Allevatrici e casàre, la tenacia e il coraggio delle "pastoresse" di Sicilia
«Sono delle eroine che lottano ogni giorno»
«La presenza della donna nell’attività zootecnica, c’è sempre stata. Solo che in passato la donna accompagnava il proprio compagno nelle attività produttive e, al massimo, le veniva assegnato il compito di lavorare il latte. Oggi, chi sceglie di fare questo mestiere lo fa come scelta di vita».
Salvatore Bordonaro, professore associato di Zootecnia generale e miglioramento genetico al Dipartimento di Agricoltura Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania, di donne-pastore ne parla ai suoi studenti. «L’anno scorso ho proposto loro il libro di Marzia Verona, una piemontese che dopo aver scritto “Storie di pascolo vagante”, sulla vita delle donne-pastore, ha deciso di fare questo mestiere. Piemontese, laureata in Scienze forestali e ambientali, fare la pastora non era l’idea di partenza, ma ha scoperto che fare quella scelta di vita, una scelta coraggiosa, la portava verso una nuova consapevolezza, verso una vita diversa dall’abitudinario».
In Sicilia le “pastore” sono un fenomeno recente?
«In questo senso sì, anche se non non in modo così vistoso, se non altro perché prima non c’erano i media che trasferivano questo tipo di messaggio. Poi, in certe aree della Calabria, nell’entroterra messinese o negli Appennini centrali, ci sono sempre state donne che hanno fatto questo mestiere in prima persona».
Ma c’è qualcosa di più di un “lavoro” nelle parole di Rossella Calascibetta e Asia Scorpo...
«Pascolare il gregge è stato sempre una cosa molto faticosa, soprattutto in territori montani, difficili, zone in cui c’è sicuramente meno comfort e stare fuori tutto il giorno non è cosa semplice. Vedere, quindi, oggi queste giovani donne che hanno deciso di fare le pastore, è una scommessa ancora più forte. Dal punto di vista antropologico possiamo dire che sono veramente delle eroine, tanto più che nessuna delle due ha alle spalle una tradizione familiare».
La loro scelta contribuisce anche a far rivivere certi territori?
«Non c’è dubbio che la presenza in alcuni posti di queste donne non toglie niente a nessuno, semmai aggiunge, perché si tratta sempre di territori a vocazione pastorale e allevatoriale. La presenza della donna- pastora, corrisponde al ruolo di “custode” del territorio e delle sue tradizioni. Senza considerare che anche gli animali hanno una funzione forte per la conservazione di queste zone dal punto di vista idrogeologico, soprattutto in un momento in cui emerge tutta la fragilità dei territori. Continuare a fare attività zootecnica in questi contesti, significa anche preservare l’ambiente. Queste donne lo fanno, e lottano ogni giorno, malgrado le difficoltà, malgrado tutto».