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Exit poll, ex sindaco di Vittoria: «Io vittima di un errore giudiziario»

Di Redazione |

VITTORIA (RAGUSA) – «In quale altro modo può qualificarsi la messa in scena in cui è consistita la “notifica” dell’ordinanza con cui si disponeva la misura degli arresti domiciliari? Sì, una notifica, così la qualifica espressamente l’art 293 comma 2 Cpp differenziandola appositamente dall’esecuzione della misura in carcere, per la quale era espressamente inutile ed estremamente dispendioso l’uso di elicotteri, di circa 15 agenti dedicati ad ogni soggetto cui notificare l’ordinanza, lo spianamento delle armi sin dentro case dove dormivano bambini, di foto e riprese anche a raggi infrarossi, di innumerevoli uomini partiti con decine di mezzi in notturna da Catania». Lo dice l’ex sindaco di Vittoria, Giuseppe Nicosia (Pd), posto ai domiciliari insieme al fratello Fabio nell’operazione «Exit Poll» dello scorso 21 settembre per scambio elettorale politico-mafioso in relazione alle comunali del 2016: il tribunale del Riesame di Catania ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare. «Cosa si temeva? Che scappassi con la canoa sita nella mia veranda a mare – aggiunge – o che ingaggiassi un conflitto a fuoco con la pistola ad acqua del mio piccolo di 5 anni che dormiva ignaro? Evidentemente non sussisteva alcuna esigenza che giustificasse un così impressionante uso della forza pubblica per una innocua notifica. La motivazione reale consisteva, per usare le stesse parole di coloro che hanno richiesto il carcere per me, nel ‘narcisismò graduato e togato di assicurarsi idonea scenografia per la conferenza stampa».

«Nella conferenza stampa – conclude – oltre a consacrare l’ enorme spreco di risorse pubbliche e danno erariale, si è messo in scena l’uso mediatico della vignettistica diffamatoria con la quale, alla stregua dei peggiori cartelloni pubblicitari, si mostrava il fotomontaggio delle nostre foto congiunte dalla stretta di mano fumettistica con gli altri arrestati indicati quali pregiudicati».

«Sono vittima di un grave errore giudiziario frutto di una serie di macroscopici e grossolani equivoci che ha trasformato persone stimate e libere in vittime di un caso eccezionalmente raro di ‘malagiustizia». Lo ha detto in conferenza stampa l’ex sindaco di Vittoria, Giuseppe Nicosia (Pd), posto ai domiciliari insieme al fratello Fabio nell’operazione «Exit Poll» dello scorso 21 settembre per scambio elettorale politico-mafioso in relazione alle comunali del 2016. Lo scorso 2 ottobre il gip aveva revocato i domiciliari imponendo l’obbligo di firma il 13 ottobre scorso il Tribunale del Riesame di Catania ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare. Nicosia parla di «totale infondatezza di tutti i capi di accusa a mio carico» e afferma di aver scelto di parlare solo dopo che la «magistratura giudicante si esprimesse e spazzasse via con la forza del diritto l’infame accusa avanzata invece da quella parte di magistratura inquirente che si è affidata a falsi mezzi pentiti, non adeguatamente riscontrati, ed a congetture prive del seppur minimo elemento indiziario».

L’ex sindaco di Vittoria auspica intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e richiama le sue recenti parole secondo il quale «le toghe non siano abiti di scena» ed auspica «che non lo siano più neanche le divise dello Stato e che tutte insieme non costituiscano gli abiti e le sedie da regista di gratuite e incongrue produzioni televisive».

Nicosia aggiunge: “Al momento mi pare più opportuno sottolineare un aspetto che rende inquietante ed unica nel suo genere la vicenda e cioè la motivazione dell’arresto. Inedita (non sono io a dirlo ma le parole con cui il Procuratore aggiunto Petralia, che ha lavorato a Ragusa per quasi tutta la durata della mia sindacatura, ha presentato alla stampa l’arresto come il primo con questa configurazione giuridica) nell’era democratica della nostra repubblica la motivazione della misura cautelare. Essa recita ‘appare infatti fortemente fondato il pericolo di reiterazione delle condotte… sol che si consideri l’imminenza di una nuova tornata elettorale per l’assemblea regionale sicilianà. Una motivazione incostituzionale che ricorda provvedimenti storicamente databili all’epoca del ‘confinò per finalità politiche». «Non penso – dice – che nell’era repubblicana si sia mai letto in un atto giudiziario che esiste la pericolosità dell’indagato perché sono vicine le elezioni e che pertanto lo stesso va arrestato. Neanche per l’arresto di brigatisti si è ricorso a tale motivazione che nulla ha a che fare con i principi giuridici che si studiano sin dalle prime lezioni di diritto». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA