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Fiducia sulla Manovra, corsa contro il calendario: governo blinda il testo alla Camera, opposizioni al contrattacco

Orari serrati, emendamenti “tagliati” e misure che dividono: cosa succede nella maratona di fine anno sulla legge di Bilancio

Redazione La Sicilia

29 Dicembre 2025, 10:31

Fiducia sulla Manovra, corsa contro il calendario: governo blinda il testo alla Camera, opposizioni al contrattacco

Alle 20.20 i commessi di Montecitorio inizieranno la “chiama” dei deputati. Un rito antico in un’Aula tesa come un filo, dove tra cartelline accatastate e display dei voti che lampeggiano, la parola che risuona è una sola: “fiducia”. La notte promette di essere lunga: si andrà avanti dalle 22 con una seduta notturna e un unico obiettivo scritto a caratteri cubitali sul calendario della finanza pubblica: voto finale entro le 13 di martedì 30 dicembre 2025. Una corsa contro l’orologio per evitare l’esercizio provvisorio, con il governo che blinda la legge di Bilancio e le opposizioni che parlano di Parlamento ridotto a “passacarte”.

La mossa del governo: fiducia sull’articolo 1

La prova di forza è arrivata nelle scorse ore: il governo, per bocca del ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, ha posto la questione di fiducia sull’articolo 1 del disegno di legge di Bilancio. La scelta “tecnica” – concentrare la fiducia sul cuore operativo della manovra – serve ad accelerare un iter che, nella terza lettura a Montecitorio, non consente modifiche sostanziali al testo licenziato dal Senato, pena il rinvio e il rischio di far scattare dal 1° gennaio la gestione provvisoria dei conti. Il timing concordato in Conferenza dei capigruppo è chirurgico: dichiarazioni di voto dalle 18.40, “chiama” dalle 20.20, poi esame degli ordini del giorno in notturna, con le dichiarazioni di voto finale dalle 11 e la votazione definitiva entro le 13 di martedì.

Gli emendamenti: numeri e scelte che fanno rumore

Dietro la compattezza del calendario c’è la schermaglia sugli emendamenti. Le opposizioni hanno presentato in Aula circa 790 proposte di modifica; dopo il vaglio di ammissibilità, ne sono state dichiarate 158 inammissibili – per lo più per mancanza di coperture o per estraneità di materia – prima dell’avvio dei lavori. Un filtro severo, che restringe ulteriormente gli spazi di intervento in terza lettura. La Commissione Bilancio, inoltre, aveva già sfoltito la mole di proposte nella fase precedente: un percorso di “segnalazioni” e tagli che, tra Camera e Senato, ha eliminato centinaia di ipotesi di modifica negli ultimi quaranta giorni.

Il precedente al Senato e l’agenda stretta

Il testo arriva a Montecitorio dopo il via libera di Palazzo Madama, dove la manovra è stata approvata in tempi stretti con voto di fiducia nella settimana pre-natalizia. Già allora era chiaro il finale: approvazione definitiva entro martedì 30 dicembre 2025, per rispettare la scadenza costituzionale e chiudere i conti dell’anno senza ricorrere al provvisorio. Da qui l’ulteriore messa in sicurezza alla Camera.

Cosa c’è nella Manovra: pensioni, casa e “scremature” sui capitoli sensibili

Se il metodo divide, il merito non scalda meno il confronto. Ecco i capitoli che hanno segnato i passaggi più delicati.

Pensioni: lo stop a Opzione donna e la fine di Quota 103

Il pacchetto previdenza è la discontinuità più evidente. Nella versione approvata al Senato e ora blindata, il 2026 si apre con la conferma dell’Ape sociale per i profili più fragili e usuranti, mentre non vengono rinnovate Opzione donna e Quota 103. La linea è quella di riportare la flessibilità in uscita entro binari più rigidi, spingendo contestualmente sulla previdenza complementare. In parallelo, il calendario dell’aspettativa di vita si riallinea con un incremento diluito: dai 67 anni e 1 mese nel 2027 ai 67 anni e 3 mesi nel 2028 per la vecchiaia, con adeguamenti progressivi per l’anticipata. Una scelta che il governo definisce “equilibrio tra sostenibilità e tutela”, ma che per le opposizioni rappresenta un arretramento per lavoratrici e lavoratori con carriere discontinue.

Affitti brevi: cedolare secca e soglia di impresa

Altro nervo scoperto: gli affitti brevi. Dopo settimane di braccio di ferro interno alla maggioranza, la soluzione arrivata in Commissione e confermata nel passaggio a Palazzo Madama prevede che la cedolare secca resti al 21% per la prima unità immobiliare locata in modalità “breve”, con l’aliquota al 26% che scatta oltre tale soglia e la trasformazione in attività d’impresa dal terzo immobile. Un compromesso che archivia l’ipotesi di aumento generalizzato al 26% contenuta nelle prime bozze e che punta a disincentivare il multiproprietario senza colpire il proprietario “singolo”. Resta l’obbligo di maggiore tracciabilità tramite portali e intermediari, per contrastare l’area grigia dell’offerta turistica.

Altri capitoli: banche, cultura e misure fiscali

Nel mosaico della manovra rientra anche la graduale riduzione della piena deducibilità degli interessi passivi per gli intermediari finanziari: dal 100% si scende al 96% nel 2026, poi al 97% nel 2027, al 98% nel 2028 e al 99% nel 2029. Sul fronte della cultura, vengono ridimensionati i tagli inizialmente previsti al Fondo per il cinema e l’audiovisivo: meno 150 milioni nel 2026 rispetto ai 190 della prima bozza, e meno 200 milioni nel 2027 anziché 240. Scelte che, nelle intenzioni del governo, riequilibrano i saldi salvaguardando settori delicati e filiere occupazionali.

La politica dei numeri: perché la fiducia è diventata inevitabile

Un Parlamento in apnea

Il ricorso alla fiducia è una costante di fine anno, ma questa volta i margini si sono ulteriormente assottigliati: la terza lettura alla Camera non concede più che ritocchi marginali; qualsiasi modifica sostanziale riaprirebbe una navetta incompatibile con la scadenza del 31 dicembre. Da qui la scelta dell’esecutivo di “blindare” l’articolo 1, quello che contiene la stragrande maggioranza dei commi (e quindi delle misure), e il calendario millimetrico concordato tra i gruppi. Per i cittadini, il messaggio è semplice: la legge di Bilancio deve essere in Gazzetta Ufficiale entro Capodanno, altrimenti scatterebbe la gestione a dodicesimi che ingesserebbe spesa corrente e investimenti.

Le opposizioni: “Parlamento mortificato”

Sul piano politico, però, il malumore è esploso. Partiti di minoranza compatti – dal Partito Democratico al Movimento 5 Stelle, da Alleanza Verdi e Sinistra ai riformisti di Azione e Italia Viva – denunciano l’impossibilità di incidere sul testo, definendo la manovra “senza respiro” e la fase alla Camera “un passaggio notarile”. Ricordano che in passato la stessa Giorgia Meloni, allora all’opposizione, criticava l’uso estensivo della fiducia sulle leggi di bilancio. Nel mirino anche la compressione del dibattito in Commissione e la “tagliola” sulle ammissibilità.