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La “compagna” Eliana ancora in politica a 92 anni: «La mia vita da Togliatti a Salvini»

Di Alberto Cicero |

Milazzo (Messina) – “Io nacqui lì dove il sì suona, armonioso di fede e d’amore e il guardare incanta delizioso per ore il mio “io” sente pochi pregi e tanti difetti ma sempre in dolce sintonia col senso sognante della vita”.

Ritratto di donna sognante. Pennellate intense di vita: umanità, forza e generosità a cavallo tra due secoli e due – o forse più – mondi. Il “secolo breve” intenso e violento – il fascismo, la guerra, la liberazione, le lotte contadine – e un secolo ancora drammaticamente senza direzione. Se è vero che ogni vita può essere un romanzo, quella di Eliana Giorli La Rosa lo è sicuramente. E il suo ritratto – nel quale domina il colore rosso – è sintesi psicologica e antropologica. Eliana oggi ha 92 anni. Toscana di nascita e siciliana dal 1952 per impegno politico e sociale ma anche per amore del suo compagno di lotta e marito Tindaro La Rosa. Lei è stata ed è testimone e protagonista di tanta storia d’Italia. La storia non dei potenti, ma quella del popolo. Ora guarda il mare dal terrazzino della casa in cui vive in via Turati a Milazzo con il figlio Santì (custode appassionato e orgoglioso di tanta storia) la nuora e nipoti. Oltre la baia mamertina c’è quel Mar Tirreno che bagna – tanto più in là – anche la sua Toscana di cui non ha perso quella cadenza e quella “c” aspirata che la rende ancora più dolce.

Ma quella amabile dolcezza senile racchiude bene e persino nasconde la forza vera, tenace, di una donna speciale anzi, unica. Che anche oggi, coerente, indomita, ancora sognante (come in ogni momento – anche quelli più duri – della sua vita) è sugli scranni di un consiglio comunale. Piccolo, com’è piccolo Monforte S. Giorgio, 2700 abitanti. Paese che mandava le sue forze migliori a lavorare in durissime condizioni nella piana di Milazzo. Erano i tempi delle lotte contadine. Così Eliana, che accolse nella sua Poggibonsi un Palmiro Togliatti, ancora convalescente dopo l’attentato, con un rispettoso e formale “lei” ricevendone un rimbrotto che era anche lezione politica (“Non ti ricordi che sono un compagno? Devi darmi del tu !”) adesso elargisce saggezza a tanti “colleghi” consiglieri comunali un… tantino più giovani. Ma soprattutto, ancora oggi, Eliana è lezione vivente di impegno sociale. Inarrestabile. Sinora la “compagna Eliana”, da consigliere comunale… meno giovane d’Italia, ha partecipato a tutte e le sedute consiliari sin qui svolte. Che lezione…. «Non mi aspettavo di essere eletta. La mia candidatura a Monforte è stata voluta dai compagni di quel paese che si ricordavano delle battaglie di mio marito».

E come dimenticarle – le battaglie – in quella Piana di Milazzo che videro Eliana e Tindaro aiutare i più poveri, i più deboli. Sollevarli lentamente dalla condizione di miseria e sudditanza psicologica ed economica. Alleviare fatiche e miserie ataviche. Eliana era venuta in Sicilia nel 1952. Con le energie di una donna ventiseienne già temprata dalle condizioni di povertà in cui si viveva anche in Toscana prima della guerra. Formata nell’animo dalle lotte politiche e dalla resistenza vissuta come staffetta partigiana («Noi donne si andava ad ascoltare di nascosto Radio Londra e poi si tornava per riferire alla gente e ai partigiani») e dall’alluvione del Polesine che la vide in prima fila per aiutare le popolazioni colpite. Dopo la guerra venne mandata dal Partito Comunista ad aiutare i compagni di Milazzo nella difficile campagna elettorale in cui un “muro” invalicabile – prima di quello berlinese – esisteva già tra il mondo cattolico e quello dichiaratamente comunista. «Quando venni in Sicilia, nel ’52 per la campagna elettorale, mentre andavamo casa per casa a parlare con la gente, una macchina della Dc ci seguiva dandoci delle “donnacce” all’altoparlante e invitando la gente a non aprirci perché rubavamo loro i figli». Era guerra fra mondi. Dopo la liberazione dal nazifascismo adesso bisognava liberare la Sicilia, l’Italia intera, dalla schiavitù della povertà e dell’ignoranza. Affrancare la società da retaggi, pregiudizi e ostacoli di ogni sorta piazzati strategicamente sulla strada del progresso civile e sociale.

Ma Eliana non viveva di sola politica. C’era spazio anche per i sentimenti. «Dopo il viaggio in Sicilia, in cui conobbi Tindaro La Rosa, allora segretario della sezione Pci di Milazzo, iniziai con lui una fitta corrispondenza e lui per starmi vicino si fece mandare alla Scuola di Partito a Bologna. Ci sposammo nel ’54. Lo stesso anno nacque Santì e nel ’57 Rosa Elisa. Dopo sposata mi sono trovata catapultata in una realtà completamente diversa da quella in cui ero cresciuta. Oltre ai parenti di mio marito che non vedevano di buon occhio una donna sposata che faceva politica e per giunta in… bicicletta, ricordo tante cattiverie gratuite e una situazione economica non facile. Ho cercato di contribuire alle necessità familiari in un modo o nell’altro: barattando le uova delle galline, vendendo vestitini per bambini che mi inviavano dalla Toscana».

«Il fatto di essere comunisti e di non aver battezzato i nostri figli ci ha sempre attirato gli strali e le antipatie di parecchie persone. Ma mai, né io né Tindaro, abbiamo fatto un passo indietro rispetto ai nostri ideali. Mio marito, per la stima di cui ha sempre goduto come uomo, politico e sindacalista, è stato consigliere comunale di Milazzo per 45 anni e poi vicesindaco dall’89 al ’90, anno in cui si ritirò dalla vita politica». La storia politica dell’ “avvocato”, come chiamavano La Rosa per gli studi in Giurisprudenza, si era completata con il Pci – per poco più di un anno – finalmente alla guida della città. Non per una vittoria elettorale ma solo grazie all’ennesima lacerazione nella Dc. E’ una storia, questa, che ricorda tratti dei racconti guareschiani. Peppone, orgoglioso capopopolo di provincia, che si oppone con fermezza e lealtà ai don Camillo della sua vita. Tanta lealtà da riceverne l’omaggio più grande nel momento dell’addio terreno. Il feretro di Tindaro La Rosa entrò in chiesa avvolto nella bandiera rossa della vecchia sezione, falce e martello in evidenza a dare ennesima, ultima, testimonianza di fede e di impegno. L’arciprete Gaetano Modesto osservò che Tindaro «aveva vissuto la politica come impegno totale e la sua attività appassionata sapeva di religioso. E quella bandiera rossa sulla bara era il vessillo della sua fede». Era il 1993. Il muro era già caduto a Berlino e cadeva – finalmente e fragorosamente – anche a Milazzo dove Tindaro è ricordato anche con una strada.

Sogno e utopia. Nella vita s’intrecciano sino a confondersi. Come nella vita di Eliana. Che ha intitolato la sua raccolta di poesie “Il senso sognante della vita”, uscita nel 2015 a 88 anni. Versi semplici ma molto intensi che vanno dalla tragedia di Giampilieri, alla mafia, alla droga, ai migranti… Perché “sognante”? «Perché sono stata sempre una sognatrice e sogno ancora». Per il mondo una società più giusta, certo, e per sé stessa? «Magari di morire bene e di non dare troppo disturbo agli altri». Sogno e utopia. Come nell’epoca delle lotte contadine. Per le “mondine” siciliane che non stavano nelle risaie al Nord, ma in quella profumatissima Piana di Milazzo coltivata totalmente a gelsomino. «Le donne andavano a lavorare alle 2 di notte – spiega Eliana – Portando spesso nelle ceste di vimini i figli più piccoli, strappati al letto. Mentre quelli più grandi aiutavano a raccogliere i fiori di gelsomino. Le madri lavoravano con una paga da fame in condizioni disumane, nell’acqua, di notte. Io e mio marito riuscimmo almeno a far dare alle raccoglitrici degli stivali e i grembiuli e a far aprire un asilo nido per i bimbi delle raccoglitrici». La raffineria, con i suoi olezzi, prese poi per sempre il posto degli odorosi gelsomini. Il mondo cambiava sotto i suoi occhi. Oggi i nuovi diseredati sono gli immigrati. «Ci piango ogni volta che li vedo in televisione. Si buttano anche in mare per arrivare da noi, senza niente, senza documenti. E’ vero che è una questione difficile, complicata, ma va affrontata».

Eliana è donna semplice. I colori tenui delle sue campagne senesi le hanno dato sincerità e umanità. E’ cittadina onoraria di due Comuni: Milazzo e Monforte San Giorgio. «Non capisco perché: non ho fatto niente di straordinario. Sono sempre stata timida e non ho mai tenuto alla gloria. Ho solo scritto un libro…». La conoscenza di grandi personaggi, da Gianni Rodari a Renata Viganò (l’autrice del libro “L’Agnese va a morire”) a Simona Mafai (sorella di Miriam) non l’hanno resa più celebre, ma persino – se si può – più umana. E tanto sideralmente lontana dalla politica di oggi. Che comunque segue. Salvini? «Un tipo… austriaco, autoritario». Berlusconi ? «Se lo vedo spengo la tv. Ha sempre fatto solo i suoi interessi». Qualcuno da salvare? «Mi pare che Zingaretti e Di Maio siano dalla parte del popolo. Mi piaceva come sindacalista Epifani». «Ora la politica è sfilacciata, non si sente più. Siamo condizionati dai cellulari, dalla tv, dai computer. Tutti mezzi che non permettono di finire un libro perché confondono le idee». Tra poco saranno 93, gli anni. Eppure lo sguardo è sempre e comunque rivolto avanti, ai giovani. «Lasciate perdere il Grande Fratello… Bisogna studiare, e studiare anche la politica, farla. Per costruire una società più giusta». Sì, Eliana. Quello per cui val la pena di vivere e lottare. Sempre.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA