neutralità dell’istituzione scolastica corre una linea sottile, che ogni anno riscrive i suoi confini.
La tessitura del discorso: unità nazionale e forza d’urto del simbolico
C’è un passaggio del videomessaggio che merita attenzione: “Una nazione che conosce le proprie radici non ha paura del confronto né del futuro”. È il punto d’equilibrio del racconto natalizio: tradizione non come bastione, ma come condizione per aprirsi a ciò che arriva. In controluce, la strategia comunicativa rimane quella tipica di Fratelli d’Italia al governo: usare il linguaggio dei valori e della comunità per saldare la base identitaria e parlare a un elettorato più ampio, sensibile a temi come cohesione, famiglia, merito, solidarietà. Così il presepe, da oggetto di contesa, diventa una piattaforma lessicale su cui appoggiare un messaggio più largo: “Italia forte”, “radici”, “fragilità da proteggere”, “speranza”.
Il precedente del 2024 e il filo della continuità
Il riferimento alle festività come “tempo per ricaricare le batterie” risale al messaggio dello scorso anno, quando la premier invitava a guardare al futuro con “fiducia e ottimismo” e ringraziava chi, nel pubblico e nel privato, garantisce i servizi essenziali. Quella scansione torna anche oggi: Natale come sospensione e ripartenza, ponte verso un anno—il 2026—che la stessa maggioranza definisce “impegnativo”, tra legge di bilancio, attuazione di misure sociali e gestione dei dossier europei. La ripetizione non è casuale: dà continuità al racconto di governo, allinea il calendario simbolico (il Natale) con quello politico (la primavera delle riforme e delle scadenze economiche).
Il quadro politico alla vigilia: consenso, sfide e competizione con le opposizioni
L’augurio cade in una fase di alta esposizione mediatica per Palazzo Chigi. Nelle settimane precedenti, il confronto con le opposizioni si è giocato su temi di politica estera, manovra e gestione dei dossier europei. Il perimetro del confronto con Elly Schlein e Giuseppe Conte, tra sfide pubbliche e scintille in Parlamento, ha ridisegnato la cornice del bipolarismo imperfetto italiano. In questo contesto, un messaggio che accentua unità e radici fornisce una controimmagine di stabilità e di visione lunga rispetto al ping-pong quotidiano.