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YES, YOU CAN: SE MIRELLO COMIZIA CON FARAONE

Di Mario Barresi |

L ’immagine di cui sopra non è un fotomontaggio. E, in effetti, colpisce più della recente foto di Crisafulli omone-sandwich per le “Ragioni del Sì”, già diventata un’icona dei social network. Enna, salone della Kore, ombelico di Mirellolandia. Ieri sera. Vladimiro Crisafulli con Davide Faraone. Fuori dall’obiettivo, le rispettive truppe cammellate. Davanti a un folto pubblico, comiziano per la riforma.

Il sottosegretario vola alto sulla Costituzione , azzarda un «se vince il No, il Pd diventa marginale». Sorride, quando l’ex senatore impresentabile auspica «la rottamazione di Crocetta». Poi ascolta, compiaciuto, Vladimiro definirsi «uomo di partito, che accetta le scelte della maggioranza»; inarca le sopracciglia mentre Crisafulli (commissariato a Enna, capitale cuperliana d’Italia, con l’arrivo di Ernesto #ciaone Carbone, che gli ha tolto le chiavi della sezione perché «qui il partito è una rebubblica delle banane», dicevano i renziani) ricorda con amarezza che «il Pd che me ne ha fatte di tutti i colori». Ma Crisafulli, che fra il fumo delle polpette di cavallo di Villa Bellini, a settembre si definiva «il primo dalemiano di Sicilia, anche perché Massimo è un gigante fra i nani», ha cambiato idea. Almeno sul referendum.

E deglutisce, il viceré renziano di Sicilia, allorché Mirello gli presenta gli studenti della “Dunarea de Jos”, la facoltà romena di Medicina trapiantata a Enna, il «titolificio fasullo» contro cui Faraone, assieme al ministro Giannini, ha combattuto a colpi di carte bollate. «Questi ragazzi sono il nostro fiore all’occhiello», dice – diabolico e giuggerellone – Mirellone. Che, dopo aver sfidato i renziani con lo stand accademico romena alla Festa dell’Unità di Catania, adesso incassa quantomeno il silenzio affettuoso da chi ha avversato il progetto.

No, non è cronaca. Ma antropologia del Pd di oggi, gnoseologia del Partito della Nazione. Crisafulli&Faraone: due opposti che s’avvinghiano, un anacoluto politico che si fa rima baciata. Tutti, in sala, ricordano il blitz di Davide a Enna, catapultato sull’urna di «primarie falsate» dal lupo Vladimiro che «perde il pelo ma non il vizio». E il padrone di casa gli rubattè con ironia: «Lo denuncio per stalking, forse s’è innamorato di me ma io sono già impegnato». Prima di definirlo «il capo degli infami». Su Google è una pacchia, per gli archeologi della faida. «Porrò il caso Crisafulli alla segreteria nazionale», diceva quello. «Se fossi un fighetto e non pesassi 110 chili, non mi attaccheresti: razzista!», rispondeva l’altro. E questo – badate bene – è lo scontro a maggior tasso di fair play, in una corposa antologia di fango.

Oggi non è più così, è tutto un cinguettare di “Sì”. Chi è lo scalpo di chi? Ha vinto il Pd, ma forse ha perso. Mirello e Davide, la nuova unione civile referendaria. Mai dire mai. «Yes, you can!». Tutto, fino al 4 dicembre, può succedere.

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