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Fase 3: l’indagine, quasi 4 italiani su 10 refrattari a rispettare regole Covid

Di Redazione |

Roma, 30 lug. (Adnkronos Salute) – “Ben più di un terzo della popolazione italiana, il 38% per la precisione”, quindi quasi quattro connazionali su dieci, “trova molto difficile cambiare le proprie abitudini di vita, anche se in gioco c’è la tutela dalla pandemia”. Con queste parole Guendalina Graffigna, docente di Psicologia dei consumi e direttore del centro di ricerca EngageMinds Hub dell’Università Cattolica, sintetizza la problematicità dell’adattamento della popolazione alle regole ancora necessarie dopo la Fase 1 e la Fase 2 dell’emergenza Covid-19: indossare la mascherina, igienizzarsi spesso le mani e rispettare il cosiddetto distanziamento sociale.

La percentuale di persone riluttanti a cambiare le proprie regole di vita è molto elevata e va a incrociare variabili socio-demografiche. Questi numeri emergono da uno studio del centro di ricerca dell’Università Cattolica – condotto con un sondaggio con metodo Cawi (Computer Assisted Web Interview) su un campione di 1000 italiani rappresentativo della popolazione italiana. La difficoltà ad adeguare le proprie abitudini alla nuova normalità imposta dalla convivenza con il nuovo coronavirus è sentita maggiormente dagli uomini (43% contro il 38% medio complessivo), soprattutto se giovani (44% nella fascia tra i 18 e i 34 anni), residenti al sud e nelle isole (42%) e con un reddito di livello medio (47%). E tra coloro che vantano un titolo di studio elevato (laurea o oltre), la quota di italiani ‘in difficoltà’ sale al 49%.

Ma c’è di più. La ricerca ha incrociato il dato di base con altri fattori psicologici. Coloro che percepiscono un rischio di contagio da Covid-19 elevato, mostrano maggiore problematicità ad adattarsi alle misure di comportamento contro la pandemia rispetto alla popolazione generale, tanto che alla domanda ‘Sarà molto difficile per me cambiare le mie abitudini di vita durante la Fase 3?’ risponde ‘abbastanza vero’ o ‘totalmente vero’ il 47% degli intervistati” precisa Graffigna.

A fare la differenza è anche il livello di coinvolgimento psicologico delle persone nella prevenzione: i ricercatori di EngageMinds Hub hanno studiato e validato scientificamente un indicatore che permette di misurare il livello di proattività e coinvolgimento delle persone nella salute e questo parametro spiega anche le differenti reazioni degli italiani alle misure di contenimento del contagio da nuovo Coronavirus. Infatti, secondo lo studio, coloro che risultano avere un alto livello di ‘patient engagement’ percepiscono il cambiamento delle proprie abitudini di vita nel corso di questa Fase 3 come meno difficile rispetto alla popolazione generale, mentre coloro che sono in una posizione di basso coinvolgimento percepiscono più difficoltà nel cambiamento.

“Questa ultime elaborazioni, e in particolare il dato che attribuisce proprio alle persone più spaventate dal rischio di contagio una maggiore refrattarietà ad adottare comportamenti di protezione dal virus – continua la docente – mettono in luce la complessità psicologica delle reazioni degli italiani alle prescrizioni preventive”. In questo caso “spaventare o assumere toni troppo punitivi e severi può generare l’effetto opposto, di chiusura e di disattenzione verso il comportamento preventivo predicato. Al contrario veicolare una comunicazione valorizzante la possibilità delle persone di diventare protagoniste nella gestione della propria salute e che coltivi il loro coinvolgimento attivo nella prevenzione, può risultare più efficace”, conclude Graffigna.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA