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Italia Viva, il grande freddo fra Sammartino e D’Agostino

Di Mario Barresi |

Catania. Per scoprire la ricetta segreta dell’amalgama (non quella del cavaliere Massimino) di Italia Viva nell’Isola, bisogna immaginare un pasticcio di lasagne al forno. Con più strati, adagiati uno sopra l’altro, in una teglia in forno. E così, nella parte inferiore, ecco gli apostoli della primissima ora: Davide Faraone e pochi altri (come Giancarlo Garozzo), che possono vantare i selfie con Matteo Renzi alle primissime edizioni della Leopolda. Poco sopra, separati da una robusta patina, gli ex-Ogm del Pd, entrati con l’orrore dai puristi della sinistra e usciti con il leader da adepti doc: l’esempio più potente è la premiata ditta (non quella di Bersani) composta da Luca Sammartino e Valeria Sudano. Ma in Sicilia, terra di autonomismi e particolarismi, c’è un terzo strato, il più esterno: gli ex “diversamente renziani” di Sicilia Futura, movimento di Totò Cardinale scioltosi (senza più Cardinale) in Italia Viva, che all’Ars ha scelto il leader naturale di questa componente, Nicola D’Agostino, come capogruppo.

Renziani primordiali, renziani in carriera e renziani acquisiti. Queste tre categorie, nella scelta dei coordinatori provinciali (rigorosamente in tandem uomo-donna) hanno trovato una simbiosi pressoché perfetta. Trattandosi di nomine dall’alto, in attesa di «regolari congressi dopo che il partito sarà strutturato», è stato semplicissimo sfoderare il manuale Cencelli. E piazzare, non senza qualche scontro, le bandierine dei tre diversi colori. Con la cohabitation, in ossequio alla parità di genere, nella stessa provincia. Così a Catania “Mr 32mila preferenze” incorona Puccio La Rosa (ex An e Fli) e D’Agostino tampona con Serafina Perra, ex assessore provinciale e pupilla di Raffaele Lombardo. L’equilibrio fra sammartiniani ed ex siculofuturisti si ripropone a Enna (Francesco Alloro, figlio dell’ex deputato regionale Mario, e Carmela Madonia) e a Messina (l’ex deputato Pippo Laccoto e Lucia Puliafito, vicina a Beppe Picciolo). Nelle altre province entra in gioco Faraone e il suo popolo dei circoli: a Palermo (con Dario Chinnici, accoppiato all’ex di Sf Maria Rita Picone) a Ragusa (con Marianna Buscema, in attesa che il sindaco di Modica, Ignazio Abbate, colpaccio di mercato di Sammartino, riempia la casella maschile) e a Siracusa (con la garozziana Maria Alessandra Furnari in coppia con Tiziano Spada, scelto dal deputato Ars Giovanni Cafeo). Sicilia Futura fa il pieno a Trapani con Francesca Incandela e l’ex sindaco e presidente di Anci Sicilia, Giacomo Scala. A Caltanissetta nominati il sammartiniano Giuseppe Ventura e Laura Greco, gradita al’ex sindaco Salvatore Messana ma soprattutto all’ex assessore regionale Gianluca Miccichè. Ad Agrigento i circoli esprimono l’imprenditrice Natalia Re, mentre l’ex deputato cardinalizio Michele Cimino lancia Vito Ferrantelli.

È il pasticcio di lasagne perfetto? In apparenza sì. Anche se qualche problema di cottura resta. Uno s’è materializzato plasticamente ieri, alla presentazione del gruppo consiliare di Iv a Catania. Festeggiato da Sammartino e Sudano con La Rosa. Ma senza D’Agostino (assente per ragioni di famiglia) né Perra (indisponibile perché in ufficio). Solo una doppia coincidenza? Sì, giura chi prova a stoppare ogni congettura.

Ma ci sarebbe anche un’altra spiegazione: il “grande freddo” fra Sammartino e D’Agostino. «Si sono parlati per scegliere i coordinatori dopo un silenzio che durava ormai da molte settimane», rivela una fonte vicina all’ex pupillo di Leanza. Alla base del brusco calo di temperatura, oltre al fatto che «loro due non si sono mai amati» (ma avevano trovato un accordo su una sorta di leadership condivisa) ci sarebbero almeno un altro paio di ragioni. La prima è legata a quella che i sammartiniani definiscono «un’inspiegabile fuga in avanti» del deputato acese, che ha indicato in Claudio Fava, Pietro Bartolo e Leoluca Orlando tre potenziali candidati sui quali costruire il «centrosinistra aperto» alle prossime Regionali. Nomi non proprio sulle corde di Sammartino, che aveva visto il suo identikit nelle parole di Renzi quando a Catania annunciava che «Sicilia Futura potrebbe esprimere il prossimo governatore». L’uscita di D’Agostino è stata tempestivamente segnalata a Roma. Ma, per ora, archiviata. Grazie anche alla mediazione di Ettore Rosato.

Le ruggini più resistenti, però, riguarderebbero però l’«eccessivo distacco» con il quale il deputato acese ha vissuto gli ultimi guai giudiziari del collega, indagato per corruzione elettorale a Catania. «Luca non l’ha sentito vicino, come se Nicola volesse prendere le distanze. O, peggio ancora, speculare su un momento di difficoltà che sarà superato».

Dopo il risiko delle nomine (domenica il primo incontro dei coordinatori provinciali a Enna), Sammartino e D’Agostino potrebbero tornare “amici” come prima. A meno che – altro sussurro dalla teglia renziana – non ci sia un “terzo” non disinteressato. Faraone, ormai affaccendato in faccende nazionali da capogruppo al Senato, ma tutt’altro che rassegnato a lasciare il partito siciliano nelle mani del golden boy catanese, da sempre più tollerato che amato. L’ex sottosegretario, non a caso, sarebbe ultimamente più chiacchierante con D’Agostino. E riecco il modello del pasticcio di lasagne: tanti strati, nessun leader. In attesa della prova del fuoco. O del cuoco. Le elezioni, in cui i voti non sono un ingrediente “quanto basta”. Ma il piatto unico. Che non basta mai per tutti.

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