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Greenpeace «attacca» Vega

Di Michele Giardina |

“I progetti riguardanti l’installazione di una nuova piattaforma e la realizzazione di nuovi pozzi in queste acque – dichiara Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia – sono la prova che l’Italia continua a sbagliare; lo spettro di nuove trivellazioni in questo mare la dice lunga su come, mentre il resto del mondo punta concretamente sulle rinnovabili, il governo Renzi cerca in tutti i modi di tenere ancorato il nostro Paese a un passato fossile e inquinante”.

“Quella del campo oil Vega – sostengono i responsabili di Greenpeace – è una vicenda paradossale. Il governo ha autorizzato la realizzazione di queste infrastrutture mentre, tramite il ministero dell’Ambiente, si era costituito parte civile in un processo contro sei manager e dirigenti della Edison, concessionaria con Eni del titolo minerario, per smaltimento illecito di rifiuti, prescritto lo scorso maggio. Come documentato dall’ISPRA e confermato da una perizia della Procura di Ragusa, tra il 1989 e il 2007, Edison avrebbe iniettato illegalmente in un pozzo sterile a 2.800 metri di profondità un mix di acque di strato, acque di lavaggio delle cisterne della nave di stoccaggio del greggio e acque di sentina. In totale, quasi mezzo milione di metri cubi di liquidi classificati come “rifiuti speciali”: una vera e propria discarica sottomarina, con il rischio che i liquidi ospitati nella cavità possano fuoriuscire e rilasciare in mare grandi quantità di inquinanti”.

Con questa ennesima protesta Greenpeace chiede al governo di non autorizzare nuove piattaforme e nuovi pozzi nei mari italiani, ma di impegnarsi a supportare le energie rinnovabili.

“Il progetto Vega B – scrivono i dirigenti Edison – è stato autorizzato nel 1984 e, nella sua formulazione originaria, prevedeva la realizzazione di 24 pozzi. Nel maggio 2015 la concessione – che comprende lo sviluppo di Vega B – è stata prorogata fino al 2022: tale proroga non apre la strada a nuovi pozzi, ma è l’attuazione di un progetto validato oltre 30 anni fa. Le norme sulle nuove attività estrattive sono successive (28 dicembre 2015) e prevedono che “i titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per tutta la durata della vita utile del giacimento”. Quanto al tema della iniezione asseritamente illegale di acque nel sottosuolo marino, si precisa che la tecnica della reiniezione delle acque risultanti dall’attività di estrazione di idrocarburi in unità geologiche profonde è una pratica espressamente prevista dalla normativa italiana (Codice dell’Ambiente) ed è considerata universalmente una modalità di gestione sostenibile delle acque risultanti dall’attività di estrazione di idrocarburi. La società ha ottemperato alla normativa vigente che prevede la reiniezione appena disponibile un pozzo non più produttivo. La reiniezione avviene tramite un sistema chiuso che impedisce qualsiasi interazione tra l’interno del pozzo e le formazioni geologiche che hanno trattenuto gli idrocarburi per intere ere. In 29 anni di attività del campo Vega A non una goccia di petrolio è stata sversata in mare e non c’è, né c’è mai stato, alcun inquinamento dell’ambiente marino o sottomarino. Le consulenze di ISPRA per il ministero dell’Ambiente e del CT del Pubblico Ministero, che parrebbero contrastare tale circostanza, in realtà sono meri atti di parte contraddetti dalle consulenze tecniche della società”.

Il parere. m.g.) Il parere favorevole per la realizzazione della cisterna marina di appoggio “Vega B”, costruita con criteri di massima sicurezza, che affianca il pozzo di estrazione Vega A operante da quasi 30 anni al largo di Pozzallo, è stato rilasciato nel mese di dicembre 2014 dal ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti. L’intero impianto, che dà lavoro ad alcune decine di tecnici, è in piena attività ed è stato realizzato dopo accurati studi antisismici, come si evince da una relazione tecnica presentata dai dirigenti dell’Edison

Il blitz. Le immagini dei volontari di Greenpeace davanti alla piattaforma Verga

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