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Salvini a Palermo: con Musumeci sarà il patto della pasta con le sard(in)e?

Di Mario Barresi |

Catania – Ci vorrebbe una mosca impicciona, nella stanza più “vip” di Palazzo dei Normanni, per ascoltare cosa si diranno. Matteo Salvini e Gianfranco Miccichè, domani mattina, per la prima volta faccia a faccia. Dopo mesi di guerra a distanza (culminati con l’ormai celebre «stronzo» vomitato dal viceré forzista addosso all’ex ministro dell’Interno), è subentrata da tempo la tregua in nome del «centrodestra che vince se è unito», ma soprattutto delle reciproche convenienze. E domani è il gran giorno della pace. Ma l’incontro con il presidente dell’Ars, che farà il padrone di casa accogliendo il leader della Lega prima della conferenza stampa col nuovo gruppo a Sala d’Ercole, sarà soltanto un gustoso contorno di un menu siciliano molto ricco. Il piatto forte, ovviamente, è da consumare con Nello Musumeci. Che rivedrà il “Capitano”, accompagnato dal commissario regionale Stefano Candiani, dopo l’incontro «cordiale e molto rilassato» avuto poco prima di Natale a Palazzo Madama, per «continuare a parlare del futuro della nostra terra». Con due profili diversi, comunque collegati.

Il primo è quello del Musumeci governatore, con cui Salvini vuole discutere «i punti concreti con i quali la Lega può innescare il salto di qualità del centrodestra alla Regione». Partendo dal neo-gruppo all’Ars. «Matteo e Nello – riferiscono fonti di entrambi gli entourage – hanno già discusso di autonomia differenziata, ma ora devono rilanciarla in termini siciliani». Gli altri temi cari alla Lega sono infrastrutture e continuità territoriale, oltre a un «bombardamento in stile Veneto» per «difendere l’agricoltura», magari con relativo assessorato a un tecnico di area salviniana. Di queste «priorità per l’Isola», subito dopo l’incontro con Musumeci a Palazzo d’Orléans Salvini parlerà chiudendo la kermesse al teatro Al Massimo. Dopo aver ascoltato militanti e big regionali, il leader, come si sussurra fra i suoi, concluderà con un «discorso kennediano». Un Ich bin ein Berliner declinato in siciliano, in palermitano. «Per seppellire per sempre l’era padana e lanciare un patto di fiducia, che parta dall’Isola, con la nuova Lega partito nazionale». E chi s’è visto s’è visto.

Ma la parte più delicata – e di certo più importante – dell’incontro con Salvini riguarderà il profilo politico di Musumeci. Così come già nel pourparler al Senato, al netto delle smentite di capitolato, il patron di DiventeràBellissima discuterà di federazione con la Lega. In brusca sintesi l’approccio dovrebbe essere questo: «Caro Matteo, fra qualche settimana l’assemblea del mio movimento potrebbe scegliere questa strada. Ma è chiaro che un’alleanza si fa in due, dunque sarebbe bene che tu ti esprimessi a riguardo». E a questo punto, più o meno pubblicamente, potrebbe arrivare il via libera – tutt’altro che scontato fino a qualche mese fa – del leader del Carroccio. Per la gioia delle “colombe” che svolazzano in servizio permanente effettivo da diverse settimane sui due fronti: Nino Minardo e Ruggero Razza, giusto per non fare nomi, avvistati negli ultimi giorni in più d’un caffè assieme. Del resto, riflettono i “sensali” dei promessi sposi, «la federazione conviene a entrambi: a Matteo perché trova un uomo delle istituzioni al Sud e si prende un elettorato tradizionalmente vicino alla Meloni, a Nello perché costruisce un asse di ferro con il leader nazionale del centrodestra, vincitore alle prossime elezioni».

Ma i “falchi” non s’arrendono. Una frangia di Nello-boys perplessi, fra nostalgie meloniane e riflessioni sul «rischio di schiacciarci su un personaggio divisivo, perdendo la nostra identità di movimento che guarda oltre la destra». E, dall’altra parte, alcuni salviniani dell’Isola per i quali questo matrimonio non s’ha da fare, anche perché «la dote la porta tutta Matteo e Musumeci ci mette “panza e presenza”, pretendendo collegi alle Politiche». Il vero problema, su entrambi i versanti, è il rischio che molti peones avvertono sulla perdita di rendite di posizioni acquisite: l’unione fa la forza, ma diminuisce il rapporto naturale fra posteriori e posti al sole.

Eppure, sostengono dalla cabina di pilotaggio siciliana, «non è una contrapposizione fra leghisti della prima ora e ultimi arrivati». Anche perché, ghignano, «chi s’è dimostrato affidabile è rimasto in prima linea, mentre c’è stata una selezione naturale di chi, improponibili e scansafatiche, compresi gli ammiccanti alla mafia, è già fuori dalla Lega». Ma fatto sta che molti della generazione “Noi con Salvini” sono stati condannati al confino del “Mai con Salvini”. Un new deal che diventerà plastico nella disposizione dei tavoli alla cena di stasera (40 euro a cranio, attesi 500 commensali) all’hotel Astoria. «Niente tavolata dei parenti dello sposo», il diktat di Candiani a chi voleva far sedere l’ospite d’onore con i capibastone. E dunque: «Ogni deputato o dirigente starà assieme ai militanti del suo territorio». E il grande capo, con pochissimi ottimati attovagliati, vicino a tutti e a nessuno.

Ma prima c’è il pranzo con Musumeci. L’ottimismo è tale che qualcuno pensa di suggellare l’intesa con una pietanza simbolica: un piatto di pasta con le sard(in)e da offrire a Salvini. Che magari avrà già fatto sbornia di street food, sfidando le contestazioni proprio delle Sardine. Pane&panelle a Ballarò («vediamo se oserà anche con la meusa»), poi un incontro con l’Ordine degli avvocati di Palermo («l’hanno chiesto loro»), in trincea contro l’alt alla prescrizione del Guardasigilli grillino Alfonso Bonafede. E forse «uno scherzetto, se riesce, al sindaco Orlando», pregustano, senza sbilanciarsi in anticipazioni, i leghisti siciliani. Che scorteranno Salvini nel rito dei selfie. Migliaia. Prima di quello, domattina, della stretta di mano con l’ex “compagno Gianfranco”, distributore di mutande ai migranti al porto di Catania, col beneplacito di un’estatica Laura Boldrini.Sarà la fine della resistenza, nel centrodestra siciliano.E l’inizio dello sbarco, massiccio, della Lega in Sicilia.

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