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Simone, stregato dalla Sicilia, apre a Modica prima cantina al mondo per affinamento del cioccolato

Di Maria Ausilia Boemi |

Modica (Ragusa) – Non è siciliano ma è rimasto stregato dalla Sicilia, tanto da decidere, a 33 anni, di lasciare il mondo della finanza per trasferirsi a Modica e produrre un cioccolato innovativo rispetto a quello tradizionale. Un cioccolato talmente buono da avere conquistato i mercati mondiali (è esportato in ben 37 Paesi) e da vincere ininterrottamente, dal 2012 a oggi, il premio “Tavoletta d’oro” della Compagnia del cioccolato, una sorta di Oscar del cioccolato in Italia. Simone Sabaini, 44enne veronese, laureato in Economia aziendale, vive in Sicilia dal 2008, dopo avere deciso di dare una brusca sterzata alla sua esistenza: nella sua “precedente vita”, aveva lavorato per quasi 7 anni in un fondo di investimento, poi a 30 anni aveva deciso di cambiare «perché avevo soddisfazioni professionali ed economiche, ma non avevo tempo per me. Decisi quindi di investire nelle due risorse del tempo e dello spazio personali», come racconta. Dalla finanza si era quindi trasferito ad Altro Mercato, grande consorzio di commercio equo e solidale, dove da direttore della pianificazione strategica dello sviluppo internazionale, aveva seguito alcuni progetti legati alla filiera del cacao. Un’esperienza che, nella fase successiva della sua vita, si è rivelata fondamentale.

Nel 2007, la svolta esistenziale: «Arrivai a Modica in vacanza, quasi per caso. Dentro di me avevo razionalmente già maturato l’intenzione di fare un ulteriore passo verso la qualità della mia vita, quindi di trasferirmi in un luogo caldo, vicino al mare, con ritmi più lenti. E proprio a Modica è scoccato il colpo di fulmine che mi ha fatto decidere: in poco più un’ora, ho sentito che questo era il luogo per me».

A stregare Simone Sabaini, dal punto di vista emozionale, è stata «la percezione di un tempo dilatato: ho avuto proprio la sensazione quasi fisica di ciò. Era una giornata assolata di luglio, avvolta nel silenzio e nella luce accecante: ho avvertito la percezione netta di una città verticale, come è Modica con la sua particolare configurazione, unita alla sensazione di tornare indietro nel tempo». Razionalmente, poi, Sabaini sostiene che «non esistono molti altri posti al mondo in cui si concentra un insieme di combinazioni così felici: la bellezza sparsa ovunque (dalla città al mare e alla campagna), la storia che si percepisce in ogni angolo, l’assenza di criminalità, grandi potenzialità imprenditoriali, un costo della vita basso». Avrebbe potuto impegnarsi in tanti settori, ma Simone Sabaini ha scelto il cioccolato «anzitutto perché Modica è molto conosciuta per questo prodotto». Cioccolato di Modica che, tuttavia, a Sabaini personalmente non piaceva: «Il che rappresentava per me uno stimolo ulteriore a mettermi in gioco, perché dietro quello che io percepivo come difetto c’era in realtà una grande potenzialità in termini imprenditoriali. Da consumatore attento, gourmet in qualche modo (nella precedente vita, con le esperienze con i produttori dell’Ecuador), nel cioccolato di Modica non trovavo caratteristiche organolettiche di un certo tipo: anzitutto, comprandolo fuori lo trovavo sempre bianco per il burro affiorato, si sbriciolava e lasciava una percezione di zucchero invadente in bocca». Sabaini in Sicilia scopre l’arcano: «Tradizionalmente – spiega – il cioccolato di Modica è stato fatto per un consumo fresco, quindi come prodotto da banco e non per un consumo a lungo termine». Sabaini risolve il problema «lavorando il cioccolato a freddo, come quello tradizionale di Modica, ma a temperature ancora più basse e per un periodo molto più lungo, utilizzando macchinari dedicati che consentono, con dei cicli termici a bassa temperatura, di stabilizzare i legami delle molecole del burro di cacao. Così il mio cioccolato per 18 mesi rimane come se fosse appena fatto: lucido, compatto, non si sbriciola. Io ritengo che questa impostazione sia l’unica che consenta di esportare questo prodotto». Un prodotto che merita il suo posto nel gotha del cioccolato: «Ritengo che abbia delle proprietà organolettiche e delle potenzialità in termini di gusto straordinarie».

Un altro aspetto fondamentale «è stata la selezione della materia prima: Sabadì – sul sito definita “il giorno che forse non esiste, il giorno in cui rallentiamo, in cui riflettiamo su cosa sia veramente importante… il giorno in cui proviamo a prenderci il giusto tempo per godere delle piccole cose” – è nata nel 2011 comprando 12 tonnellate di fave di cacao da presidio slow food, biologiche, da commercio equo e solidale dai produttori che conoscevo molto bene perché ci avevo lavorato direttamente in Ecuador quando ero in Altro Mercato. Poi niente zuccheri bianchi, ma solo di canna e integrali, né aromi ed essenze di alcun tipo: uso le materie prime agricole. Quindi nel mio cioccolato all’arancia o al limone c’è la scorza dell’agrume, non l’olio essenziale o l’aroma. È un approccio votato a valorizzare il prodotto dal punto di vista organolettico». Sabaini ha così dimostrato che il cioccolato di Modica si può vendere fuori dal territorio, conservando le sue caratteristiche a lungo termine. E con ricette rigorosamente frutto della sua inventiva: «Non potrei delegare», ammette. Non contento, nel 2015 Sabaini, innamorato di Modica, ha deciso anche «di investire nella riqualificazione dell’area del Duomo di San Giorgio: ho quindi aperto prima il nostro spazio pubblico, poi dopo due anni di burocrazia sono riuscito ad avere in concessione tutti i giardini abbandonati della scala di San Giorgio che ho ristrutturato aprendo alla fruizione della città gli Orti di San Giorgio».

E siccome senza innovazione i prodotti non reggono le sfide del mercato globale, l’imprenditore veneto stregato dalla Sicilia ha aperto la prima cantina al mondo per l’affinamento del cioccolato: «È un luogo – spiega – dove il cioccolato viene lasciato a riposare, ad affinare all’interno di elementi (erbe, spezie, fiori, resine, te, tabacchi, barrique usate precedentemente per contenere varie tipologie di alcolici). Per un periodo di tempo che va da una a sei settimane, il prodotto resta chiuso in una scatola di acciaio piena di fiori o di tabacco o di te o di spezie o in barrique. Il cioccolato assorbe così dall’elemento affinante la componente aromatica senza l’inclusione di ingrediente. Quindi ho una sorta di cioccolato profumato, grazie alla magia della migrazione della componente aromatica dall’elemento affinante verso la componente grassa del cacao».

Ultima trovata, la bibita madre, con l’intento di valorizzare la filiera degli agrumi siciliani: «Abbiamo inventato un prodotto che prende spunto dalla tradizione ma con un’innovazione importante. Io vivo in centro a Modica e ho un giardino molto grande con piante di agrumi molto produttive. Avevo agrumi in surplus e così, dalla spremuta fresca con l’aggiunta di zucchero di canna e di acqua gassata, ho realizzato preparati per bibite gassate. Ed è stato anche questo un grande successo». Infine, oltre a dare lavoro stabile a 7 dipendenti (più gli stagionali estivi), Sabaini dallo scorso anno ha avviato una collaborazione col fondo di investimento Oltre Venture, partendo dal presupposto che «io considero questa terra luogo di grandi opportunità imprenditoriali: alcune le porto avanti io nel mio piccolissimo. Ma volevo aiutare altri, soprattutto giovani che hanno fatto esperienze fuori e vogliono tornare per avviare aziende, oppure aziende che hanno idee ma non hanno capitali. Da un incontro casuale con questo fondo, che si occupa di investimenti a finalità sociale, abbiamo avviato una collaborazione in cui io segnalo o aiuto a selezionare realtà da valutare per essere finanziate».

Ma come può il consumatore capire se un cioccolato è di buona qualità? «Intanto consiglio sempre ai consumatori di leggere le etichette. Un buon cioccolato ha pochi ingredienti; sono poi importanti, oltre al tipo di zucchero usato, la percentuale e l’origine del cacao (solitamente quelli del Centro-Sud America sono superiori o quelli asiatici che sono a loro volta migliori rispetto a quelli africani, salvo rare eccezioni). Oltre a questo, conta il palato, perché il cacao può avere la migliore provenienza geografica, ma se non è ben fermentato e ben essiccato in origine perde gran parte delle qualità. Quindi per fare un buon cioccolato occorre controllare la filiera e, per controllare la filiera, bisogna comprare direttamente dai produttori sapendo come lavorano sul campo».

Un successo imprenditoriale possibile quindi anche in Sicilia: ma cosa manca a questa Isola per fare il salto di qualità? «Le cose oggettive come la carenza di efficienza e di infrastrutture ci sono in Sicilia ma anche altrove. Io non mi soffermerei su ciò. Credo che sia soprattutto un difetto di competenza, cioè servirebbero competenze più diffuse da un punto di vista manageriale, che si ottengono attraverso la formazione e le esperienze all’estero: per questo suggerisco sempre agli studenti di andare all’estero, di vedere come funzionano le cose altrove, di capire cosa accade nel mondo, per poi tornare e valorizzare il patrimonio di diversità, tradizione e cultura straordinario di questa terra. Darsi quindi un tempo limitato per uscire, imparare, anche sacrificarsi, ma con l’obiettivo chiaro di tornare e migliorare quello che c’è qui: questa è una terra dove si vive benissimo, potrebbe essere veramente un angolo di mondo perfetto. Ma a frenare la Sicilia c’è anche la propensione dei siciliani a lamentarsi, cosa che sinceramente a me non piace: invece di lamentarci, dobbiamo chiederci cosa possiamo fare noi per cambiare, perché credo che il vero cambiamento derivi soprattutto da noi e dall’esempio che possiamo dare agli altri». Se questo per Sabaini è il peggiore difetto dei siciliani, di contro il maggiore pregio è invece «l’umanità straordinaria. E dicendo questo, faccio il più bel complimento che potrei fare. Voi siciliani avete un livello di umanità molto elevato che deriva anche da una tradizione e una cultura variegate e antiche. Mi piacerebbe però riscontrare un amore maggiore per la terra, poco rispettata. A cominciare dall’immondizia lasciata per strada. Forse la matrice è la stessa: pensare che siamo noi prima di tutto a potere cambiare le cose, attraverso quello che facciamo e l’esempio che possiamo dare, piuttosto che aspettare che altri facciano per noi».

Un amore a prima vista per la Sicilia, che si rinnova giorno per giorno da 11 anni. Però Sabaini precisa: «Non mi sento siciliano, mi sento innamorato della Sicilia. Non voglio rubare la paternità o la maternità altrui: quindi mi sento molto legato a questo luogo, amo in maniera viscerale questa terra, ma quella siciliana è una cultura diversa dalla mia».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA