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L’ingegnere siciliano manager d’eccellenza all’estero

Di Maria Ausilia Boemi |

È l’unico al mondo – come sottolinea con un sorriso – che un ospedale l’ha costruito e lo dirige. Anzi, oggi dirige in Romania 4 ospedali e 4 poliambulatori per un totale di 700 dipendenti e un fatturato di 40 milioni di euro l’anno in continua crescita. E per questo è stato inserito dalla rivista Business Magazine, del gruppo editoriale Ziarul Financiar (l’equivalente del nostro Sole 24 ore), al 23esimo posto della classifica dei 100 manager più influenti di tutta la Romania. Luca Militello, 41enne di Naro, sposato con una romena (che dirige una catena di hotel a Costanza) e papà di due figlie (una di 8 anni e una di 4 mesi), è laureato in Ingegneria edile all’università di Palermo. La svolta nella sua vita è avvenuta all’età di 24 anni, appena laureato: «Il mio relatore di tesi mi propose di trasferirmi a Timisoara, nel Nord della Romania, a seguire un progetto. Un po’ con l’incoscienza di un 24enne, ho deciso dall’oggi al domani di partire: dovevo rimanere in Romania per un anno, in realtà sono qua dal 2002, cioè da 16 anni».

Dopo le prime esperienze a Timisoara come ingegnere progettista, Luca Militello dirige una società di progettazione per qualche anno. «Nel 2010 abbiamo preso l’appalto a Bucarest per la costruzione di un ospedale privato da 250 posti letto per conto del Policlinico di Monza. Finita la costruzione, la famiglia De Salvo, titolare del gruppo Policlinico di Monza (che in Italia conta 12 ospedali tra Lombardia e Piemonte), mi ha proposto di restare a lavorare con loro». Complice la crisi immobiliare che aveva colpito la Romania, Luca Militello decide di accettare «passando così, nel 2012, nel mondo della Sanità. Ho fatto un po’ di gavetta interna, occupandomi all’inizio della parte tecnica, poi della parte acquisti e, dopo un anno, nel 2013, i De Salvo mi hanno proposto la direzione generale dell’ospedale. Oggi il gruppo Spitalu Monza, che dirigo, ha in Romania 4 ospedali e 4 poliambulatori per un totale di 700 dipendenti e un fatturato di 40 milioni di euro l’anno, che raddoppia da un anno all’altro».

Un Paese, la Romania, in pieno sviluppo economico e del quale abbiamo in Italia un’opinione distorta: «Oggi l’economia in Romania va molto bene, è effervescente: c’è un Pil oltre il 4%, mentre quando in Italia abbiamo un Pil dello 0,1% facciamo i salti di gioia. Supportati da un sistema fiscale favorevole, siamo in una fase di piena crescita». La Romania che racconta Luca Militello assomiglia all’Italia del boom economico degli anni 60: «C’è entusiasmo, voglia di fare, di crescere, di non piangersi addosso ma di andare avanti. Parlo ovviamente della capitale Bucarest. Non tutta la Romania, infatti, è così: i centri rurali sono ancora arretrati, però la capitale è forse una di quelle europee dove l’economia va meglio in questo momento».

Un treno preso al volo, per caso, con l’incoscienza del 24enne, e con la consapevolezza, oggi, di avere fatto la scelta giusta perché «non so se in Italia avrei avuto spazio: a me sarebbe piaciuto rimanere in ambito universitario e sarei rimasto a fare la gavetta per 10-20 anni. Il problema più grosso oggi in Italia è la meritocrazia, si va ancora si va avanti per amicizia e raccomandazioni, mentre in Romania ho avuto la possibilità di dimostrare quello che sapevo fare e, dopo 6 anni di attività, oggi siamo il terzo gruppo di Sanità romena». Gruppo italiano, è vero, «però su 700 dipendenti sono l’unico italiano. Noi facciamo Sanità in Romania con medici romeni e per i romeni: il gruppo ci ha dato una mano perché ha il know how e fa questo di mestiere da 40 anni, però oggi qui siamo totalmente indipendenti. La famiglia De Salvo mi sostiene in tutte le scelte, ma la gestione del gruppo in Romania la faccio io».

Un ingegnere che si è reinventato manager, quindi: «In realtà, io dirigevo già la società di progettazione e management per la quale lavoravo. Certo, il settore è completamente diverso, però alla fine poco cambia tra il dirigere un gruppo di progettazione o di dirigenti che si occupano di Sanità o di medici. Il settore, poi, lo impari sul campo e io, essendo una persona molto curiosa, quando ho cominciato a lavorare in questo ambito sono andato in sala operatoria a vedere come si fa un intervento, a capire cosa è una valvola mitrale o una protesi del ginocchio anche se, ovviamente, non entro nel merito dell’atto medico».

Eppure Luca Militello tornerebbe «in Italia anche oggi, se potessi, ma so che è impossibile perché purtroppo nel nostro Paese la politica, a mio modesto parere, è governata con un’arroganza e una incapacità che è pari a nessun altro in Europa. Oggi, secondo me, purtroppo l’Italia è un punto di non ritorno. Io vengo spesso in Sicilia, perché lì ho la mia famiglia (i miei genitori, mia sorella) e me ne ritorno ogni volta piangendo perché vedo lo stato di depressione a cui si è arrivati nel nostro Paese e constato come nessuno faccia niente per cambiare le cose». D’altronde, se nessuno ha saputo valorizzare i cervelli «quando eravamo in Italia, oggi farci tornare indietro è difficilissimo».

Nonostante la nostalgia della Sicilia bruci dentro il cuore: «Mi manca il mare, prima di tutto, poi le temperature mediterranee (qua d’inverno si arriva a -20), mi manca la famiglia, potere stare al bar con i miei amici. Per questo torno spesso, perché queste piccole cose, che poi piccole non sono (e te ne rendi conto quando non le hai), le vado a trovare ogni volta che torno in Italia».

A Luca Militello non manca invece per nulla «il clientelarismo dilagante soprattutto in Sicilia, il dovere chiedere un favore per ottenere quello che è invece un diritto. Qua in Romania non funziona così: se meriti vai avanti, se non meriti resti indietro». Ed è per questo che, nostalgia a parte, l’ingegnere Militello non ha rimpianti: «Mi ritengo fortunato perché qualcuno mi ha proposto di andare in Romania quando avevo 24 anni. Poi, penso di averci messo del mio, perché se non fossi stato capace probabilmente non sarei arrivato dove sono».

E non è stato certo facile raggiungere certi traguardi ragguardevoli: «All’inizio gli ostacoli maggiori sono stati la lingua e l’ambientarsi a una cultura diversa. Tra l’altro, io sono arrivato in Romania nel 2002, a soli 10 anni dalla fine del regime comunista, per cui la situazione era sì in fase di espansione, ma ancora abbastanza arretrata. Io la Romania l’ho vista crescere, cambiare e a cambiarla sono state le persone che ci vivono».

Le maggiori soddisfazioni, da buon siciliano, «sono sicuramente le mie figlie, che sono la cosa più importante in assoluto per me. Dal punto di vista professionale, invece, l’avere creato dal nulla una realtà solida nella Sanità: il mio ospedale è di alta specialità cardiovascolare (siamo in questo il primo centro romeno) e neurochirurgica, ma non solo. E vedere un bambino che arriva malato in ospedale, operarlo – anche con l’aiuto di fondazioni interne ed esterne – e dopo 10 giorni vederlo dimesso sano e sorridente, è sicuramente la più grande soddisfazione».

Alti livelli, quindi, a testimonianza, insieme con l’economia galoppante, che in Italia abbiamo un’opinione distorta della Romania: «Idea assolutamente sbagliata, ma per colpa dei romeni secondo me, nel senso che non sanno vendere e promuovere la loro cultura. E poi non sempre emigrano in Italia i migliori. Io ho trovato un popolo che da molti punti di vista – tecnologico, imprenditoriale, culturale – è molto più all’avanguardia di noi». Un punto di forza dei romeni, per Luca Militello, è «sicuramente la caparbietà. Un difetto è non sapere trasferire quello che in realtà valgono».

Ma i difetti li abbiamo pure noi siciliani, come quello di essere «troppo sicuri di noi stessi, il che potrebbe essere un pregio in altri momenti storici, ma non nella disastrosa situazione attuale. Oggi noi siciliani dovremmo essere più umili, rimboccarci le maniche e, invece di urlare, impegnarci a fare».

Ottima invece la preparazione ricevuta in Sicilia: «Io ringrazio per due cose nella vita. Avere avuto un padre che mi ha dato la possibilità di esprimermi e di studiare; avere frequentato una università che mi ha preparato, non solo scolasticamente, ma in generale alla vita. L’università di Palermo, secondo me, è eccezionale da questo punto di vista».

Ma che effetto fa essere stato classificato al 23esimo posto tra i dirigenti più influenti della Romania? «Sinceramente mi ha molto sorpreso, perché non me lo aspettavo. Quando mi hanno detto che ero entrato nella top 100, pensavo di essere al 99esimo posto, poi quando ho visto di essere in 23esima posizione sono rimasto stupito. Ma è stata anche una enorme soddisfazione, perché essere influente nel settore sanitario mi consente anzitutto di aiutare tante persone».

Infatti, la Sanità pubblica in Romania è molto carente – «medici molto bravi, ma strutture vecchie e fatiscenti», sottolinea l’ingegnere Militello – e quella privata si paga, ma non tutti possono permettersela. E a farne le spese sono spesso i bambini: «In Romania ogni anno ci sono 800 bambini che hanno bisogno di interventi di cuore e se ne operano solo 400. Ma proprio sui bimbi la mia società ha fatto un’eccezione, scegliendo di operare pro bono anche quelli che non possono permetterselo. Per cui, quando nel 2012 da un paesino della Moldavia romena è arrivata la prima bambina di un anno e mezzo, Daria, la cui mamma per portarla a fare una visita a Bucarest ha dovuto vendere la vacca, questo ci ha toccato profondamente. Noi abbiamo curato la bambina gratuitamente, abbiamo ridato alla mamma i soldi indietro per ricomprarsi la vacca, anche perché tornando a casa doveva riprendere a dare il latte a sua figlia, e seguiamo ancora oggi Daria, che oggi ha 6 anni, visitandola ogni 6 mesi. Ed è una grande soddisfazione».

Ma cosa consiglia ai giovani italiani l’ingegnere Militello che si è “reinventato” manager della Sanità? «Ai giovani italiani consiglierei di stare lontani da quel tipo di politica che si sta facendo in Italia che è tutta apparenza e slogan, e concentrarsi sulle cose produttive: ci vuole spirito imprenditoriale, occorre sfruttare i tanti fondi europei che oggi si perdono. Consiglio loro quindi di informarsi, perché si possono fare tante cose senza chiedere niente a nessuno: se riusciamo a farlo partendo dalle piccole cose, ne veniamo fuori; se stiamo là ad aspettare il favore del politico oppure ci mettiamo in politica per avere un posto di lavoro, allora non si va da nessuna parte».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA