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Roberto, un pezzo di terra in regalo per la laurea: “Così costruisco il mio futuro”

Di Carmen Greco |

Trecastagni (Catania) – Entrando nella microscopica bottega di via di Sangiuliano a Trecastagni si viene subito “investiti” dai profumi delle piante aromatiche. È il regno di Roberto Carbone, un ragazzo catanese di 24 anni con una triennale in tasca in Scienze e tecnologie alimentari (è al 2° anno in corsa per la laurea magistrale ndr) e un futuro da imprenditore agricolo. Come regalo di laurea ha chiesto ai genitori un pezzo di terra da coltivare, inseguendo il sogno del nonno che un terreno lo aveva, a Nicolosi, dove Roberto da piccolo partecipava alla vendemmia. «Ma fare vino sarebbe stato troppo impegnativo dal punto di vista economico – ammette Carbone – e così, restando con i piedi per terra, ho deciso di coltivare e trasformare piante aromatiche mediterranee». Un progetto diventato da poco più di un anno una piccola azienda “Sari” (dal latino “xaras” poi rivisitato dal dialetto), dal nome che nella metà del Cinquecento, lo scrittore Tommaso Fazello, frate domenicano, storico e geografo documentò nel suo “De rebus Siculis” “Questa regione è piena di pietre di tufo, e di sassi arsi e ruvidi, i quali anticamente, et anchor hoggi son di continuo gittati fuori del monte Etn..

Roberto, come tanti ragazzi siciliani che si ingegnano per costruirsi un futuro, ha chiesto aiuto ai genitori per ritrovare quel rapporto con la terra interrotto con la vendita del terreno da parte del nonno. A Trecastagni, in contrada Grotta Comune, all’interno del Parco dell’Etna ha acquistato un piccolo terreno con il monte Ilice e il monte Gorna a fare da” quinte” sul versante Sud-Est del vulcano. Qui, ad un’altezza fra i 650 e i 700 metri, Roberto Carbone ha cominciato a piantare rosmarino e origano, peperoncini e lavanda, elicriso e crocus sativus, ma non tanto (o non solo) per ricavarne aromi per insaporire carne e pesce, soprattutto per fare delle confetture a base di frutti autoctoni dimenticati dell’Etna, vedi le “mele cola” abbinate proprio alle piante aromatiche che crescono sul terreno vulcanico.

«Non a caso ho deciso di acquistare un terreno sull’Etna e non alla Piana – spiega Roberto Carbone -, perché oggi l’Etna è diventato un brand a parte, da esportare all’estero, non solo per i suoi profumi ma anche per i suoi gusti, oltre al vino. Anticamente sull’Etna c’erano 18 varietà antiche di mele, fra cui le “cola”, la più diffusa fra le quattro varietà coltivate, così abbiamo deciso di fare una confettura di mele cola e rosmarino». Ma c’è anche quella di “Peperoni e peperoncino” e “Pere coscia e fiori di lavanda”, destinate ad esaltare i formaggi caprini stagionati, il pecorino semistagionato, la provola ragusana e così via abbinando e (sperimentando). Il resto lo ha fatto un amico grafico, Aurelio Viva, anche lui catanese, che ha ideato logo e packaging.

Da maggio le piante aromatiche vengono lavorate nel piccolo laboratorio di Treacstagni dove vengono sgranate e imbustate, a mano, soprattutto da mamma Marisa che, quando può, si prende una pausa dalle lezioni di latino e greco per dare una mano. «Ho sempre conosciuto il croco nella letteratura (il fiore dai cui stimmi si ricava lo zafferano ndr) e letto, in Teocrito, dei muretti a secco – sottolinea la prof. Marisa Florio – li ho letti ancora prima di vederli. Si vede che nel dna abbiamo qualcosa che fa riferimento all’Etna. Quando Roberto ci ha chiesto un terreno abbiamo detto subito di sì, anche se ad una famiglia come la nostra è costato, non diversamente da chi investe nel futuro lavorativo di un figlio che va a studiare fuori. Ma è una scelta, la sua che abbiamo apprezzato particolarmente, non solo perché crediamo che abbia delle doti imprenditoriali, ma perché l’amore per la natura, la cura, lo studio, la dedizione ad una terra da salvaguardare sono tutti obiettivi che i giovani prima e meglio di noi, si sono messi davanti. Saranno loro a fare le spese di una politica che ha straziato e continua a straziare il territorio, una risorsa che non è infinita. Ragazzi che fanno anche la scelta di restare qui per investire sul territorio, per me sono degli eroi».

Oggi il sogno di Roberto è «fare conoscere questi prodotti all’estero dove – assicura – sono ancora più apprezzati» e poi «diventare economicamente stabile, poter confermare la scommessa, potermi fare qui una famiglia, poterla mantenere» con la consapevolezza che oggi nell’agricoltura bisogna studiare. «Il consumatore – dice – è più preparato, ci sono i social, i programmi tv, le etichette più chiare…Non c’è spazio per l’improvvisazione. Penso all’agricoltura di precisione che permetterebbe di abbattere i costi, un aspetto fondamentale per il futuro ma sul quale bisogna investire. In questo momento la difficoltà, non è tanto la produzione, quanto la comunicazione e la commercializzazione, ma anche su questo sto lavorando. C’è un ragazzo che sto cercando di far rientrare a Catania, lavora alla Fao e parla quattro lingue. Lo voglio portare qui per fargli godere il silenzio di questo luogo. Certe mattine si sentono solo le api che ronzano, un suono che non ha prezzo».

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