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Ricerca e tecnologia? Per Salvatore Majorana (pronipote di Ettore) una sfida possibile

Di Gianluca Reale |

«Eventi come la Festa della Ricerca sono fondamentali per aprirci al mondo esterno e alle esigenze delle imprese». Ne è convinto Salvatore Majorana, catanese pronipote di Ettore Majorana, oggi direttore di Kilometro Rosso, un polo di eccellenza dello sviluppo tecnologico capace di attrarre ed aggregare nuove realtà innovative, nato a Bergamo su iniziativa di Brembo, leader della produzione di freni per automobili. Majorana si occupa di trasferimento tecnologico dalla ricerca e di open innovation. Sarà ospite della “Festa della Ricerca” organizzata da StMicroelectronics con la collaborazione dell’Università di Catania, domani a Catania, nel corso della quale saranno premiati 107 “inventori” che hanno registrato brevetti nel 2018 negli Stati Uniti, 103 di St fra i siti di Catania e Palermo, 2 dell’Università di Catania e 2 del Cnr.

Majorana, cosa dirà nel suo speech?

«Parlerò di come l’innovazione ha cambiato le nostre vite, che benefici ha apportato, quali sfide ci aspettano e quali tecnologie domani potremmo trovarci nella tecnologica quotidianità».

Cosa ci aspetta?

«Il machine learning e l’intelligenza artificiale cominciano già oggi a cambiare il rapporto uomo-macchina, quindi avremo macchine, la robotica nelle sue varie forme, sempre più presenti sia negli ambienti di lavoro sia a casa. Le macchine aumenteranno le capacità dell’uomo non solo nella comunicazione ma anche nell’interazione fisica, magari avremo degli alter ego che faranno cose al nostro posto. E poi ci sono le biotecnologie, le scienze della vita… Ed è evidente che quando si guarda a un percorso di innovazione questa interviene anche sui modelli di business e sui processi produttivi».

La sua “mission” professionale alla guida di Kilometro Rosso è collegare ricerca e impresa?

«Esatto. Il mestiere che fa chi si occupa di trasferimento tecnologico è agire come “cerniera” tra due mondi molti diversi che hanno bisogno di trovare punti comuni».

E questa “cerniera” in Italia funziona?

«Purtroppo siamo un Paese che non è impostato per facilitare lo scambio tra ricerca e impresa. Oggi i parchi scientifici e tecnologici sono luoghi in cui si può trovare più efficacemente questo tentativo. E in tutta Italia ce ne sono diversi, anche al Sud. Anche le università hanno messo in piedi uffici per il trasferimento della ricerca, ma spesso sono ancora sottodimensionati. Insomma, ancora si fa meno di quanto si potrebbe. Bisogna investire più energie, fare un passaggio culturale anche nella ricerca».

Lei è catanese, ha studiato all’università etnea: pensa sia applicabile questo modello anche qui?

«Ho fatto la maggior parte della mia esperienza di formazione professionale a Catania e ne vado fiero. Credo che nella realtà catanese ci siano le condizioni per far partire una bellissima storia di successo. Ci sono aziende come StM, Enel e Tim che hanno fatto investimenti in centri di trasferimento tecnologico e incubazione di nuove impresa, collegandosi con Università, Cnr e altre realtà. L’ateneo, tra l’altro, offre una buona formazione, anche rispetto a quella di famose università americane come Berkeley. E quando si parte da questo la chiave di volta per raggiungere il risultato è potersi appoggiare a grandi imprese. Dunque se StM ed Enel si muovono per creare poli di aggregazione colgo segnali positivi».

Su cosa conviene puntare?

«Meglio evitare di scimmiottare gli americani sulle applicazioni per il web, ma provare ad applicare tecnologia a quello che sappiamo fare meglio nel mondo: la manifattura, l’oggetto fisico. Purtroppo abbiamo una scarsa propensione a fare sistema».

Per fare sistema servirebbero anche le istituzioni.

«Hanno un ruolo fondamentale. E non serve necessariamente mettere soldi sul tavolo; a costo zero si possono creare meccanismi che restituiscano valore, ci sono modelli nel mondo che basterebbe emulare».

Un Kilometro Rosso qui in Sicilia si potrebbe fare?

«Perché non proporre a StM ed Enel di farlo a Catania? Brembo c’è riuscita a Bergamo in un contesto imprenditoriale favorevole, ma senza l’intervento pubblico. I benefici, però, poi ricadono su tutto il territorio, cosa che Pasquale Pistorio aveva già intuito tempo fa».

In realtà a Catania c’è già il Parco scientifico e tecnologico di Sicilia, partecipato dalla Regione…

«Il Parco di Catania lo conosco poco, ma resta il fatto che sono iniziative di sistema in cui gli enti di governo del territorio sono un tassello del cosiddetto modello “Tripla Elica”: Industry + Academia + Government. A questi oggi si può aggiungere anche la parola People (intesa come cittadini/membri della comunità). Se manca un ingrediente la ricetta non restituisce la pietanza giusta».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA