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Coronavirus: ‘la più grande speranza’, sui vaccini il decalogo del virologo Silvestri

Di Redazione |

Roma, 13 mag. (Adnkronos Salute) – Un decalogo sui vaccini per Covid-19, con tutte le informazioni da conoscere, dai 70 sieri in studio, ai tempi, all’efficacia. A spiegare a che punto è “la più grande speranza” contro “la minaccia” Sars-Cov-2 è il virologo Guido Silvestri, docente alla Emory University di Atlanta, nella sua ormai quotidiana rubrica su Facebook ‘Pillole di ottimismo’, ovvero ‘L’ottimismo che viene dalla scienza’.

Ecco, nel dettaglio, il decalogo.

1) La speranza più grossa. La prima cosa da chiarire – sottolinea Silvestri – è che un vaccino sicuro e di grande efficacia, tipo per esempio quello del morbillo o della polio o del tetano, è certamente la più grande speranza per eliminare una volta per tutte la minaccia di Covid-19 dalla faccia del nostro pianeta. Per questo è assolutamente giusto e logico che in questa area della ricerca scientifica siano investite ingenti risorse finanziarie e di personale. Se vogliamo tornare ad una vita veramente normale al 100% – non so voi, ma io voglio proprio questo – sviluppare un vaccino efficace è la nostra strada maestra.

2) Evitiamo contrapposizioni senza senso. La seconda cosa da chiarire, prosegue Silvestri, è che creare contrapposizioni artificiali di priorità tra vaccini e altri interventi socio-sanitari per prevenire e soprattutto per curare Covid-19 è un ragionamento davvero da imbecilli. La ricerca sul vaccino deve andare avanti in modo efficace mentre, al contempo, devono procedere con eguale efficacia quelle su antivirali, anticorpi monoclonali, plasma, immuno-modulatori, ed altre potenziali terapie, insieme ovviamente alla ricerca di base sui tanti aspetti di questo virus e della malattia che ancora non abbiamo bene compreso.

3) Meccanismo d’azione. I vaccini più promettenti al momento sono quelli che inducono la produzione di anticorpi che neutralizzano il virus prevenendo il legame tra la proteina Spike (precisamente la sua subunità S1 e, all’interno di questa, il cosiddetto ‘receptor binding domain’, Rbd) e il recettore cellulare Ace2. Ricordo che Ace2, spiega il virologo, è un ectoenzima (per la precisione, una carbossipeptidasi) che sta sulla superficie di cellule dell’epitelio respiratorio e pneumociti di II tipo, oltre che a cellule endoteliali nei vasi sanguigni. Se si blocca l’interazione tra S1-Rbd ed Ace2, il virus non può entrare nella cellula e diventa quindi incapace di replicare e di trasmettersi.

4) Perché dovrebbe funzionare. Gli studi più estesi sulla sequenza genica di S1 ed in particolare di Rbd indicano che questo virus ha una capacità di mutare relativamente bassa, soprattutto se paragonata ad altri virus come Hiv, epatite C, influenza. In altre parole, rileva Silvestri, le sequenze del virus che interagiscono con il recettore Ace2 sono ‘conservate’, il che le rende abbastanza facili da neutralizzare dagli anticorpi. “Questo è un motivo di grande ottimismo, insieme alla nota osservazione che i pazienti guariti da Covid-19 e con anticorpi Igg nel siero non sembrano ammalarsi per una seconda volta. Lo ripeto per chi non avesse capito: un vaccino contro Covid-19 dovrebbe funzionare sulla base di quello che sappiamo sulla biologia di questo virus”, ribadisce.

5) Perché potrebbe funzionare… a metà. Lo scenario più roseo, ovviamente, è quello di un vaccino che induce la produzione di anticorpi neutralizzanti contro S1 che conferiscono una protezione sterilizzante (cioè le persone vaccinate non si infettano proprio) e che dura per tutta la vita. Scenari meno rosei, ma sempre altamente positivi sono: un vaccino che protegge dalle conseguenze più severe dell’infezione, come la polmonite, ma non dalla colonizzazione delle vie aere superiori, che causerebbe un banale raffreddore (ma permetterebbe la diffusione del virus), e un vaccino che conferisce una protezioni limitata nel tempo, per esempio di 2-3 anni (e che quindi dovrà essere ripetuto ad intervalli regolari). Importante, per ovvii motivi, che il vaccino funzioni bene sugli anziani, cosa da non dare per scontata e che bisognerà valutare con attenzione.

6) Molti candidati vaccini. Mark Twain diceva che smettere di fumare è facilissimo – premette Silvestri – e infatti lui lo aveva fatto centinaia di volte. In questo senso sapere che ci sono oltre 70 candidati vaccini per Covid-19 può essere visto in modo positivo, anche se in realtà non abbiano bisogno di 70 vaccini, ma di uno che funzioni bene. In effetti tutti questi candidati possono essere raggruppati in alcune categorie di base: virus attenuati, virus inattivati, vettori a Dna, vettori a Rna, vettori virali (tipo adenovirus), e proteine o subunità virali ricombinanti.

7) Let’s move as fast as possible… E’ ovvio che la ricerca di un vaccino per Covid-19 deve marciare veloce, perché non abbiamo tempo da perdere. Per questo le varie tappe nello sviluppo di un vaccino, che si possono dividere in studi pre-clinici e clinici, vanno accelerate al massimo. Ricordo che gli studi pre-clinici comprendono le analisi in vitro e la sperimentazione sugli animali. Mentre gli studi clinici sull’uomo si dividono in quelli di sicurezza ed immunogenicità, che stabiliscono che il vaccino non fa danni e stimola la produzione di anticorpi, e quelli di efficacia, in cui si dimostra che il vaccino protegge dall’infezione o almeno dalla malattia. Per il momento diversi candidati sembrano in grado di far produrre anticorpi neutralizzanti che proteggono dall’infezione nel modello animale e presto avremo i risultati dei primi studi clinici.

8) But not faster than that. Come avrebbe detto Einstein, andiamo il più veloce possibile, ma non più veloce di quanto sia possibile andare, avverte Silvestri che, citando “l’amico Ralph Baric, che è il Maradona dei coronavirus”, illustra due potenziali problemi. Il primo è quello delle risposte immunitarie che, almeno nel caso di Sars-Cov-1, possono risultare in forme gravi di polmonite nel topo. Il secondo è quello di indurre la produzione di anticorpi che favoriscono, anziché contrastare, l’ingresso del virus nelle cellule dell’ospite. Ricordo che in entrambi i casi si tratta di segnalazioni rare ed isolate, ma il caso di Dengvaxia nelle Filippine deve farci andare con le dovute cautele, e per questo motivo, a mio avviso, non è una buona idea quella di tagliare troppi angoli.

9) E la tempistica? Predire il futuro non è facile, e ne sanno qualcosa certi epidemiologi futuristi che ci hanno letteralmente massacrato con terrorizzanti previsioni da ‘worst-case scenario’ che non tengono conto di aspetti fondamentali della biologia di questo virus. Però sulla tempistica della disponibilità di un vaccino io sto dalla parte di chi preferisce andarci cauto, e se me lo chiedono dico che ci vorranno 12-18 mesi minimo, anche se i dati che stanno arrivando dagli studi sui macachi indicano un livello tale di immunogenicità e protezione dall’infezione sperimentale che lascia presagire un ottimo funzionamento anche nell’uomo. Credo sia per quest’ultimo motivo che altri esperti tra cui Tony ‘Yoda’ Fauci hanno parlato di tempistica più rapida, e vi assicuro che se avessero ragione loro sarei felicissimo di aver avuto torto.

10) Basta con le pu…, please! I noti ciarlatani e pseudo-scienziati in servizio permanente effettivo farebbero bene per una volta – commenta infine Silvestri – ad astenersi dal propagare le loro solite menzogne nere a base di microscopi patacca, formaldeide, nanoparticelle, e compagnia bella. Sono morte oltre 300.000 persone di questa malattie e certe boiate non fanno più neanche ridere. Per cui state a cuccia, pataccari da sagra di paese, e lasciate lavorare chi certe cose le conosce sul serio.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA