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Aldo Aimo, il palermitano che sa prendere la Svezia per la gola

Di Maria Ausilia Boemi |

Un palermitano “ripudiato” dalla sua Sicilia ha trovato in Svezia la sua opportunità professionale, prendendo per la gola la patria dell’Ikea con le eccellenze gastronomiche italiane e raccontandone tutta la cultura che vi è sottesa. È la storia d’imprenditorialità vincente – ma solo all’estero – del 35enne Aldo Aimo che, dopo il diploma da geometra, una laurea mancata in Giurisprudenza e alcuni anni di lavori saltuari al Nord Italia e poi stabile nella “capitale” siciliana come manager per una multinazionale americana che si occupava di software postali, è stato espulso dal mondo del lavoro: «A quel punto – spiega, non senza una punta di amarezza – decisi che il mio futuro in Sicilia non avrebbe avuto sbocchi».

«Ho avuto sempre la passione per il cibo che mi è stata trasmessa in primis da mia nonna e poi da mia mamma – continua -. Le devo dire la verità: quando nel 2008 mi è arrivata la lettera di licenziamento per riduzione dei costi e riorganizzazione aziendale, ho deciso di usare la mia liquidazione investendola altrove perché purtroppo – a me dispiace dirlo perché sono italiano e siciliano – se fossi rimasto in Sicilia, la mia terra non mi avrebbe dato nulla, se non forse tramite forti conoscenze. Ma andare avanti con le conoscenze non è cosa mia: io le cose me le voglio guadagnare, non voglio regalato niente da nessuno». Da qui la decisione di investire la liquidazione in Svezia, nazione scelta da Aldo Aimo, ormai stabile a Norrköping con la sua compagna svedese, «perché mi piaceva come nazione e soprattutto come mentalità. Ho scelto la Svezia per la sua cultura, per il suo modo di pensare: qui si va avanti per meritocrazia e non per raccomandazioni. Quando sono arrivato qua, ho fatto i lavori più umili: senza vergogna, ho cercato di andare avanti, sia pure con tante difficoltà, perché qui non è il paradiso. Tra l’altro, con la forte immigrazione che c’è (soprattutto di arabi, siriani, turchi) e più recentemente con gli attentati, sono cambiate tante cose e gli svedesi sono diventati un po’ razzisti. Tutto ciò anche se è un popolo che evita lo scontro, nel senso che non è come il siciliano che alza la voce, ma tutti devono rispettare le regole e chi non le rispetta è fuori dal sistema». Una forma mentis molto lontana dall’“anarchia” che contraddistingue gli italiani e i siciliani in particolare, dovuta, secondo Aimo, un po’ al clima e un po’ al fatto che gli svedesi «vengono educati sin da piccoli al rispetto dello Stato, perché qui il welfare è lo Stato, mentre in Italia questo compito è affidato alla famiglia. Ma la famiglia, a mio parere, deve essere welfare affettivo, non economico». Mentalità a parte, anzi, altra faccia di questa stessa medaglia sulla quale l’Italia avrebbe tanto da imparare, è il fatto che, sottolinea Aimo, «qui si investe sulle persone: hanno trasformato l’immigrazione in ricchezza e sviluppo».

Ed è quanto ha potuto constatare sulla sua pelle Aldo Aimo che, arrivato in Svezia, senza conoscere una parola di svedese, ha cominciato con i lavori più umili: «Il lavapiatti, anzitutto. Ma qui non è una vergogna come in Sicilia, qui ci sono ragazze che a 22-23 anni guidano i camion dell’immondizia e sono ben pagate: il lavoro serve a creare reddito per sé e cercare di migliorare qualitativamente la propria vita». Man mano Aldo Aimo andava risparmiando e migliorando la propria condizione: «Ma è stata durissima: la Svezia non ti regala nulla. Avevo l’idea di valorizzare i prodotti italiani in Svezia, ma senza improvvisarmi importatore, come fanno tanti italiani che arrivano qua: per fare le importazioni, o anche il lavapiatti, o qualsiasi altro lavoro, lo devi fare sempre con passione. Non puoi andare a parlare di una “vastedda” del Belice senza sapere come è fatta, dove viene prodotta, quale è il suo disciplinare dop. Volevo puntare sulla fornitura di prodotti di qualità e cercare i trasmettere agli svedesi la cultura italiana attraverso queste eccellenze gastronomiche».

In altre parole, attraverso il cibo raccontare la vera essenza italiana: «Sì esatto, per tenere alto il valore dell’Italia: una nazione più bella dell’Italia io la devo infatti ancora trovare». Verrebbe da dire: peccato che ci sono gli italiani… «Mi fa rabbia – ammette Aimo – che il patrimonio che ha la Sicilia e tutta l’Italia non sia sfruttato. O forse, non si vuole che sia sfruttato». Con la sua idea, Aldo Aimo si è presentato in banca, “armato” del business plan per la sua azienda e, soprattutto, di spezie, olio, formaggi e prosciutti che vendevano in Svezia nei supermercati da mettere a confronto con le eccellenze italiane: «Ho aperto le confezioni davanti a loro e loro hanno potuto constatare la differenza. Hanno potuto toccare con mano la qualità, e qui la qualità viene apprezzata, cosa che non sempre in Italia accade. Le banche hanno allora investito su di me: io ho proposto un’idea, ho fatto un business plan e mi hanno dato i soldi, in nome della meritocrazia. Una cosa del genere in Sicilia non sarebbe mai successa, lì è tutto un discorso di favoritismi».

Da allora Aldo Aimo ha potuto mettere su la sua impresa di importazione di prodotti di eccellenza italiani, che vengono poi distribuiti in Svezia attraverso vari canali: privati, negozi, supermercati grossisti, a seconda del tipo di prodotto: «Ho cercato – spiega – di creare anche una specie di wikipedia del mangiare, di dare informazioni: la persona che mangia un buon prodotto, vuole sapere come e dove viene fatto, quali fatiche del contadino o del produttore ci sono dietro». I prodotti sono italiani – tra le altre eccellenze siciliane, origano, salvia, rosmarino, peperoncino e semi di finocchio prodotti biologicamente in alta montagna come una volta, tagliati, essiccati al sole, sbriciolati a mano e confezionati – ma per quanto riguarda autorizzazioni, barattoli, codici a barre, etichette, è tutto è sottoposto a regole svedesi. E i prodotti siciliani vanno per la maggiore, ma a una condizione: «Lo svedese associa la Sicilia al mare, alle vacanze e bisogna fargli capire che il prodotto è coltivato a mano nell’Isola: una volta che uno glielo spiega e lui può confrontarlo col prodotto che si vende qua, allora capisce».

Ma attenzione, non basta all’Italia produrre eccellenze gastronomiche se poi l’azienda produttrice in questione non possiede una macchina organizzativa efficiente: «Ad esempio, io importo la mozzarella dal caseificio Roberti, che è una delle eccellenze italiane: questi hanno una organizzazione da paura, non sbagliano un colpo, fanno i trasporti aerei e io fornisco qua dai 350 ai 400 chili di mozzarella di bufala alla settimana. In altri casi, invece, non succede: le faccio l’esempio di un produttore di pasta siciliano che, contattato da me, non sapeva da che parti girarsi. Pur essendo il suo un prodotto eccezionale, non sono riuscito a importarlo perché non era in grado di confezionarlo in modo che la pasta arrivasse intatta. Solamente i produttori svegli e capaci di lavorare con l’estero vanno avanti in Sicilia…». Otto i collaboratori che lavorano nell’impresa di Aldo Aimo, che non pensa minimamente di tornare in Sicilia: «Mi piacerebbe tanto che la Sicilia fosse come la Svezia, ma questo è un sogno irrealizzabile. La cosa che mi fa rabbia è che quella siciliana è una mentalità che non cambierà mai: o la si accetta com’è o si va via. Io ho scelto di andarmene, perché sono incompatibile con quella mentalità: qui le banche hanno investito su di me, in Sicilia non sarebbe mai accaduto».

Cosa consiglierebbe ai giovani? «L’unico consiglio è di fare quello che vi piace, non fare una cosa tanto per farla: sì, se siete costretti a fare un lavoro per guadagnare dei soldi e tamponare una situazione economica, fatelo, ma cercate di realizzare i vostri sogni. Sia pure con grande fatica, chi persevera nella vita ci riesce. Io ho perseverato e adesso ho un minimo di popolarità. Certo, ho faticato tanto per ottenere questo. Sì, direi che l’unico consiglio che mi sento di dare ai giovani è di cercare di realizzare i loro sogni, di non farsi condizionare e di non accettate favoritismi da altri, perché è bello potere dire: io non devo favori a nessuno, mi sono fatto da solo. Ripeto, sia pure con tantissima fatica». Fatica indiscutibile a parte, resta il fatto che la Svezia offre opportunità ai suoi immigrati: «La Svezia investe sulla persona, se vede che quella persona è seria. Ma attenzione, qui non è il paradiso: per stare qui, lo Stato vuole vedere che ti sai mantenere, che non sei a carico del sistema sociale. Certo, se perdi il lavoro, qua lo Stato ti aiuta a trovarne un altro, non ti pignora la casa, non ti manda via: blocca la situazione – cosa che in Italia non accade -, ti blocca i pagamenti e ti aiuta a trovare lavoro. Ma devi dimostrare di volere lavorare e produrre».

Nessun paradiso svedese, dunque, ma di tornare in Sicilia per Aldo Aimo non se ne parla nemmeno: «Per tanti motivi: sarebbe anzitutto come retrocedere; poi, io qua sono stato apprezzato per le mie idee, in Italia no. Qua hanno valorizzato il mio pensiero imprenditoriale, in Sicilia no: magari se fossi stato figlio di qualche banchiere…». Certo, spiace l’amarezza sulla Sicilia che Aldo Aimo si porta dentro: «Capisce bene che io ho tentato, ma si lotta contro muri di gomma. La vita è una e non me la posso rovinare». Anche perché l’assurdità è che Aldo Aimo, “espulso” professionalmente dall’Italia, adesso che è imprenditore di successo in Svezia, viene richiamato in Italia per collaborare col Belpaese, come esempio fulgido di eccellenza italiana: «Collaboro molto con l’Ice (Istituto per il commercio estero), mi hanno invitato in Sardegna, a Milano, in Piemonte, a Venezia, in rappresentanza della Svezia. Mi chiedo: è mai possibile che uno debba emigrare, essere valorizzato all’estero per essere poi da lì richiamato in Italia? Capisce che tutto questo è assurdo?».

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