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«Ho messo l’olio siciliano e le mie mozzarelle nell’alta cucina danese»

Di Mariella Caruso |

«Non amo definirmi né come chef, né tanto meno dal punto di vista della nazionalità», ammette Puglisi che oggi è titolare di cinque locali nella capitale danese tra cui il wine bar Manfreds & Vin, la panetteria Mirabelle, la pizzeria Bæst e il bar Rudo aperto nella sede danese di Eataly. «Il tema delle diverse nazionalità – continua – mi ha seguito sin da bambino, a un certo punto ho capito che questo era un punto di forza anche nella mia cucina e che l’importante è essere se stessi non soddisfare gli altri».

Questo significa che è un po’ siciliano, un po’ norvegese e un po’ danese?

«Sono Christian Puglisi e basta, per questo sono stato attentissimo a non essere la replica di altri, sia nella vita, sia in cucina».

Non è un caso, quindi, che nei suoi locali utilizza olio siciliano…

«Sono nato in Sicilia e in me c’è la cultura dell’olio extravergine di oliva, uso il Titone biologico delle valli trapanesi e quello del Frantoio Cutrera di Chiaramonte Gulfi. Avrei potuto scegliere anche di utilizzare il burro che è un ingrediente che conosco. La mia, in ogni caso, è una scelta libera. Anche limoni e pomodori fanno parte del mio dna».

C’è altro di siciliano in lei?

«La parte siciliana è molto presente nel mio carattere e nell’approccio alla vita. Me ne sono reso conto da quando sono diventato papà, oggi mio figlio ha 5 anni».

A Copenhagen uno dei suoi ultimi progetti è “Farm of Ideas”, una fattoria in cui alleva vacche per la produzione di latte e mozzarella e coltiva le verdure per i suoi piatti. Non era più semplice acquistarli questi prodotti?

«Naturalmente sarebbe stato molto più semplice, non è certo un problema selezionare prodotti di qualità. Ma la conoscenza della materia prima è importante: sapere cosa e come si è piantato, come è cresciuto il tuo prodotto non è cosa da poco. Diverso è stato il ragionamento per le mozzarelle».

Perché?

«Tutti dicono che la mozzarella migliore è quella che si fa in Italia, quindi l’invito era acquistarla in Italia già pronta. Ma è pur vero che la mozzarella deve essere consumata fresca e questo non è compatibile con i tempi del trasporto. L’alternativa, quindi, era importare la cagliata e completare la produzione in Danimarca. A me, però, piace rinnovarmi e siccome il bello e il buono della mozzarella è assaggiarla appena fatta ho realizzato che dovevo farla direttamente io partendo dall’allevamento delle vacche: oggi ne ho 12 e produco per tutti i miei locali».

Che sono diversi fra di loro…

«Il Relae è quello più tradizionale, anche se da noi non trova spazio tutto ciò che è superfluo. Al Manfreds & Vin la cucina è più easy, ma le materie prime sono le stesse. Poi ci sono panetteria, pizzeria e il bar. È un lavoro anche gestire il personale: tra le 130 e le 150 persone».

Si sente più imprenditore o chef?

«Né l’uno, né l’altro. Anche in questo caso evito le definizioni».

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