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Leucemia mieloide cronica: malattia non più fatale

Il 90% dei pazienti è vivo a 10 anni dalla diagnosi: a rivelarlo è uno studio italiano pubblicato sulla rivista Leukemia 

Di Redazione |

Era fatale, ma oggi il 90% dei pazienti è vivo a 10 anni dalla diagnosi. E’ la leucemia mieloide cronica, di cui si registrano ogni anno in Italia oltre 1.000 nuovi casi, per un totale di 20.000 pazienti che convivono con la malattia che ora fa molto meno paura. Ma gli esperti raccomandano di non sospendere le terapie perché l’infezione da Sars-Cov-2 può essere più cattiva con i pazienti con neoplasie mieloproliferative (una famiglia di tumori del sangue) e i farmaci innovativi oggi disponibili possono aiutarli a difendersi anche dal Covid, riducendone la mortalità.

E’ il risultato di uno studio italiano pubblicato sulla prestigiosa rivista Leukemia che vede tra gli autori Alessandro Maria Vannucchi, fra i docenti del corso Philadelphia University che prende il nome dei difetti genetici del cromosoma (Philadelphia) legato alle neoplasie mieloproliferative e alla leucemia mieloide cronica. Lo studio dimostra che continuare le terapie oncologiche in corso di infezione da Sars-CoV-2 non solo non è deleterio ma può contribuire ad aumentare la sopravvivenza all’infezione di pazienti con malattie mieloproliferative.

«Lo studio ha riguardato 175 pazienti con queste malattie, che hanno avuto una diagnosi di Covid-19, tra febbraio e giugno 2020. La mortalità è risultata maggiore per questi pazienti rispetto a quella della popolazione generale, con un massimo del 48% per quelli con mielofibrosi», spiega Alessandro Maria Vannucchi, professore ordinario di Ematologia dell’Università di Firenze. «E’ emerso che la mortalità aumenta per i pazienti che interrompono la terapia con ruxolitinib, uno dei farmaci per mielofibrosi e policitemia vera».

«La molecola è un inibitore delle proteine JAK1 e JAK2, mutate nella quasi totalità dei pazienti, che di recente ha catturato anche l’attenzione di chi cerca terapie contro il Covid – aggiunge Vannucchi – in quanto favorirebbe la soppressione della tempesta di citochine che può dare un contributo importante al danno polmonare provocato dall’infezione virale. Serviranno però altri studi per capire il ruolo del farmaco nell’influenzare la prognosi dell’infezione Covid-19 in questi pazienti».

«I nuovi farmaci per il trattamento della Policitemia vera sono in grado di controllare l’eccessivo aumento della massa circolante di globuli rossi, mentre nei soggetti con mielofibrosi migliorano i sintomi della malattia e riducono l’ingrossamento della milza», spiegano gli esperti -. Il miglioramento della qualità di vita dei pazienti è evidente. Inoltre, a lungo termine, questa molecola sembra diminuire gli episodi di trombosi nei pazienti con policitemia vera e contribuire al miglioramento della sopravvivenza in quelli con mielofibrosi».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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