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La direttrice d’orchestra palermitana apprezzata nel mondo che trova le porte chiuse nel sua Sicilia

Di Maria Ausilia Boemi |

«Sono palermitana – rivendica con orgoglio – ma sono molto dimenticata dai teatri siciliani». Eppure, Maria Luisa Macellaro La Franca non perde occasione di portare anche all’estero la sua sicilianità: «Sono ad esempio tornata da poco da una tournée in Giappone, dove ho suonato, tra l’altro, in prima assoluta pezzi del catanese Francesco Paolo Frontini per pianoforte e soprano riediti da una casa di edizione giapponese che ha ripubblicato i suoi pezzi con l’appoggio dell’Istituto di cultura italiano di Osaka». Prossime tappe, Turchia e Australia.

L’ennesima dimostrazione della validità dell’antico detto «nemo profeta in patria», tranne che per concerti per piccole associazioni di privati, come tre recenti, «finanziati però dalla Francia nell’ambito di uno scambio culturale».

       Sono palermitana ma sono molto dimenticata dai teatri siciliani.

 

Eppure la trentasettenne Maria Luisa Macellaro, di Villabate, ha studiato al conservatorio Vincenzo Bellini di Palermo, dove si è diplomata in pianoforte (studiando anche composizione e direzione d’orchestra). Ma dal 2001 si è trasferita dapprima a Zurigo per un master di 3 anni di perfezionamento e 5 come pianista e professore (ottenendo il Konzertdiplom in pianoforte e musica da camera) e poi a Bordeaux: «In Francia sono venuta nel 2004 a fare una serie di concerti e il direttore del conservatorio di Talence mi ha proposto il posto di docente di musica da camera. Siccome nella fredda Zurigo le temperature arrivavano a -14 gradi mentre a Bordeaux c’era il formaggio, il vino e il mare, ho preso la mia piccola valigia e sono partita».

Pochi giorni fa Maria Luisa Macellaro La Franca ha festeggiato i suoi 10 anni di carriera, perché la musicista fa risalire alla composizione della sua prima opera – che esordì a Bordeaux nel 2008 – il salto di qualità professionale: «Ho composto l’opera “Cantata per la morte di Falcone e Borsellino”, in onore di questi due magistrati. L’opera ha ottenuto tantissimi premi internazionali ed è stata il mio trampolino internazionale. È una cantata, quindi un’opera con una ensemble d’orchestra, coro, solisti e narratori, in 8 movimenti, messa in scena nel 2012 anche a Palermo per il Rotary club al teatro Golden. Si tratta di un’opera in italiano, latino e francese che è un omaggio ai martiri della mafia (mi è valsa intimidazioni persino in Francia) ma che per me è stata anche un esorcismo e un riscatto, visto che purtroppo vengo da una realtà di mafia: un modo non solo di rendere omaggio a Falcone e Borsellino, ma anche di lanciare un messaggio di pace e speranza, un omaggio alla mia Sicilia che mi ha un po’ abbandonata e che ho forse anch’io abbandonato».

Oltre a questa opera, la compositrice siciliana nel 2013 ha composto “Emes Symphony”, «un’opera in ebraico per le vittime dell’Olocausto, commissionatami dallo Stato francese: è una composizione molto più vasta e complessa della precedente, con opera, coro, solista, orchestra. Poi compongo piccole cose per orchestra, per musica da camera. La mia carriera si divide quindi in tre: compositrice; direttrice d’orchestra (dirigo da tre anni a Bordeaux l’Orchestra Acme, poi mi invitano spesso altrove. Ad esempio, alla Berliner Sinfonietta ho diretto la sinfonia n.9 di Beethoven); pianista, con tournée in tutto il mondo: Giappone, Brasile, Argentina, Cile, in Europa in diversi Paesi – Spagna, Italia, Svizzera, Olanda, Germania -, ad aprile sarò in Turchia, poi nel 2018-2019 torno di nuovo in Giappone in tournée e poi parto per l’Australia».

        La città di Bordeaux ha festeggiato i miei 10 anni di carriera, considerandomi bordonese, e io invece mi sento palermitana

 

Certo, con una cinquantina di concerti all’anno in giro per il mondo è complicato coniugare vita familiare ed artistica: «Sono sposata e ho una bambina di 6 anni e mezzo, Charlotte, che studia danza. Mio marito è anche lui musicista, però è più professore che concertista, quindi quando sono all’estero lui si occupa di Charlotte con i suoi genitori e, all’occorrenza, il supporto di mia madre».

Restano queste porte chiuse a Palermo, motivo di «tristezza» per la musicista, che sostiene di non avere la più pallida idea dei motivi di tale ostracismo da parte delle istituzioni musicali più prestigiose della sua città: «Ho questo grosso rammarico, soprattutto perché la città di Bordeaux ha festeggiato i miei 10 anni di carriera, considerandomi bordonese, e io invece mi sento palermitana».

Un ostracismo che si aggiunge alle difficoltà che più in generale incontrano le direttrici d’orchestra in tutta Italia: «Siamo pochissime, per lo più costrette a dirigere all’estero. È assurdo e scandaloso che donne che all’estero hanno una carriera abbastanza importante, in Italia siano semplicemente snobbate. Come strumentista, non ho mai subito alcuna discriminazione, ma la direzione d’orchestra è un po’ appannaggio degli uomini per tradizione. Stiamo cominciando adesso a cambiare un po’ la storia, però spesso capita che si parli più dell’aspetto fisico o dell’abito che si indossa (criticano il decoltè degli abiti da sera con cui dirigo, vorrebbero che ci travestissimo da uomini) che del fatto se sappiamo dirigere o meno. E ciò per me è già una forma di discriminazione, perché vorrei essere giudicata per quello che so fare e non per come appaio. È un dato di fatto che oggi non siamo al 50% in questo mestiere. E non è vero che non esistiamo, semplicemente non abbiamo la possibilità di sviluppare naturalmente e senza stress la nostra carriera. Per averne la conferma, basta prendere il programma di una qualsiasi stagione in Italia (non in America, dove invece la parità esiste), fare una carrellata delle associazioni e dei teatri e vedere quante donne dirigono: quasi nessuna».

         Si dice che la cultura non porti beneficio economico allo Stato, invece in Francia succede. I concerti sono pieni 

 

 

Il suo compositore preferito? «Direi Chopin: tra l’altro, ho scoperto che il suo assistente, che ha curato tutte le edizioni di Chopin dopo la morte e che si chiamava Julian Fontana, era di origine siciliana ed era un mio avo». Ed è a Charlotte de Rotschild, una compositrice francese allieva di Chopin, che Maria Luisa Macellaro La Franca attribuisce – con prove trovate nella Biblioteca National de France nell’edizione dei pezzi di Charlotte de Rotschild anteriore a quella di Julian Fontana – un’opera di Chopin: «Quando il compositore è morto, Fontana ha preso tutti i manoscritti che si trovavano sul pianoforte e, siccome Chopin aveva fatto delle annotazioni su questo spartito, ha pensato che fosse suo e l’ha pubblicato». In questo caso, un errore e non una discriminazione attuata scientemente nei confronti delle compositrici, come avvenuto invece, secondo la musicista siciliana, nei confronti di altre donne: «Dal 1500 circa all’inizio del ’900, ne ho contate circa 450. Ma se si prendono i libri di musica, la donna compositrice semplicemente non esiste. L’uomo le ha eliminate dalla storia».

Se le si chiede quale orchestra le piacerebbe dirigere, la lingua batte dove il dente duole: «L’orchestra sinfonica di Palermo – risponde di getto -. Io ho sempre il passaporto italiano, non sono diventata francese. Le mie origini non le dimentico, le radici non seccano mai, sono profonde. Al contrario, io porto la mia sicilianità nel mio modo di essere molto estroversa, perché è il lato della Sicilia che secondo me esce dalla mia musica. Poi, per una questione di prestigio mi piacerebbe dirigere le orchestre in Nord America, perché per me sono tra le migliori al mondo. Infine, mi piacerebbe dirigere le orchestre russe e dei Paesi balcanici: in queste nazioni, la musica ha ancora un ruolo e un posto importantissimo nella società e non è considerata soltanto un hobby. Questi sono Paesi che vivono una cultura della musica che noi purtroppo abbiamo persa».

Eppure – e la Francia se ne è accorta – la musica fa aumentare la produzione economica di un Paese: «Si dice che la cultura non porti beneficio economico allo Stato, invece in Francia succede. I concerti sono pieni e c’è una cultura della musica anche in versione amatoriale: la gente fa musica in famiglia per piacere, per apprendere uno strumento – o il canto, la danza, il teatro – e questo tipo di studente diventa poi il pubblico che va al concerto. Difficile, quindi, avere un concerto deserto, anzi spesso sono sold out. Penso ad esempio al mio debutto all’Opera di Bordeaux: tre mesi prima non c’erano già più biglietti».

      Ai giovani consiglio di spegnere Facebook e la tv e di andare di più ai concerti

 

Nonostante ciò e i successi internazionali, Maria Luisa Macellaro La Franca resta con i piedi ben piantati per terra, da buona siciliana: «Non mi reputo migliore di nessuno, né tantomeno una pianista perfetta. L’unica cosa che faccio e spero di continuare a fare è suonare in modo onesto, cioè suonare con il cuore, cercare un rapporto con il pubblico, trasmettere un’emozione. Se riesco a fare questo in un concerto, è già più che soddisfacente. Alla performance perfetta non penso che ci arriverò mai e non mi interessa neanche arrivarci: per me fare musica è condividere una bella serata con il pubblico, trasmettere i miei ideali con le mie opere e quello che provo in un determinato momento quando sto suonando un certo compositore».

Consigli ai giovani? «Spegnete Facebook e la tv e andate di più ai concerti, fate teatro, andate a danza, trovate il tempo di annoiarvi e di fare qualcosa di costruttivo per la vostra anima. Al di là della musica, tutto quello che è arte è un cibo di cui lo spirito non può fare a meno. Se si elimina la cultura, la conoscenza e la lettura dei libri dalla propria vita, si è eliminata la vita dalla vita. E ricordatevi sempre che la cosa più importante è imparare ad apprendere».

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