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«Mio nonno Raimondo Lanza di Trabia, principe affascinante, spia e seduttore. A lui Modugno si ispirò per "Vecchio frac"»

Erede di una importante famiglia nobile siciliana, la "gattoparda" Ottavia Casagrande racconta il nonno amico di Agnelli e Onassis, morto misteriosamente

Ombretta Grasso

04 Agosto 2025, 18:14

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C’è un pezzo della Sicilia nella vita della gattoparda Ottavia Casagrande. Ci sono la Palermo felicissima dei Florio, la mondanità tra castello nobiliare e Hollywood, la vita da romanzo del nonno Raimondo Lanza di Trabia, principe irrequieto, e poi amori e lutti all’ombra dell’intreccio mafia-politica

Di inarrivabile grazia, bellissima e charmant, Ottavia, nata a Chicago, cresciuta in Italia - scrittrice, regista teatrale, direttrice del Festival “Sciaranuova” - è figlia di Raimonda Lanza principessa di Trabia e nipote di Raimondo Lanza di Trabia, l’uomo al quale Modugno si ispirò per “Vecchio frac”, amico di Galeazzo Ciano, Curzio Malaparte, Gianni Agnelli (e fidanzato della sorella Susanna), Errol Flynn, Onassis, lo scià di Persia. Volontario nella guerra di Spagna, spia per i fascisti, poi per gli americani, corridore alla Targa Florio, dandy eccentrico, imprenditore, inventore del calcio-mercato (riceveva nudo o nella vasca da bagno allenatori e procuratori all'Hotel Gallia di Milano), presidente del Palermo calcio, seduttore di star come Rita Hayworth. Alla sua esistenza leggendaria Ottavia e la madre Raimonda hanno dedicato due libri di successo, una favola tragica che tocca anche palazzo Papadopoli a Venezia, proprio quello delle nozze di Bezos.

Che rapporto ha con la Sicilia?

«Sono molto affezionata all’Isola, per me è casa anche se non abbiamo più nessuna proprietà, c’è solo la cappella di famiglia. Il legame è fortissimo. Ci sono stata per tutte le estati della mia infanzia e anche i miei primi lavori sono stati qui, ho iniziato al Teatro Garibaldi di Palermo con Carlo Cecchi. Sono un’immigrata di ritorno: vivo fuori dall’Isola però lavoro tantissimo in Sicilia».

Cosa le piace e cosa non sopporta dei siciliani?

«I siciliani sono complicati, hanno un’intelligenza molto sottile e questo mi piace. Mi interessa molto la loro sottigliezza del pensiero e del ragionamento che c’è anche nelle espressioni, nella lingua, nel modo di rispondere che ha tante sfumature, sottintende tante cose sono dette».

Cosa cambierebbe della Sicilia?

«Farei sparire tutte le case che deturpano la costa, spesso costruite abusivamente, da Palermo a Trabia e fino a Messina. E’ imperdonabile avere rovinato le coste così. Ogni volta che da Menfi arrivo a Palermo vedo quello che è diventata la Conca d’oro, quanta bellezza è stata cancellata con il “sacco” della città».

I suoi ricordi d’infanzia in Sicilia?

«Passavo tutte le estati al Castello di Trabia ed era meraviglioso – racconta come in una fiaba - C’erano tutti i magazzini pieni di oggetti, di arredi, di barche abbandonate. C’era una stanza in fondo in fondo con le livree dei camerieri. C'erano bauli con vestiti settecenteschi e un armadio con tutti gli abiti di scena di mia nonna, Olga Villi, che era un’attrice. E poi la torre pericolante dove si diceva ci fosse un tesoro… Insomma, per una bambina il castello di Trabia era un parco giochi!».

Il castello Lanza di Trabia

E poi cos’è successo?

«I ladri hanno rubato il pavimento del salone da ballo, grandissimo, di maiolica verde del ‘600, con lo stemma Trabia, il leone rampante. Sono riusciti a entrare e a stare lì tre giorni e tre notti, l’hanno divelto tutto. Un trauma. Dopo il furto abbiamo smesso di andare in Sicilia per un paio di anni e poi abbiamo venduto il castello nel 2000».

Ottavia Casagrande con la madre Raimonda Lanza di Trabia

Alla sua famiglia apparteneva anche Palazzo Butera, dove vivevano i suoi bisnonni, Pietro Lanza Branciforte e Giulia Florio.

«Era in comune con i cugini Moncada e noi non ci abbiamo mai vissuto. Durante la guerra era stato bombardato, una parte era diventata una scuola. Andavo a vedere dalla terrazza i fuochi di Santa Rosalia. Massimo Valsecchi, che l’ha acquistato e trasformato in una meravigliosa Fondazione d’arte, è stato coraggiosissimo. Ha restaurato il piano nobile in modo filologico. Ha fatto un lavoro straordinario».

Lei e sua madre Raimonda avete dedicato due libri alla vita leggendaria di suo nonno, Raimondo Lanza di Trabia, principe “fascinoso e scapestrato”.

«E’ morto due mesi prima che nascesse mia madre, lei è cresciuta con il mito del padre, di cui tutti le raccontavano una folla di aneddoti. Ho capito che aveva l’esigenza di ritrovarlo così com’era, aldilà degli episodi più eclatanti. Nel 2006 abbiamo cominciato a intervistare chi l’aveva conosciuto, Susanna Agnelli, il principe Alliata della Panaria film, Gerlando Micciché, Vencesclao Lanza, tantissime persone. Poi, abbiamo ritrovato una vecchia valigia con dentro più di mille lettere della famiglia, appunti, foto, documenti ed è nato il libro».

La copertina del libro dedicato a Raimondo Lanza di Trabia

Raimondo e Galvano erano figli di uno scandalo.

«Erano figli illegittimi di Giuseppe Lanza e della nobildonna veneziana Madda Papadopoli Aldobrandini, sposata e divorziata a Fiume. La madre di Giuseppe, Giulia Florio non aveva mai voluto incontrare i nipoti. Ma i suoi figli Ignazio e Manfredi muoiono durante la Prima guerra mondiale, Giuseppe nel 1927. Non ha più eredi maschi, e quando Raimondo e Galvano arrivano a Palermo per il funerale del padre nasce questo patto scellerato: Galvano torna a Venezia con la madre e Raimondo, che ha 12 anni, resta a Palazzo Butera con la nonna Giulia che si impegna a riconoscerne il cognome».

Raimondo muore precipitando dalla finestra di un albergo romano, forse suicida.

«Un suicidio strano e in circostanze misteriose. Raimondo non va al Grand hotel dove abitava, ma all’Hotel Eden dove quel giorno del 1954 alloggia anche Enrico Mattei. L’avvocato Vito Guarrasi, figura molto discussa nella Sicilia del Dopoguerra, è l’amministratore al quale Galvano affida la gestione del patrimonio di famiglia. Guarrasi vuole usare gli asset Trabia: attraverso il feudo Polizzello ha la riconoscenza dei mafiosi e attraverso la miniera Tallarita ha i voti nel bacino di Caltanissetta. Raimondo vuole abbandonare lo zolfo, vendere la Tallarita per investire nel petrolio. Non posso dire se questa sia stata una ragione sufficiente per ucciderlo».

Ottavia Casagrande, Inge Feltrinelli, Raimonda Lanza di Trabia

Il nonno era un agente segreto.

«Nella valigia abbiamo ritrovato un passaporto falso e negli archivi militari americani e italiani abbiamo ricostruito molte delle sue missioni. C’è materiale per altri tre romanzi!».

La nonna, l’attrice Olga Villi, non parlava di Raimondo?

«Il suicidio era un tabù. Erano sposati da poco tempo, non hanno vissuto insieme molto, lui viaggiava, lei era uin scena. Nell’estate del ’54 c’è la grande festa per Onassis, il 30 novembre Raimondo muore mentre lei è in tournée. Dal fallimento ricomprammo il castello di Trabia quando mia madre aveva 18 anni. Ora è diventato un bellissimo albergo, ma io non l’avrei venduto, era nella nostra famiglia dal 1100. E’ storia».

Cosa c’è in lei di siciliano?

«Sono innamorata della Sicilia e mi sembra un amore abbastanza ricambiato. Vivo a Torino ma la nostra cucina è sempre siciliana. Nel carattere? Sicuramente un certo fatalismo».

I Florio raccontati da Stefania Auci nei suoi romanzi, e poi nella serie Tv, hanno rilanciato l’interesse per i Gattopardi.
«Quella della Auci è la storia di un self made man, una storia di grandi imprenditori e industriali, racconta ascesa e caduta di una famiglia. “Il gattopardo” è un capolavoro, penso che non venga mai sottolineato lo struggimento del principe Salina nel credere che i suoi figli non siano all’altezza della loro storia, nel non vedere un futuro nelle proprie generazioni».

Ha trasmesso l’amore per l’Isola ai suoi figli?
«Ancora troppo poco. Qualche anno fa abbiamo fatto un giro nella zona occidentale, quest’estate li ho portati con me al Festival Sciaranuova, sull’Etna. Cerco di fargli conoscere meglio l’Isola. Non può finire con me il legame con la mia Sicilia».

A BIOGRAFIA: SCRITTRICE E REGISTA, CURA EVENTI TEATRALI

Nata a Chicago e cresciuta in Italia, Ottavia Casagrande ha conseguito un Ba in Drama and Theatre Art presso il Goldsmiths College, University of London. Come regista e attrice ha lavorato nei teatri francesi, inglesi, italiani - ha iniziato al Teatro Garibaldi di Palermo con Carlo Cecchi - e russi. Con Feltrinelli ha pubblicato “Mi toccherà ballare” (2014) e “Quando si spense la notte” 2018, (vincitore del Premio Matteotti 2019), entrambi dedicati alla figura leggendaria del nonno materno, Raimondo Lanza di Trabia. Scrive per Il Sole 24 Ore, Il Corriere della Sera e Il Domani. Guida su una rivista francese e su Youtube il format “Zig Zag” con cui va a spasso per l’Europa e oltre, alla scoperta di luoghi unici e delle persone che li hanno costruiti, abitati, amati, dalla casa in Costa Azzurra disegnata e costruita da una donna straordinaria, Eileen Gray, che fu dimenticata per oltre mezzo secolo, alla prossima puntata, proprio in Sicilia, nella casa dei Piccolo di Calanovella, cugini di Tomasi di Lampedusa. Dal 2019 cura la rassegna di teatro in vigna “Sciaranuova Festival”, nella cantina di Planeta sull’Etna, che si è appena conclusa con successo.