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«Noi, disperati, vittime degli sciacalli delle aste»

Di Mario Barresi |

Ragusa – E no, storie come queste è difficile raccontarle con le categorie del tutto bianco e del tutto nero.Perché è arduo distinguere i buoni dai cattivi.

È il buono o il cattivo, un allevatore dei monti Iblei il quale, strozzato dal crollo del prezzo del latte, non riesce a onorare le rate del mutuo contratto sei anni fa con le banche per migliorare le stalle e una bella mattina vede salire il proprio bestiame su un camion diretto chissà dove? È il buono o il cattivo, un commerciante di sanitari e materiale edile di Catania, in ginocchio per crisi, al quale – pur debitore insolvente – viene tolto il tetto da sopra la testa, qualche mese dopo acquistato all’asta da una fortunata nonnina che risulta proprietaria di 18 immobili, oltre che madre di un affermato avvocato penalista?

È il buono o è il cattivo, un impiegato di Siracusa che, per saldare i debiti contratti per finanziare il matrimonio del figlio, chiede un prestito a un «amico disponibile» e poi, perso il lavoro per il fallimento della ditta dove lavorava da 25 anni, una sera deve confessare alla propria famiglia che la loro casa (valore di mercato 95mila euro) è stata acquistata all’asta, per 10mila euro, dallo stesso strozzino? Chi è il buono e chi è il cattivo, fra un commerciante di corredi di Castelvetrano, che esce dal suo appartamento (stimato 140mila euro) e il signore di Catania che se l’aggiudica all’asta per 18mila euro, arricchendo la sua “collezione” costituita da 44 appartamenti in tutta la Sicilia quasi tutti intestati a un’ottuagenaria parente?

L’elenco potrebbe continuare. Storie grigie; né buoni né cattivi. Decine, centinaia, migliaia. È diventata un simbolo la tragedia di Giovanni Guarascio, operaio edile vittoriese: nel 2013 morì dopo essersi dato fuoco per evitare lo sfratto dalla propria casa, venduta all’asta per 26.750 euro. I familiari sono tornati in possesso dell’immobile anche grazie ai fondi messi a disposizione dai deputati regionali del Movimento 5stelle. Ma quanti altri Guarascio ci sono, silenziosi e disperati? Nel 2016 – per il rapporto di “Astacy Analytics” – in Italia si contano 267.323 esecuzioni immobiliari, +18,33% rispetto al 2015. E la Sicilia, dopo la Lombardia, è la seconda regione per incidenza: il 9% delle procedure, infatti, sono nell’Isola, per un totale di 25.240 aste nel 2016, con un incremento del 9,44% rispetto all’anno precedente. La zona a più alta densità è il Ragusano: circa 2.400 procedure nel 2015, con +61% nel primo quadrimestre del 2016. Un trend che fa di Ragusa la capitale italiana delle aste: in pratica una ogni 110 abitanti, lattanti e nonnini compresi.

Una piaga che qui, nell’ex isola felice, brucia. Assemblee, blitz per bloccare le esecuzioni, pressing di un movimento alimentato da Mariano Ferro (leader dei Forconi) e dall’imprenditore Angelo Giacchi, che ha rischiato di essere arrestato per aver impedito all’ufficiale giudiziario di mettere i sigilli nella sua casa di Scoglitti. Sit-in e scioperi della fame, ma anche le prime risposte giudiziarie. Alt, dal Tribunale di Ragusa con provvedimenti innovativi, ad alcune procedure. In un caso per «l’eccessiva durata del processo»; nel più recente s’introduce il principio dell’eccessivo ribasso: su istanza dell’avvocato Giuseppe Nicosia, il giudice Claudio Maggioni, «verificata l’effettiva sussistenza del cosiddetto “prezzo vile”», ha sospeso la vendita di un’azienda e di fabbricati. Gli “sconti”, nelle aste, arrivano fino al 75%.

Ma la procedura, in teoria, è “neutra”. Lo Stato e i creditori (spesso le banche) vengono in tutto o in parte ristorati del mancato rispetto di impegni finanziari da parte di imprenditori e capi famiglia. E l’almanacco dei fallimenti, in Sicilia, è pieno di truffatori. Buoni o cattivi? Oggi, forse, a perdere un immobile, sono più che altro i disperati. «Cittadini onesti – sostiene Ferro – che stavano su una barca affondata e ora s’aggrappano a qualche tavola di legno per galleggiare. Molti sono affogati, altri sono stati sbranati dagli squali affamati». La tesi è che «i tribunali siciliani sono diventati la migliore agenzia immobiliare». Frequentati, soprattutto, da «impuniti, corrotti, strozzini, mafiosi e riciclatori». In due parole: «Spazzatura umana». Gente che «non conosce pietà e che approfitta delle disgrazie altrui». Il leader dei Forconi si chiede «perché un giudice, alla ventesima o trentesima aggiudicazione allo stesso soggetto, che magari è una vecchietta ottantenne, non pensa mai di indagare sulla provenienza dei capitali?». Ferro va oltre. Con accuse pesanti: i tribunali sono «luogo di business per molti, non tutti per fortuna, affaristi, speculatori, comunque sciacalli sempre pronti». E un profilo di connivenza: «S’indaghi – è l’appello – su avvocati, professionisti delegati, commercialisti, faccendieri, agenzie estere create ad hoc, direttori e impiegati di banca». Colletti bianchi, dunque. Ma anche pezzi dello Stato. «Insospettabili cancellieri, talvolta persino giudici, ma anche uomini delle forze dell’ordine», sostiene Ferro. Accuse da denunciare alle procure, oltre che tutte da dimostrare, così come quelle sull’ingerenza di Cosa Nostra.

Anche se c’è chi sostiene che già ci sia più di un fascicolo aperto. Del resto, a Palermo – incidentalmente anche ombelico del caso Saguto – un faccendiere, principe delle aste, è finito nel fascicolo del processo nato dall’inchiesta “Brasca” sulla mafia di Santa Maria di Gesù. Un vorticoso giro di compravendita di immobili. Con uno stratagemma semplice ed efficace: il fantomatico nome di un giudice inesistente, Giovanni Casella; una finta carta intestata del tribunale e un numero di ruolo fittizio. Soltanto i soldi truffati erano veri.Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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