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Salva Sicilia, Armao si ribella ai tagli: «Non accetteremo cure da cavallo»

Di Mario Barresi - Giuseppe Bianca |

CATANIA – «Basta, adesso basta». Gaetano Armao non ci sta a fare lo scolaretto costretto a fare i compiti a casa per le vacanze imposti dal governo nazionale. Del resto, ieri, in una domenica sciolta fra un festivo e l’altro, le luci degli uffici di via Notarbartolo sono accese. Ma sul tavolo dell’assessore all’Economia c’è la priorità del bilancio provvisorio da far quadrare.E gli «impegni di riequilibrio strutturale dalla parte corrente del bilancio» chiesti dal governo nazionale in cambio della spalmatura decennale di 2,2 miliardi di disavanzo della Regione?

Il decreto legislativo 158/2019 è stato pubblicato nella Gazzetta del 27 dicembre. Ma non è certo per questa circostanza che l’assessore all’Economia decide di rompere il ghiaccio: «Non accetteremo supinamente cure da cavallo, prima rivendichiamo i nostri diritti: lo Stato ci dia tutte le risorse che deve darci». La rivolta autonomista è anche legata alle indiscrezioni, riportate da La Sicilia, sulla “lista della spesa” che sarebbe già sul tavolo di Giuseppe Conte. Con una serie di diktat alla Regione, condivisi da esponenti governativi del M5S (oltre al viceministro Giancarlo Cancelleri anche il potente sottosegretario alla Presidenza, Riccardo Fraccaro) che spingono per il pugno duro nella trattativa dell’accordo previsto dal Salva Sicilia, con 90 giorni di tempo per mettere nero su bianco le riforme.

Il punto di partenza è l’accordo – «in gran parte disatteso», secondo i grillini – fra Stato e Regione del 2016: riduzione della spesa corrente del 3%, pesanti sforbiciate su partecipate e affitti per uffici regionali, stretta su burocrazia e soprattutto dirigenti. Il “bonus” aggiuntivo, su esplicita richiesta di Cancelleri, è adeguare il taglio dei vitalizi dell’Ars al modello nazionale.Ma per Armao pensare oggi a un copia&incolla dell’intesa fra i governi di Renzi e Crocetta, è «un’enorme castroneria». E non perché voglia sottrarsi al patto d’onore sottoscritto il 23 dicembre. «I tagli alla spesa corrente li faremo perché vanno fatti, anche perché, nella Sicilia frontiera di un Sud abbandonato dallo Stato, diminuiscono le entrate». Dunque, quel -3% potrebbe pure diventare -5%, al netto di spese su cui non si può incidere. Ma «non in una dialettica fra bravoni e spreconi». E Armao aggiunge: «Sulle partecipate abbiamo già prodotto 800mila euro di risparmi, ma è l’ora di smetterla con la favola del costo di burocrazia e dirigenti. Gli ultimi dati dimostrano che la spesa è di gran lunga inferiore rispetto alle altre Regioni in paragone alle funzioni che lo Stato ci assegna».

È questa la ferita che brucia di più: «Bisogna garantire, a fronte di un’economia in crisi e dunque di trasferimenti in calo secondo accordi scellerati, la remunerazione di queste funzioni». E ciò, in attesa di «chiudere definitivamente le intese sull’autonomia finanziaria regionale» a febbraio, per il vicepresidente della Regione non può avvenire «in una dialettica bravoni contro spreconi», in cui Roma «tratti i siciliani da cittadini di serie B, con una degradazione, di taglio in taglio, dei diritti sociali». Il riferimento è al Lep (Livello essenziale delle prestazioni), con numeri «misurabili».

Intanto Armao sta limando il bilancio provvisorio, bussola finanziaria per almeno i primi due-tre mesi del 2020. Sarà una mini-manovra da 17 milioni per ridurre i disagi ad alcuni atterriti figli (lavoratori, enti e associazioni) di mamma-Regione. Oggi la giunta sarà chiamata di fatto a rimodulare una serie di voci che in sede di assestamento non è stato possibile toccare per la natura strettamente tecnica del documento. I soldi dovrebbero arrivare dai residui non utilizzati e non comporterebbero tagli di altra spesa. Dopo il primo accantonamento di 145 milioni, subordinato a una spalmatura del disavanzo sui 30 anni, la cifra da ripianare in tre anni è arrivata a 118 milioni: si libererebbero dunque 27 milioni.

Da parte di questo “tesoretto” la giunta proverà ad attingere per scongiurare due mesi d’asfissia per alcuni settori: dal trasporto pubblico locale ai teatri, dai parchi all’agricoltura (Corfilac, Esa e Consorzi di bonifica), fino ai precari delle partecipate. Nell’ultima giunta dell’anno c’è (un po’ più di) speranza per tutti.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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