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«Catania-Palermo in un’ora?

«Catania-Palermo in un’ora? Un sogno che sarà possibile»

La nostra intervista al ministro Graziano Delrio

Di Mario Barresi |

CATANIA – Sembra il fratello maggiore secchione che studia i dossier mentre Matteo Renzi gioca alla PlayStation. Eppure Graziano Delrio, ministro delle Infrastrutture e ascoltatissimo spin doctor di Palazzo Chigi e della segreteria nazionale del Pd, ha pure il tempo e la voglia di sognare: «Un Paese in cui si torni a essere orgogliosi di essere italiani, perché l’Italia o si salva insieme o muore tutta. Partendo dal Sud, dalla Sicilia. E non con la voce piagnosa di chi chiede aiuto, ma con il tono fiero di chi dice: senza di me non ce la farai mai».   Ministro Delrio, cosa resterà a Catania di questa due giorni sulla mobilità? «Abbiamo fatto il punto con la città, con i responsabili di ferrovie, porto e aeroporto su come potenziare e rendere certi gli investimenti per dare un’infrastrutturazione moderna a Catania. Il sindaco vi spiegherà nel dettaglio, all’inizio della prossima settimana. E soprattutto sulla metropolitana abbiamo trovato un accordo positivo che cambierà davvero nell’arco dei prossimi 5-6 anni il volto della città, perché si aggiunge agli interventi già programmati sulla Circumetnea, che a Catania diventerà un servizio straordinario di mobilità metropolitana con 45 chilometri e una previsione a regime di 40 milioni di passeggeri. Numeri da vera metropoli».   Il settore più arretrato è quello delle ferrovie. Dove il governo continua a investire di più al Nord, magari per stabilire un altro record col Freccia Rossa, che al Sud. In Sicilia c’è voluta l’autostrada interrotta per avere un Catania-Palermo con lo stesso tempo di percorrenza del Roma-Milano. E abbiamo pure esultato… «Gli investimenti per l’alta velocità siciliana ammontano a oltre tre miliardi e mezzo. Un investimento enorme. Un investimento in corso. Così come in corso sono tutte le velocizzazioni e l’aggiornamento tecnologico. A queste risorse ne aggiungeremo delle altre con la nuova programmazione europea. La Catania-Palermo-Messina e la Messina-Palermo nella zona nord sono oggetto di investimenti massicci. Poi ci vogliono i tempi di realizzazione, perché dobbiamo recuperare ritardi di decenni. Però io sono tranquillo: presenteremo alla Sicilia un piano di opere e di miglioramento infrastrutturale che nei prossimi anni sarà verificabile e importante, come mai fatto finora».   Ma un Catania-Palermo supeveloce in un’ora, magari con Trenitalia e Italo che si fanno concorrenza, è un sogno irrealizzabile? «È un sogno che rimane tale finché non saranno finiti i cantieri che sono iniziati e che inizieranno. A cantieri finiti è una possibilità».   Anche il Ponte sullo Stretto resterà nel libro dei sogni? «Il Ponte è un dossier che io non ho ancora preso in mano. Non ho ricevuto nessun aggiornamento. Lo guarderemo con lo stesso spirito con cui abbiamo guardato tutte le altre cose. Senza tare ideologiche, né pregiudizi di alcun tipo».   C’è paura per la sorte del raddoppio della Ragusa-Catania. Più volte annunciato come al via e sempre rinviato. Cosa sta succedendo a Roma? «Abbiamo avuto delle osservazioni da parte del ministero dell’Economia, che ritiene il piano attuale non aggiornato e quindi non assoggetabile all’accordo di programma. Abbiamo chiesto questi aggiornamenti e stiamo lavorando per trovare una soluzione. Perché il rischio è che se ripartiamo daccapo la questione si ingarbuglia ancora di più. Ma la Ragusa-Catania la vogliamo fare».   Significa qualcosa il “declassamento” dell’opera, uscita dall’elenco di quelle strategiche per il governo? «Sono uscite dall’elenco quasi 400 opere. Abbiamo tenuto soltanto i grandi corridoi ferroviari e le grandi strade di carattere sovranazionale e i sistemi metropolitani urbani. Non c’è alcun nesso fra l’esclusione e il rischio che la Ragusa-Catania non si faccia. Potete stare tranquilli».   Come per il viadotto sull’A19? S’è già perso molto tempo rispetto alle promesse inziali. «Abbiamo avuto qualche settimana di ritardo nell’istruttoria della protezione civile regionale che ha trasmesso i dati anche rispetto alle altre emergenze, ma la recupereremo nei prossimi giorni perché i progetti sono già in stato di avanzata esecuzione dal punto di vista tecnico. Poi si partirà rapidissimamente».   Quindi il ritardo di quasi un mese verrà recuperato? «Abbiamo rallentato un po’ questa fase istruttoria, anche perché abbiamo voluto valutare anche il recupero dell’altra carreggiata perché questo consentirebbe ovviamente una riduzione dei disagi a tutti i livelli e poi perché abbiamo anche aspettato la commissione d’inchiesta. Ma non mi si può parlare di ritardo scandaloso del governo dopo un mese, dopo che ci sono stati quarant’anni di incuria e di omissioni. Io questo non lo accetto. E poi pensiamo anche a una soluzione di sistema: triplicherò i fondi, nel prossimo accordo di programma che sto per firmare, già dal prossimo anno, all’Anas per la manutenzione straordinaria di ponti e viadotti, ma anche nelle strade ferrate e nelle metropolitane».   Parliamo del taglio delle Autorità portuali. Messina andrà con la Calabria. Ma è pensabile un’unica entità regionale che, da Palermo, accorpi Catania e Augusta? «Non abbiamo ancora deciso quante Autorità portuali ci saranno in Sicilia. Ci interessa che quelle che ci saranno siano a servizio dei sistemi industriali e logistici. Purtroppo la grande occasione che stanno perdendo anche i porti siciliani è lo sviluppo. Catania sta già facendo dei passi avanti, ma Augusta, ad esempio, ha bisogno di rilancio. Per questo oggi (ieri per chi legge, ndr) io sono andato lì, affinché il commissario continui un’azione che ha intrapreso da poco, che mi sembra molto efficace. I porti, comunque, devono abituarsi a ragionare insieme. Non devono farsi concorrenza a distanza di dieci chilometri. Devono dare un’offerta di qualità alle imprese di navigazione, che oggi possono scegliere su un mercato globale. Il Mezzogiorno ha nella portualità una delle sue principali risorse, che oggi è sfruttata al 20 per cento».   Sulla spesa dei fondi Ue lei, da sottosegretario alla Presidenza, con la Regione Siciliana ha usato un po’ di carota e tanto bastone. Con quali risultati? «Nel 2014 abbiamo raggiunto i risultati di spesa e recuperato molto del tempo perduto grazie a una vigilanza amministrativa. C’è una debolezza che riguarda tutto il sistema Paese: la frammentazione dei progetti. Sono convinto che la prossima programmazione andrà molto meglio. Puntiamo su pochi progetti, ma importanti: in Sicilia, ad esempio, penso al distretto del sud-est e alla capitale dello Stetto con l’integrazione di Gioia Tauro. Adesso, fra vecchio e nuovo settennio abbiamo 200 miliardi da spendere. Al mio paese si dice: barcate di soldi. E volete sapere una cosa? Non siete capaci di spendere tutti questi soldi! Nel 2015 bisogna certificare 9 miliardi all’Ue e non siete mica capaci. Bisogna mettersi tutti assieme per farlo».   Dopo Mafia Capitale, lei – renziano, ma libero pensatore – ha detto: «Se fossi Marino non mi dimetterei». Risulta che sul tavolo di Renzi ci sia anche un imbarazzato dossier, ovviamente di tutt’altra natura, sul governo regionale siciliano. Domanda fotocopia: e se lei fosse Crocetta si dimetterebbe? «Non sono Crocetta. Vale anche per Marino: chi dice che Marino deve dimettersi perché corrotto dice una bugia sapendo di dirla. Io non ci sto. Io non prendo lezioni d’onestà dai grillini, così come Marino non le prende dai grillini. Poi se non ci sono le condizioni, perché il Pd è travolto, perché non c’è la dirigenza, perché il consiglio comunale non è adatto, queste sono valutazioni che può fare lui. Matteo Renzi gli ha detto: “Nessuno ti manda via, ma valuta tu se… ”. Io non gli ho detto una cosa diversa. Però parliamoci chiaro: lo stesso vale per tutti gli altri».   Compreso il litigiosissimo presidente della Regione Siciliana? «Nessuno manda via nessuno. Però bisogna governare, bisogna avere le condizioni per governare. E se non ci sono bisogna ricrearle, ricostituirle ogni giorno. Questo è il punto. Vale per tutti noi. Compreso Crocetta. Non so nemmeno perché lui ci attacchi e litighi con noi. Noi siamo stati molto vicini al governo regionale siciliano. E ci assumiamo la nostra responsabilità fino in fondo. Io però la verità ai siciliani la dico: sul viadotto Himera vedo le carte e mando alla Procura un dossier in cui si vede che le responsabilità risalgono a 35 anni fa. Se noi adesso abbiamo il viadotto crollato è perché qualcuno non ha fatto il suo mestiere. E se vogliamo impedire che questo riaccada dobbiamo prendere quelli che hanno la responsabilità e dire: adesso tu vai via. La stessa cosa vale per Crocetta. Si assuma le sue responsabilità, come faccio io. Sempre. E governi».   L’atteggiamento del Renzi segretario del Pd sembra del tipo: delle cose di Sicilia non mi occupo. Forse perché la nostra politica, e il Pd, sono talmente pirandelliani che a Roma non ci si capisce nulla? «Il Pd ha uno statuto federale e la segreteria siciliana ha ampi poteri. Io do un buon giudizio del lavoro del segretario Raciti. Il governo regionale non è oggetto di analisi della segreteria nazionale. In Sicilia si bisogna interloquire con tutte le forze che sostengono il governo Crocetta e capire quali problemi non sono stati risolti».   Niente rottamazione del governo regionale? Il Pd non staccherà la spina a Crocetta? «Siamo rispettosi di chi è al governo delle Regioni e delle città. E non spetta a noi decidere se e quando staccare la spina. Spetta ad altri, alla responsabilità dei dirigenti locali. E ai cittadini, in ultima istanza».   Insomma: Rosario stai sereno? «Non ci casco».   twitter: @MarioBarresi

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