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Micciché: «Ora alla Sicilia serve una svolta digitale, o tutto sarà vano»

Di Alfredo Pecoraro |

PALERMO – «Da questa finanziaria ho imparato tante cose, innanzitutto ho capito che la pubblica amministrazione in Sicilia, ma non solo, non è preparata, non è smart e che urge un cambio generazionale. Nei Palazzi si ragiona in modo analogico, il mondo invece è digitale, la Sicilia è indietro». Smaltite le tossine della manovra finanziaria, Gianfranco Miccichè pensa già al domani. E lo fa consegnando all’Ansa alcune riflessioni e qualche amarezza dopo la maratona in aula. «Sa cosa ho fatto appena sveglio? Ho aperto il sito dell’Ars: ho constatato che non c’era neppure una riga d’informazione sulla finanziaria. Qualche anno fa mi sarei chiesto se fossero state già pronte le carte per firmare la legge: ecco, questo è il punto». E invece? «Ci sono dei riti senza più senso, questa manovra è fatta da oltre mille pagine, mi toccherà firmarle una per una e in quattro copie: non è più tempo, così non stiamo dietro al cambiamento».

Il pensiero torna alla finanziaria. «Abbiamo destinato un capitolo alla scuola, stanziando un bel pò di fondi, benissimo. Un attimo però: ma se il 50% dei siciliani, come sostiene l’Istat, non ha un pc o un tablet, e quindi non ha una connessione Internet, come classe politica dobbiamo porci delle domande e intervenire senza esitazioni». Come? «Penso alla prossima manovra, il governo l’ha chiamata della “ricostruzione”: mi piace. E allora dobbiamo varare norme per adeguare la Sicilia ai tempi. Quello che è accaduto per la cassa integrazione in deroga è emblematico; ho letto attacchi feroci all’assessore Antonio Scavone, ma che colpe dirette ha? Il problema è strutturale e infrastrutturale: dobbiamo investire nella tecnologia e nel cambio generazionale, non c’è niente da fare».

Miccichè parte da un assunto. «Sono stato a Milano nella sede di Google, in Europa l’età media del personale è 28 anni; tornato a Palermo mi sono fatto consegnare gli elenchi del personale della Regione. Sa quanti anni ha il più giovane? 51. Eppure quando il presidente Musumeci parla di assunzioni ci accusano di essere spreconi: basta». D’obbligo altro riferimento alla finanziaria, 1,5 miliardi per imprese e famiglie. «Tante belle misure, ma la domanda è: in quanto tempo le famiglie e le imprese potranno usufruirne? Potranno essere utilizzate queste risorse? L’emergenza Covid ci ha insegnato che dobbiamo agire in modo diverso, non possiamo rimanere quelli di ieri».

Ma la classe politica e dirigenziale è adeguata? «Quando si entra all’Ars, automaticamente, è come piombare nel passato, non lo dico per denigrare quel Palazzo che adoro ma per stimolare. Noi continuiamo lì dentro a essere analogici, mentre il mondo è digitale. Proprio noi politici dobbiamo essere digitali per primi. L’assenza d’informazione sulla finanziaria nel sito internet dell’Ars dà il segno di questo ragionamento: siamo ancora analogici, se non ci adeguiamo rimarremo indietro. SI pensi che altre amministrazioni stanno peggio di noi».

In questo senso, Miccichè, chiama a raccolta tutto il Parlamento, a partire dal disegno di legge sulla semplificazione e sburocratizzazione, in commissione martedì prossimo. «Su questo ddl mi batterò a mille all’ora: se c’è la legge la devo rispettare, non mi deve autorizzare nessuno. E’ illogico». E avverte. «So bene che con i nostri poteri la legge che approveremo all’Ars potrà cambiare ben poco, ma proprio per questo voglio che si inseriscano norme fortemente provocatorie, così quando lo Stato la impugnerà affronteremo il tema davanti alla Corte costituzionale. Non esiste più il concetto di semplificazione, tentare di semplificare un metodo sbagliato è un errore». Quindi l’appello in pieno stile Miccichè: «Bisogna violentare lo Stato». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA