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Pd, il no di Grasso e i dettagli da “smorfiare” nel sogno diventato incubo

Di Mario Barresi |

Perché il presidente del Senato, al quale Matteo Renzi in persona aveva recapitato a domicilio la «proposta di sacrificio» per la sua terra, decide di esternare il suo rifiuto a Palermo, dopo un colloquio domenicale col sindaco?

Una prassi irrituale, ma non casuale. Del resto – spiegano fonti vicinissime a Grasso – è uno dei suoi grandi sponsor, ma soprattutto «l’interlocutore che ha scelto in Sicilia per volare sopra i problemi di corrente», con un’indiretta smentita di qualsivoglia «fastidio» presidenziale per l’attivismo dell’amico Leoluca. E in ogni caso, ricordano, «quella del presidente non sarebbe una candidatura solo del Pd». Ma resta il fatto che la scelta di una nota congiunta con Orlando per «declinare la proposta giunta dagli organismi regionali e nazionali del Pd» è talmente anomala da essere quasi uno sgarbo nei confronti del partito. Nazionale, prima ancora che siciliano.

E allora gli “smorfiatori” più raffinati danno una lettura meno irreversibile sulla chiusura di Grasso. È chiaro, sostengono i suoi, che «per lui gli aspetti istituzionali vengono prima delle scelte personali»; così com’è vero che finché dovrà «evitare incidenti più o meno orchestrati» e «ci saranno tentazioni di voto anticipato», il discorso sulla Sicilia resterà morto e sepolto, perché «la tenuta del sistema e l’importanza della manovra avranno la precedenza». Su tutto.

Eppure anche le persone più vicine al presidente sottolineano due passaggi della nota ufficiale. È un no alla candidatura alle Regionali, ma «stante le condizioni». Ovvero: la necessità di guidare il Senato «finché necessario». E qui torna la forma-sostanza. Che potrebbe spiegare l’apparente irritualità: Grasso non dice no a Renzi, lasciando aperto uno spiraglio. Rafforzato dallo stesso segretario del Pd, quando – alla vigilia dei ballottaggi di ieri – tornava la necessità di «accelerare sulle Politiche» per «sfruttare l’onda» (in caso di vittoria) o per «prendere di petto la situazione» (in caso di sconfitta).

In quel contesto le «condizioni» e il «finché necessario» di Grasso potrebbero cambiare. Così come si spiegherebbe un altro scenario che filtra dal Nazareno via Palermo: il Pd non sarebbe del tutto rassegnato al rifiuto dell’ex procuratore e lascerebbe aperto un angusto sentiero di trattativa. Percorso, stavolta in versione solitaria, da Matteo. Che, fino a ieri, qualcuno definiva «innervosito dalla negativa accelerazione che la trattativa con Grasso ha subito negli ultimi tempi, anche per colpa delle interferenze di alcuni notabili siciliani». Non è dato sapere a chi si riferisca.

E adesso che succede? Da oggi ripartirà la giostra dem. «Un big bang», lo definiscono fra i Centristi di D’Alia. Il Pd è nel caos, appesantito dal ritorno in pista del Crocetta “lealista”, e con gli alleati centristi che si defilano. «Il candidato? Ce l’abbiamo già», ironizzavano ieri gli uomini di Davide Faraone scambiandosi in chat la foto del post di Rosario che si (ri)ricandida dopo la breve pausa di buona condotta con Grasso in lizza. Fausto Raciti è già sotto processo, con la sentenza già scritta in una parola – «discontinuità» – che non è riferita soltanto Crocetta, ma anche il giovane segretario del partito. “Reo” di aver difeso il governatore e soprattutto di non aver nascosto l’entusiasmo per la discesa del deus ex machina da Palazzo Madama. «Adesso si cambia»: un mantra che accomuna l’asse Faraone-Cardinale al sindaco di Palermo, che con quei due ha un debito politico per il decisivo sostegno per Palazzo delle Aquile.

A proposito. Con o senza Grasso in campo, adesso il kingmaker del centrosinistra è Orlando. Che, nel colloquio con il mancato candidato governatore, affrontando il tema del “piano B”, avrebbe messo sul tavolo il nome di Peppino Lupo. Capo dei franceschiniani di Sicilia, sempre alla giusta distanza dalle polemiche, il vicepresidente dell’Ars è il dem più apprezzato da Leoluca V. Sarebbe lui, se si dovesse scegliere oggi, il nuovo favorito. Al netto del ringalluzzito orgoglio moderato di Angelino Alfano, che aspettava proprio che il presidente del Senato sgombrasse il campo per lanciare una candidatura di area Ap.

Per ora (e forse per sempre) non c’è, Grasso. Ed è un pasticcio, grosso. Si torna alla casella di partenza. Ma il vero problema, nel grottesco gioco dell’oca del centrosinistra siciliano, è che non si capisce più chi tira i dadi.

Twitter: @MarioBarresi

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