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Pietro Bartolo sferza il Pd «Apra i suoi porti anche in Sicilia»

Di Mario Barresi |

Catania. «Se c’è una cosa che gli ultimi anni ci hanno insegnato è che i porti chiusi non servono a nessuno, neanche al Pd». La riflessione, dopo un reciproco inseguimento telefonico, arriva alle sei della sera. Pietro Bartolo, eurodeputato eletto nel Pd (ma non iscritto al partito) parla con La Sicilia di tutto ciò che sta avvenendo nei dintorni della sinistra. Partendo da un’esperienza personale: «Sono stato in mezzo alle Sardine, a piazza San Giovanni a Roma, lo scorso dicembre, ho ascoltato le loro richieste, mi hanno invitato a intervenire sul palco. Un’emozione enorme – racconta il medico di Lampedusa -, un mare di gente lì, a rivendicare con forza un nuovo corso della sinistra». Un contagio, secondo il simbolo siciliano dell’accoglienza: «E la stessa cosa è avvenuta in tutte le piazze siciliane, le prime a riempirsi oltre l’Emilia, in una regione che non aveva l’emergenza della chiamata alle urne, ma che vive l’emergenza di una sinistra di nuovo in grado di costruire comunità e dare risposte». E ora «Romano Prodi lancia un appello alle porte spalancate, che io non posso non condividere»., commenta Bartolo. Che spinge: «È opportuno, vitale, necessario e inderogabile che tutto il mondo della sinistra si metta insieme. Anche in Sicilia, che per definizione è sempre stata la terra dei porti aperti».

Più che un sasso, un macigno. Lanciato nello stagno dei dem siciliani, che si apprestano a celebrare un congresso (eleggendo il segretario regionale) in cui le Sardine restano nella scatola dei sogni. Perché – si chiedeva ieri il nostro giornale – in una fase storica in cui il partito aperto diventa più attraente e potenzialmente vincente, il Pd in Sicilia non apre le finestre alla condivisione con altri mondi? La risposta ce la dà, poco prima di vergare una nota stampa, il commissario regionale Alberto Losacco: «Perché le finestre sono state aperte. Lo abbiamo fatto con il tesseramento online, con una procedura della quale tutti voi sottovalutate lo spirito innovativo. Al partito si sono iscritte, molte delle quali per la prima volta». Anche perché, sostiene l’emissario di Zingaretti nell’Isola, «abbiamo superato le barriere fisiche dei circoli, che talvolta risultavano respingenti per il fatto di rappresentare qualcuno o qualcosa» . Il deputato pugliese, che concluderà il suo mandato commissariale dopo l’elezione del segretario regionale, guarda al futuro: «Anche in Sicilia il Pd sarà al centro di un’alleanza più vasta, con la condivisione di candidati, idee e progetti in un campo largo». Sarà. Ma non prima del congresso. Che, assicura, «prosegue il percorso che ci siamo dati, perché sarebbe sbagliato mortificare i tanti che si sono iscritti con questa modalità dandoci fiducia dopo scissioni e commissariamento», e «per riavere una struttura sui territori».

La partita è chiusa? Sì, a sentire Losacco. Secondo lo statuto del partito siciliano il voto è riservato agli iscritti. Ma in quello nazionale, più recente, oltre alla strada scelta nell’Isola, c’è anche un’opzione B: segretario eletto da una rappresentanza ponderata al 40% dai tesserati e al 60% dal popolo “open” delle primarie.

E sulle regole del congresso il partito siciliano si spacca ancora una volta, fra i tradizionalisti dell’“una vale una” (tessera) e chi vuole le primarie aperte. Un solco che divide in due territori e gruppo dell’Ars, con un acceso derby Palermo-Catania che manda in frantumi anche la potente corrente di AreaDem in Sicilia. Anthony Barbagallo – già segretario in pectore secondo il pallottoliere delle tessere – resta in silenzio, ma è piuttosto innervosito dall’ipotesi di rimettere in discussione gli equilibri. Tanto da voler rassicurare, ieri mattina, un big della sinistra extra-dem sulla linea di «totale apertura» della sua eventuale segreteria. Con lui l’ex segretario Fausto Raciti, ma anche il sempre influente Antonello Cracolici, oltre all’area messinese. Ma nel frattempo su Barbagallo piove il fuoco (ex?) amico di Peppino Lupo: «Non possiamo essere il partito delle tessere, dobbiamo ascoltare la società che è cambiata, per offrire un nuovo progetto politico. Anche per questo difendo il ruolo delle primarie aperte». Per Lupo, col congresso blindato, «si rischia di seppellire vivo il partito che comincia a dare segni di ripresa dopo essere stato agonizzante». Con lui i deputati regionali Nello Dipasquale e Baldo Gucciardi, e – oltre ovviamente a Teresa Piccione – pure una (non più?) “barbagalliana” come l’ex consigliera etnea Ersilia Saverino, che invoca «un segretario eletto da tutti i siciliani che si riconoscono nel nuovo progetto». Da Catania anche Emiliano Abramo, leader regionale di Demos incalza: «Il Pd apra, sin dal congresso, a cittadini e aree vicine».

La frattura è insanabile. Alimentata dai veleni sul tesseramento che dovrebbe decidere i giochi congressuali. Si è passati da 40mila a 12mila iscritti (altri 3mila dai Giovani democratici), dei quali un terzo arriva dal Catanese. E se ovunque i tesserati online sono l’80%, sotto il Vulcano si attestano su poco meno della metà dei 4mila totali. Dato contestato dai maggiorenti palermitani, e anche da qualche catanese che non ci vede chiaro, ma comunque smentito da Losacco: la maggior percentuale di tessere “cartacee” sono a Trapani, Ragusa e Palermo e non a Catania, dettaglia Losacco. Al quale, ieri, è comunque arrivata la segnalazione ufficiale su alcune «anomalie». Catanesi. Fra le quali la tessera data «di presenza» a un dem di Ragalna. Morto quattro mesi fa.

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