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Coronavirus, primi test per un vaccino negli Usa

Di Enrica Battifoglia |

ROMA – E’ partito in tempi rapidissimi negli Stati Uniti il primo test di un vaccino contro il coronavirus e l’Europa ha annunciato che la sperimentazione del suo vaccino potrà partire in giugno: la ricerca corre veloce e affina le armi contro un virus mai visto finora, ma nessuno si illude che i tempi saranno brevi.

Ci vorrà da un anno a un anno e mezzo per avere il vaccino, mentre la durata della pandemia è ancora imprevedibile, come indicano anche i dati sui casi in Italia.

La ricerca ha mantenuto la sua promessa più grande: a metà febbraio il direttore dell’istituto statunitense per lo studio delle malattie infettive Niaid (National Institute of Allergy and Infectious Diseases) aveva annunciato che entro due o tre mesi sarebbe iniziato il test del vaccino messo a punto con collaborazione con l’azienda Moderna e con la Coalion for Epidemic Preparedness Innovation (Cepi) e puntualmente il vaccino è stato iniettato oggi al primo dei 45 volontari sani a Seattle. E’ un vaccino a Rna messaggero, ossia un vaccino sintetico, che non utilizza il virus ma la sua informazione genetica. Dopo questa prima fase di test sull’uomo ce ne saranno altre due per avere tutte le risposte necessarie su sicurezza ed efficacia e poi bisognerà aspettare i tempi tecnici per la produzione.

E’ un vaccino a Rna messaggero anche quello che l’azienda biofarmaceutica CureVac, attiva fra Germania e Stati Uniti, si prepara a sperimentare in giugno. L’annuncio è arrivato dalla Commissione Europea ha annunciato che la CureVac «ha già avviato il suo programma di sviluppo di un vaccino anti Covid-19 e si prevede l’avvio di test clinici a partire da giugno 2020». Mentre in Italia due progetti per il vaccino sono in attesa del via libera alla sperimentazione, sul fronte dei farmaci si prepara un’altra sfida: «lo sforzo che il ministero della Salute e le Regioni stanno facendo per rendere omogeneo sul territorio nazionale il trattamento pazienti», ha rilevato il direttore del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli. «Serve agilità – ha aggiunto – perché abbiamo bisogno di dare risposte immediate e di attivare nel modo più veloce possibile studi clinici». Un compito, questo, nel quale «l’Italia sta svolgendo un ruolo pionieristico».

Il vaccino sarà un’arma cruciale contro la pandemia da coronavirus, ma in attesa dei risultati dei test le sole contromisure sono il contenimento e il rispetto rigoroso dell’igiene. I primi effetti potrebbero essere nei casi registrati oggi, che continuano sì a mostrare un aumento, ma a un ritmo leggermente rallentato rispetto ai giorni precedenti. Oggi risultano essere complessivamente 23.073 i malati di coronavirus in Italia, con un incremento rispetto a domenica di 2.470, mentre ieri l’aumento era stato di 2.853. Il numero complessivo dei contagiati, comprese le vittime e i guariti, ha raggiunto i 27.980. Lieve rallentamento anche nella crescita del numero dei decessi; i 2.158 registrati oggi segnano un incremento di 349 rispetto a ieri, mentre da sabato a domenica c’erano stati 368 casi in più. «Con i dati di oggi mi sembra certo che epidemia sia rallentata: stiamo ancora crescendo ma non siamo lontani dal picco, non sappiamo se arriverà domani o fine mese», ha osservato il fisico Giorgio Parisi, dell’Università Sapienza di Roma e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Anche per Locatelli «quello che vediamo oggi riflette la situazione che avevamo 12-14 giorni fa» e «occorre ancora qualche giorno per vedere l’efficacia delle misure di contenimento».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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