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Dalla moda di Parigi all'”atelier del vino” sul magico Etna

Di Maria Ausilia Boemi |

Curiosità e voglia di viaggiare hanno sempre caratterizzato Loredana Vivera: dopo gli studi al linguistico Sant’Orsola di Catania, tranne il quarto anno trascorso in Francia con una borsa di studio di Intercultura («Scelsi la Francia perché il francese era la lingua dove andavo peggio»), Loredana Vivera è partita per Gorizia per frequentare Scienze internazionali e diplomatiche. «Una scelta – spiega – dettata non tanto dal fatto di volere fare l’operatrice diplomatica, ma perché si trattava di un corso di studi molto vario che consentiva di spaziare su orizzonti ampi».

Durante il percorso accademico, Loredana Vivera fa un’esperienza con Erasmus e uno stage all’Istituto commercio estero (Ice), «il che mi ha permesso di frequentare a Parigi, dopo la laurea, un master in management del tessile e della moda all’Istituto francese della moda (Ifm), una delle migliori scuole manageriali in questo campo, attorno a cui girano realtà lavorative molto importanti. Si tratta di una scuola esclusiva, aperta a soli 50 partecipanti ogni anno da tutto il mondo, nella quale ho messo a frutto l’esperienza precedente all’Ice, dove avevo lavorato nel settore area beni di consumo, facendo uno stage a Pitti Immagine e poi a Roma nella realizzazione della manifestazione Moda Italia. Diciamo quindi che l’orientamento moda io l’ho sempre avuto, anche se non dal punto di vista creativo quanto piuttosto dal punto di vista manageriale».

Concluso il master all’Istituto francese della moda, Loredana Vivera si è trovata a lavorare da Galeries Lafayette tra la direzione acquisti e quella marketing: «Nello specifico, mi sono occupata di realizzare il book merchandiser per i 56 negozi di Galeries Lafayette in Francia. Poi, e quello è stato un colpo di fortuna, la direttrice acquisti mi chiese di immaginare un concept per una parte del piano intimo donna di Galeries Lafayette Haussmann (il loro negozio centrale): la mia idea di come rimodernare questa zona è stata accettata e mi sono così trovata a lavorare in un contesto completamente diverso e molto specifico».

Tra stage e lavoro, Loredana Vivera resta a Parigi due anni e mezzo: «A luglio 2003 sono tornata in Sicilia per le vacanze e a dicembre sono rientrata definitivamente per cominciare la nuova avventura con la cantina a Linguaglossa». Una scelta quasi azzardata e sicuramente molto controcorrente: «Fermo restando che Parigi è una città che continuo ad amare e che per me è una seconda casa, la spinta principale è stata la scelta di volere fare vino e lavorare in Sicilia, costruendo qualcosa che fosse creato da me, come la cantina. Non mi bastava più lavorare per gli altri».

Un settore nuovo, ma non totalmente: la famiglia Vivera possedeva infatti già a Corleone 18 ettari di vigneti (ai quali si aggiunge un’azienda di olio a Chiaramonte Gulfi): «Mio fratello Eugenio, che lavora con me, era tornato in Sicilia perché con mio padre avevano intenzione di costruire una cantina, quindi smettere di vendere soltanto l’uva, ma produrre direttamente il vino. Nel 2002 avevano comprato un terreno di 12 ettari sull’Etna in contrada Martinella a Linguaglossa e a luglio 2003 mi hanno proposto di unirmi a loro. Però a farmi decidere non è stata tanto la loro proposta o la voglia di tornare a casa, quanto il progetto: costruire la cantina e fare vino. La decisione di tornare è stata anche legata al fatto che non mi soddisfaceva più quello che facevo e avevo bisogno di realizzare qualcosa di mio».

Nel periodo della vacanza a casa di Loredana Vivera, ospite della famiglia c’era un enologo che venne «letteralmente tartassato di domande da me: è stato allora che ho cominciato ad avere un primo contatto con la parte vino e non soltanto con l’uva. Poi ho cominciato a comprare libri su macchinari enologici e ad approfondire sempre di più l’argomento, finché alla fine mi ci sono ritrovata un po’ incastrata: a un certo punto mi sono detta che in effetti era un bel progetto».

Mentre è in corso la ristrutturazione del vigneto, Loredana Vivera col padre si occupa della costruzione della cantina: «Partire da zero ci ha consentito di tirare su una struttura funzionale, con molti accorgimenti ripresi dai vecchi palmenti e utili per una corretta vinificazione (ad esempio il sistema a caduta), ma inseriti in un sistema moderno che potesse permettere di lavorare al meglio. Ho curato tutto: dallo studio e controllo delle fondamenta alla divisione interna delle pareti e al concetto dei colori in cantina. Per questo dico che ogni tappa della mia vita alla fine mi ha dato qualcosa che ho potuto utilizzare in seguito: Gorizia mi ha dato un’apertura internazionale, l’Ifm mi ha insegnato il concetto dei colori e di come le persone devono stare bene all’interno degli ambienti. Tutto torna e se ne traggono delle conclusioni che permettono di arricchire sempre più il percorso personale. E più sei stimolato da quello che l’esterno ti dà, più ti arricchisci e puoi contribuire a ciò che stai portando avanti».

Tra Etna e Corleone, l’azienda Vivera produce attorno alle 100-120mila bottiglie ed esporta in oltre 20 Paesi: «Il vino dell’Etna ha di speciale il territorio e la varietà (noi per il bianco utilizziamo Carricante e per il rosso Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio, quindi tre varietà di vitigni autoctoni). L’Etna come territorio, come suolo dà al vino una carica e una marcia in più dovute al tipo di composizione del terreno che rende il vino ancora più elegante rispetto ad altre zone. Tra l’altro, ogni versante, altitudine e colata lavica hanno le loro peculiarità: un mix cui poi si aggiunge la mano del produttore, che è sempre diversa e dà il tocco principale. Il vino è infatti fatto dal terroir e dall’uomo: in questo senso, l’Etna è veramente un bel territorio. A me piace moltissimo stare in mezzo alla vigna, anzi il mio rientro in Sicilia è sicuramente un ritorno alla terra e alla passione per l’uva che cresce: da questo deriva lo stato di totale benessere che provo quando sono in mezzo alla vigna, in un posto così bello come la Sicilia».

Certo, il salto da Parigi a un paese siciliano (Loredana Vivera vive ad Acireale) è notevole: «All’inizio mi sono trovata in difficoltà perché ero abituata ad avere una vita molto dinamica, specialmente dal punto di vista culturale. Ma per fortuna ho amici molto vivaci e inoltre non perdo neanche una mostra a Catania. Tra l’altro, prima di vivere a Parigi, sono stata due mesi e mezzo a New York per migliorare l’inglese: quindi, il salto è stato ancora più forte». Eppure, non si è mai pentita di essere tornata, anche perché Loredana Vivera, oltre a sovrintendere il lavoro nella vigna e per la produzione del vino etneo, cura la commercializzazione in Italia e all’estero, continuando a girare il mondo e portando ovunque il nome dell’Etna e di Corleone. Al netto dei pregiudizi.

«Anche se devo dire che adesso comincio ad avere una certa stanchezza, il fisico non sempre regge i fusi orari e soprattutto i ritmi: continuo però a pensare che gli stimoli siano molto importanti. Sono una persona molto socievole e curiosa. Anzi, forse è stata proprio la curiosità che mi ha portata a produrre vino».

Cosa consiglia ai giovani? «Non mi sono mai pentita di nessuna scelta, perché il mio principio è stato sempre di cercare di fare ciò che volevo, indipendentemente da quanto potesse essere difficile e faticoso. Ovviamente, nella mia storia c’è anche una parte fatta di solitudine e di difficoltà a vivere da sola, però per me è importante operare sempre con una grande passione. Direi allora di seguire la passione, perché è con questa, unita alla determinazione e alla tenacia, che si raggiungono gli obiettivi». Anche perché, ci tiene a sottolineare, «non è questione di soldi, ma di rimboccarsi le maniche e andare avanti come un mulo. Oggi c’è molta paura e tanti purtroppo vanno via perché sono demoralizzati e pensano che qui non ci sia futuro. Però il futuro te lo crei pure tu. L’importante è capire cosa vuoi, qual è la tua passione. Una volta raggiunta la consapevolezza, vai dritta come un treno, indipendentemente dai soldi».

Una passione che porta gioia. E lo si capisce dagli obiettivi che si pone Loredana Vivera: «Da una parte, migliorare sempre di più, quindi cercare di creare un vino – anche se sono già molto contenta dei risultati – sempre più territoriale, specifico e con una preziosità interna che crei emozione. L’obiettivo supremo, e anche più complicato, è però che la mia famiglia e coloro che lavorano con noi – tutte persone eccezionali, orgogliose di crescere con l’azienda – possano vivere con serenità e gioia. Cerco di creare un ambiente che permetta di lavorare col sorriso sulle labbra».

Una gioia che trae nutrimento dalla terra: «Mi piace vivere in Sicilia. È un posto ricco di storia, cultura, mare, montagna, natura, persone piacevoli. A me piace viaggiare, però a New York, metropoli che amo moltissimo, c’è una frenesia legata ai soldi e alla necessità di pagare l’affitto, che toglie un po’ di serenità. Credo che se più persone torneranno in Sicilia per fare e non per lamentarsi, questa Isola crescerà: questa terra ha un patrimonio talmente ricco che, se i siciliani lo capissero e fossero più coinvolti, la Sicilia avrebbe una ricchezza inimmaginabile. Spero che le cose cambino: a tal proposito, io sono ottimista».

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