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Regione, cosa c’è dietro i mal di pancia della “maggioranza senza maggioranza”

Di Mario Barresi |

CATANIA – Non è un antibiotico gastroprotettore, ma un omeopatico social. Contro il logorio dello stomaco della “maggioranza senza maggioranza” alla Regione, il primo rimedio – ieri mattina – è stata la formazione di un gruppo Whatsapp con dentro tutti i deputati del centrodestra. Servirà «anche per richiamare tutti al momento del voto». Ed evitare i pastrocchi, sull’ultimo dei quali – la bocciatura dell’esercizio provvisorio – ieri all’Ars è stata messa una pezza. Con tanto di addetti alla “ronda” nei bagni attigui a Sala d’Ercole, per verificare che non ci fossero imboscamenti vari.

Lo scivolone di martedì sera è stato derubricato a «incidente di percorso». La definizione è di Nello Musumeci, ieri a Firenze per un convegno sulle infrastrutture organizzato dalla Cisl. Il governatore, che proprio martedì ha compiuto 65 anni alla giusta distanza dai tormenti palermitani, attesta la tesi ufficiale: «I numeri c’erano, tre erano a fumare, uno era andato in bagno, mi sembra assolutamente un fatto non politico». Ma è soltanto una questione di vizi irrefrenabili o di prostate sensibili?

Il neo-capogruppo della Lega qualche indizio in più lo fornisce: «Quello che è successo non può essere sottovalutato, né considerato un mero incidente di percorso». Per Antonio Catalfamo «è piuttosto sintomatico di un difetto e una carenza di comunicazione fra il governo e la maggioranza all’Ars». I salviniani, dopo il «voto critico» all’esercizio provvisorio, invocano un «non più rimandabile momento d’incontro, confronto e dialogo col governo e col presidente della Regione».

Ma non sarà – si chiede qualche esponente malizioso del centrodestra – anche la rabbia per il vertice di maggioranza che c’è stato, ma senza leghisti presenti? Se davvero fosse così, allora, a esserci rimasti male sarebbero tanti altri. All’incontro di lunedì – Musumeci assente, Ruggero Razza delegato a gestire la faccenda – mancavano i lombardiani (quelli che l’hanno presa peggio), ma anche i rappresentanti di FdI e Ora Sicilia. «Non era un vertice, ma un caminetto nato spontaneamente», il goffo tentativo di ridimensionare lo strappo. Anche perché lo stesso Musumeci sapeva che dovevano esserci tutti. Alla fine, invece, erano poco più di quattro amici al bar: oltre a Razza, Gianfranco Miccichè e gli assessori Toto Cordaro, Roberto Lagalla e Mimmo Turano.

Cosa c’è da discutere? Gli elementi di chiarimento (e dunque di scontro) sono numerosi. L’ultimo, ma forse il più delicato, è l’atto d’interpello, pronto ma ancora nel cassetto, di Musumeci sui dirigenti generali. Il governatore ha già annunciato che febbraio sarebbe stato il mese delle “pagelle” per i vertici burocratici della Regione, «molti dei quali sotto la sufficienza». E tutti gli alleati (Lega compresa) sono già pronti manuale Cencelli in mano, alla nuova infornata. Sennonché il governatore avrebbe scritto, ma non ancora condiviso, un atto d’interpello interno per la chiamata dei nuovi dirigenti generali, «con paletti di curriculum talmente alti – sussurrano nel centrodestra – che il ricorso agli esterni sarà massiccio, oltre che scontato».

Ma non c’è soltanto questo. Gli altri contrasti sono legati al pressing di alcuni esponenti della coalizione (Forza Italia per Barcellona Pozzo di Gotto, Eleonora Lo Curto dell’Udc per Marsala) per il rinvio del voto nelle ex Province in modo da non tagliare fuori sindaci e consiglieri coinvolti nelle Amministrative. Su questo punto ieri è arrivata un altra toppa: il ddl slitta-elezioni andrà in commissione Affari istituzionali con corsia privilegiata.

Ma i rigurgiti non finiscono qui. Anche dentro Forza Italia s’è aperta l’ennesima “procedura d’infrazione” nei confronti di Gaetano Armao, “reo” di aver nominato i revisori dei conti delle Camere di Commercio «senza aver detto niente a nessuno». Sarà per questo che, come racconta qualche testimone oculare, le procedure di voto di martedì sarebbero state accelerate (o quanto meno non rallentate) da Miccichè, incurante della deputata Luisa Lantieri che gli diceva: «Gianfranco, aspetta, ché non siamo tutti…».

E poi l’immancabile sottogoverno. La partita degli Iacp, dei Parchi archeologici, del Ciapi di Priolo. E di altre seggiole da assegnare, sulle quali hanno buttato l’occhio le forze della coalizione, in enti ancora commissariati «perché Nello pensa di rinviare la resa dei conti decidendo di non decidere», sussurra un deputato.

Il malumore c’è. E se, al netto di sigarette e toilette, «dovesse diventare politico nei prossimi giorni, è chiaro che il ragionamento si porrà su un terreno diverso», ammette lo stesso Musumeci. Aggiungendo, sprezzante: «La verità è che ancora qualcuno non ha capito che bisogna inseguire gli obiettivi che la gente vuole. Qualcuno è convinto che l’elezione a deputato regionale sia un punto di arrivo, e non hanno capito che invece è un punto di partenza. Ma lo capiranno presto». Una promessa. O una minaccia?

Twitter: @MarioBarresi

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