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Regione, Crocetta rientra dopo l’“esilio”

Regione, Crocetta rientra dopo l’“esilio” E il Pd aspetta la mossa decisiva di Renzi

Il “cerchio magico” del governatore e l’imbarazzo dei Dem

Di Alfredo Pecoraro |

PALERMO – Dopo tre giorni di “esilio volontario” nel suo appartamento a Castel di Tusa, Rosario Crocetta è rientrato a Palazzo d’Orleans, ma la sua posizione rimane in bilico. Il governatore conferma che non intende dimettersi perché sarebbe come ammettere una colpa che dice di non avere sulle intercettazioni che coinvolgono il suo medico Matteo Tutino, ma il clima attorno a lui è pesante. L’imbarazzo nel Pd siciliano è totale. E da Roma i vertici Dem fanno pressing perché si faccia chiarezza. Dopo la Serracchiani, è il presidente del Pd, Matteo Orfini, a far sentire la sua voce. Sul caso Crocetta «il segretario siciliano del Pd – dice – non esclude alcuno scenario», neppure la sfiducia al governatore, affrontando la vicenda «ovviamente in stretto rapporto con Roma». Perché «a prescindere dalla telefonata falsa, perché ci atteniamo a quanto ha detto la Procura (quella riportata dall’Espresso su Lucia Borsellino), quello che emerge è un quadro inquietante di relazioni complicate e pericolose del “cerchio magico” del governatore». «Cosa che il Pd siciliano», aggiunge Orfini, «aveva denunciato da tempo, criticando Crocetta per le cose che stanno emergendo». E questa sera il segretario del Pd siciliano Fausto Raciti ha ribadito la sua posizione: «Io penso che la credibilità di questo governo si stia deteriorando. Crocetta ha costruito la rappresentazione della sua missione su una idea precisa di antimafia e un sistema di relazioni costruito attorno a quell’idea. Oggi viene minata la credibilità di quel governo sul terreno sul quale era stato costruito».   Ma negli ambienti del Pd la convinzione più diffusa è che a staccare la spina a Crocetta può essere solo Renzi. In pochi credono che ci sia la compattezza tra i deputati regionali del Pd per presentare una mozione di sfiducia in Assemblea, raccogliendo, grazie ai voti delle opposizioni, le 46 firme (la metà più uno del totale dei parlamentari) per poter porre fine alla legislatura con 2 anni d’anticipo. Solo un accordo tra Renzi, Alfano e Cesa, sussurrano alcuni esponenti Dem, potrebbe portare a una exit strategy. Le condizioni, però, sono complicate.   La Regione ha un bilancio in bilico, col governo di Roma che non ha ancora trasferito i 300 milioni di euro necessari a chiudere i conti per il 2015 e con un bilancio per il 2016 “impugnato” dal Cdm e con una voragine già pari a 1,8 miliardi di euro. Un voto anticipato a ottobre o a novembre, senza prima mettere una pezza ai conti regionali, metterebbe in ginocchio la Sicilia. Non solo. C’è poi la questione delle Province, con una riforma rimasta a metà e ferma in Assemblea regionale. Probabile, riferiscono alcune fonti dem, che si dia tempo a Crocetta e all’Ars di approvare l’assestamento di bilancio, il previsionale per il 2016, alcune riforme come quella della Provincia per poi andare al voto, dando un lasciapassare a Crocetta, all’inizio del prossimo anno.   Un tempo necessario anche a Pd, Udc e Ncd per trovare un candidato unitario in modo da poter contrastare il M5s, il vero rivale temuto in casa Dem e che i sondaggi danno sempre più in ascesa.   Le opposizioni però scalpitano. Forza Italia è pronta a presentare una mozione di sfiducia, perché, dice il capogruppo di Fi all’Ars, Marco Falcone, «se non lo farà il Pd lo faremo noi». «Chiudiamola qui questa tragicommedia: abbiano finalmente il coraggio, i deputati Pd e i loro alleati, di sfiduciarlo o lo faremo noi per la terza volta», incalza Nello Musumeci. E domattina è in programma una riunione con gli altri gruppi di minoranza dell’Ars. Ma per il M5s, secondo gruppo all’Ars, «una mozione di sfiducia da parte delle opposizioni farebbe la fine di quelle fatte in passato». «L’unica mozione di sfiducia che accettiamo è quella che deve fare il Pd: ci bastano poche firme, il resto le mettiamo noi».   Domani pomeriggio, Crocetta dovrebbe riferire in aula: intanto s’è dimesso il deputato Dem, Fabrizio Ferrandelli, che da tempo chiedeva al governatore di lasciare.   Sul fronte giudiziario, il procuratore aggiunto di Palermo, Leonardo Agueci ribadisce che “agli atti in nostro possesso, registrazioni ambientali o telefoniche, non esiste quella intercettazione” col medico Matteo Tutino che pronuncerebbe la frase shock contro Lucia Borsellino.

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