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Speciale lente targata Catania restituisce la visione centrale ai malati di maculopatia

Di Maria Ausilia Boemi |

La maculopatia è una delle malattie oculari più difficili da curare: «Oggi – spiega il dott. Badalà – è la principale causa di cecità in Italia: è una malattia diffusa che comporta una perdita della vista centrale, nel senso che i pazienti non vedono più quello che hanno davanti a loro, ma vedono soltanto ciò che hanno di lato. Chi soffre di maculopatia, dunque, ha una perdita della visione centrale, ma ha una visione periferica che rimane intatta». Si tratta di una malattia molto diffusa e che presenta diverse forme: c’è la maculopatia senile (la più diffusa e l’unica su cui esista una casistica: solo questa forma colpisce 32 milioni di persone al mondo, in Italia interessa circa il 2% della popolazione e il 20% della popolazione over 55, equivalenti a oltre un milione di pazienti, con circa 63.000 nuovi casi all’anno), ma anche il foro maculare, la maculopatia legata al diabete, alla miopia, ad alcune malattie genetiche. Può quindi colpire a tutte le età. E finora è una malattia irreversibile, curabile soltanto in alcuni casi specifici, ma il cui decorso può essere soltanto rallentato.

La nuova tecnica, messa a punto dal dott. Badalà e dai colleghi inglesi e spagnoli, «si applica nei casi in cui esiste un danno della vista. Cosa fa questa tecnica? Il malato di maculopatia ha una perdita della visione centrale, quindi se lui guarda dritto davanti a sé non vede. Faccia conto che lei è davanti a me in questo momento e io soffro di maculopatia: io non vedo la sua faccia, ma vedo quello che accade attorno a lei nella stanza. Questo avviene perché la mia visione centrale è rovinata, ma la mia visione periferica resta buona. La nuova tecnica consiste nell’impiantare all’interno dell’occhio – con un intervento del tutto simile al normale intervento di cataratta – una lente sofisticata, EyeMax, che ingrandisce le immagini e le invia ad alta qualità sulla macula periferica. Quindi, sostanzialmente permette al paziente di vedere davanti a lui quello che prima vedeva di lato. La tecnica consiste sostanzialmente nello spostare le immagini, per cui è come se questa macchia che lei ha nella sua visione centrale si spostasse di lato. E siccome questa macchia si sposta di lato, lei riprende a vedere».

Il ritorno a una vista normale dipende dall’entità della malattia. Il dott. Badalà ha sviluppato un test con cui si riesce, prima dell’intervento, a fare vedere al paziente il risultato post-operatorio: «Le lenti finora inserite vanno benissimo, i pazienti sono felici, raccontano di un grande miglioramento della vista, soprattutto nella capacità di leggere. Chi soffre di maculopatia perde infatti la capacità di leggere, proprio a causa della perdita della vista centrale: tutti i pazienti sono tornati a leggere libri, ad avere una vita più attiva, proprio perché hanno sfruttato al meglio quella vista che era rimasta loro. Questo concetto è importante: se uno è cieco, questa tecnica non fa il miracolo di ridonare la vista, però se uno ha una macchia al centro che gli impedisce di vedere e la retina di lato funziona, ha un ottimo risultato».

A essere speciale, infatti, è la lente: «Le lenti normali producono una visione nitida al centro, ma non in periferia. Una persona sana ha la macula che funziona e le lenti normali mandano le immagini a fuoco sulla macula al centro. Una persona affetta da maculopatia, al centro non ci vede e questa lente, a differenza delle altre, manda le immagini a fuoco in periferia: così, il paziente riesce a utilizzare la macula periferica per tornare a vedere bene, perché le immagini cadono a fuoco lì». In altre parole, questo intervento non elimina la maculopatia, non guarisce la lesione, però permette di vedere meglio. E c’è anche un altro vantaggio: «Siccome nel nostro cervello esiste una plasticità molto importante, succede che se lei in un occhio ha una macchia e nell’altro ne ha un’altra – perché la maculopatia comporta una distorsione della visione centrale -, facendo l’intervento in tutti e due gli occhi, un occhio vede alcune cose, l’altro ne vede altre e alla fine i due occhi si sommano e quello che vede un occhio compensa quello che vede l’altro, con un vantaggio maggiore».

Inoltre, dopo avere effettuato l’intervento, nonostante la maculopatia nel tempo peggiori, «prima che le si abbassi la vista deve passare molto più tempo. Questo perché mentre una persona normale vede con un unico punto e se si rovina quel punto lì sorge un problema serio, siccome con questa lente i punti da cui si vede bene sono tantissimi, anche se la malattia va avanti, prima che la vista si abbassi si devono rovinare tantissimi punti e quindi passa più tempo».

Il catanese Federico Badalà, laureato in Medicina nell’università etnea e specializzato in Oftalmologia a Genova, ha lavorato per alcuni anni negli Usa (al Jules Sein Eye Institute della Università della California a Los Angeles, poi a Filadelfia al Wills Eye Hospital, uno dei tre istituti di Oftalmologia al top negli Usa), rientrando infine in Italia, dove lavora tra Milano, Roma e Catania. È stato il primo in Italia a eseguire interventi innovativi nel campo della chirurgia della cornea, della cataratta, del glaucoma e delle maculopatie e a impiantare una cornea artificiale (Cheratoprotesi di Boston). È inoltre referente scientifico dell’American Journal of Ophthalmology, una delle più autorevoli riviste scientifiche di Oftalmologia al mondo. Nel 2009 è stato riconosciuto tra gli esperti di microchirurgia oculare più importanti dalla organizzazione Who’s Who in Healthcare & Medicine degli Usa.

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