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Gregoretti, il contrattacco di Salvini «Anche il premier Conte era al corrente»

Di Michela Suglia |

Sul mancato sbarco dei 131 migranti fermi per 5 giorni sulla nave militare Gregoretti, l’interesse pubblico «è evidente» e tutto il governo, Giuseppe Conte in testa, sapeva ed era d’accordo con la linea del Viminale. Del resto il caso è «del tutto sovrapponibile a quello della nave Diciotti» per cui a marzo è stata negata l’autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini.

Si basa su questi tre concetti la difesa scritta del capitano della Lega ed ex ministro dell’Interno finita sul tavolo della Giunta delle immunità parlamentari del Senato. Ora però non c’è nessun documento né del premier né del vicepremier dell’epoca Luigi Di Maio o del ministro dei Trasporti (allora Danilo Toninelli), come avvenne per la Diciotti.

In ogni caso dall’8 gennaio partirà la discussione della memoria. Poi la proposta del presidente e relatore Maurizio Gasparri e il 20 gennaio il D-day con il voto della Giunta.

Ma stavolta il finale potrebbe essere diverso, complice il dietrofront del M5s che ha annunciato il suo probabile sì all’autorizzazione a procedere (di diverso, per Luigi Di Maio, ci sarebbe il fatto che a luglio gli altri Paesi europei erano disponibili ad accogliere i migranti), un senatore passato nel frattempo dai 5S alla Lega (Francesco Urraro) e l’incertezza dei tre componenti di Italia viva che ripetono di voler leggere bene le carte prima di decidere e che potrebbero pesare sui 23 voti complessivi. Al momento sono 10 i no sicuri all’autorizzazione a procedere, 8-9 quelli che la voterebbero ma saranno gli indecisi a fare la differenza.

Intanto, a un anno di distanza per Salvini è quasi dejà-vu: è di nuovo sott’esame per difendersi dall’’accusà di sequestro di persona contestata dal tribunale dei ministri di Catania, che torna a bussare a Palazzo Madama per chiedere l’ok a procedere contro il senatore. Sulla stessa ipotesi di reato, la procura catanese aveva chiesto l’archiviazione. Proprio come nel caso Diciotti. E come allora, i migranti per cui non fu autorizzato lo sbarco dalla mezzanotte del 27 luglio 2019 fino al pomeriggio del 31 luglio, erano su una nave della Guardia costiera. Prima dell’ok allo sbarco al porto siciliano di Augusta, ci furono trattative e scambi di mail con dirigenti e rappresentanti dei ministeri dell’Interno, degli Esteri e della presidenza del Consiglio. Lo ricorda più volte Salvini e perciò allega alla memoria otto mail, che però tracciano la differenza rispetto ai documenti depositati per la Diciotti. Stavolta, in mancanza degli atti di Conte, sul mancato sbarco valgono le parole di Salvini, che in nove pagine ricostruisce la cronologia dei fatti e aggiunge osservazioni che scrive in neretto: «E’ evidente che della vicenda si è occupato il governo in modo collegiale, al fine di investire gli Stati membri dell’Ue della questione della redistribuzione dei migranti salvati», scrive. Del resto, la richiesta di ripartire gli stranieri a bordo – ricorda l’ex vicepremier – era stata fatta dalla presidenza del Consiglio. Salvini conclude che «la gestione dei migranti non rappresentava l’espressione della volontà autonomia e solitaria del ministero dell’Interno, bensì un’iniziativa del governo italiano coerente con la politica relativa ai flussi migratori, definita anche nel contratto di governo». Non a caso allega pure il punto 13 di quel contratto sui rimpatri dei migranti. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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