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Angelo, chef a bordo di un veliero: «Cucino per un imprenditore il cui nome è top secret»

Di Alberto Cicero |

Il Mediterraneo, un veliero da 40 metri, sei persone di equipaggio e come datore di lavoro un imprenditore italo-americano di 45 anni che dall’inizio di giugno vive salpando e ormeggiando via via a Nizza, Montecarlo, St. Tropez, Napoli, Capri, Positano, la Costa Smeralda. Il nome… ? Super segreto e inviolabile – secondo precisi accordi – manco sotto tortura. Impossibile conoscere, per evitare identificazioni indirette, anche il nome della “barchetta”.

Attorno allo chef… tutto qui. Un “lavoro” da sogno per cento giorni. Il fortunato è Angelo Scuderi, presidente della sezione catanese dell’Urcs (l’associazione dei cuochi siciliani) che da 100 giorni vive le sue giornate cucinando in mezzo al Mediterraneo. «Mi sono abituato – dice Scuderi – a dormire cullato dal mare. In navigazione cucino solo per le 7 persone a bordo. Quando siamo ancorati in una città salgono a bordo degli ospiti e quindi provvedo all’approvvigionamento e lavoro per far mangiare – spero bene – da 20 a 25 persone con grandi buffet».

In questi casi che si mangia?

«Ovviamente, tantissimo pesce. E’ molto apprezzato il tonnacchio appena scottato, con sedano, carota, cipolla; a cottura lentissima, poco aggressiva. Poi preparo un letto di melanzane e cipolla. Qualche volta ho fatto un fritto di mare, a volte le panelle palermitane».

Ma le onde interferiscono sulla cottura?

«Se c’è mare non si cucina. La barca dondola e le pentole si spostano… Meglio evitare». L’ingaggio per questa “estate da ricordare” è avvenuto col passaparola: «Avevano chiesto di conoscere il nome di uno chef a una famiglia per cui avevo già lavorato – spiega Scuderi -. Ho fatto un colloquio via skype, tre giorni di prova e… sono rimasto a bordo. Anche se ho avuto altre esperienze di lavoro del genere, in vita mia non ero mai stato così tanto tempo in mare. Col mare ho un rapporto bellissimo. Ci sono a volte imprevisti, la vita in barca è straordinaria anche se, a dire il vero, quando sono venuti a prendermi a Nizza, appena arrivato a bordo ci sono stati 4 giorni di mareggiata…».

I ricordi più particolari?

«Quando siamo passati di notte al largo dentro un banco di plancton. La fluorescenza faceva sembrare che fossimo come sospesi in aria. Poi un paio di volte abbiamo incrociato le balene… Che spettacolo!».

Tornando alla vita di cucina in barca, il suo datore di lavoro che cucina preferisce?

«Predilige sicuramente una cucina salutista. Pesce azzurro, verdura, poca pasta, materie prime molto selezionate e cotture leggere, preferibilmente al vapore con cibi appena scottati».

E i vini, resistono navigando in mezzo al mare?

«Certo. La barca ha una sua cantina molto fornita, composta specialmente da vini francesi. Di italiano c’è il Tignarello, un sangiovese di grande livello. Due steward dell’equipaggio fanno da caposala e si occupano anche di scegliere il vino giusto per il pasto».

Quando scenderà da bordo quanto le servirà per tornare alla vita di tutti i giorni?

«Pochissimo. Sto per concludere questa straordinaria esperienza e sono pronto per rituffarmi nelle faccende dell’Associazione dei cuochi. Ma… a dire il vero da metà dicembre riparto per un mese a cucinare su una grande nave ai Caraibi…».

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