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Teatro, a Roma debutta il “Majorana Show” ispirato alla misteriosa storia del grande fisico catanese

Di Redazione |

ROMA – Debutta il 6 marzo (con repliche sino all’8) al Teatro Ciak di Roma “Il Majorana Show”, lo spettacolo scritto da Claudio Pallottini liberamente ispirato alla vicenda del grande fisico catanese Ettore Majorana. Sul palco Andrea Bianchi, Edoardo Baietti, Sebastiano Colla, Roberto Della Casa, Luigi De Martino, Andrea Giuliano, Stefano Messina, Claudio Pallottini, Cristina Pellegrino, Cristina Pensiero, Carlotta Proietti, Marco Simeoli. La regia è di Marco Simeoli, la supervisione artistica di Gigi Proietti. Le musiche sono di Stefano Fresi.

Il palcoscenico, trasformato in uno studio televisivo, ospita un famoso talk show. Sotto le direttive e le domande incalzanti di un conduttore ai suoi ospiti, otto personaggi, ovvero Enrico Fermi, Edoardo Amaldi, Augusto Bocchini capo della Polizia, uno storico, uno psicologo e altri, coadiuvati da contributi video, telefonate e domande in studio e da casa, ricostruiscono la vicenda e la personalità di Ettore Majorana.

Nel marzo del 1938 Ettore Majorana s’imbarca sul postale Napoli-Palermo, dopo aver espresso in due lettere il proposito di suicidarsi. All’età di 32 anni, è il fisico più geniale della sua generazione, quella di Fermi, sotto la cui direzione ha studiato, di Amaldi, di Rasetti e di Segré, i ragazzi di via Panisperna. E’ ordinario all’Università di Napoli e i maggiori scienziati dell’epoca ne ammirano le straordinarie qualità speculative. Di indole solitaria, scontroso, riservato, il giovane Majorana ha, a detta di tutti, le doti per arrivare a scoprire i segreti nascosti del nucleo degli atomi radioattivi. E forse, addirittura a scoprire come innescare quel processo inarrestabile e devastante che è la bomba atomica.

Ma alla vigilia di questa scoperta, o forse, immediatamente dopo, nessuno lo potrà mai dire con esattezza, Ettore Majorana, decide di farla finita, di scomparire dal mondo, di abbandonare la scienza. Meglio ancora, di abbandonare la strada che la scienza ha intrapreso e che lui stesso nel suo ultimo scritto definirà: «Una brutta strada, senza ritorno».

Imbarcandosi sul postale o fingendo di imbarcarsi, Ettore Majorana si dilegua dalla storia, facendo perdere le sue tracce e lasciando dietro di sé uno dei misteri più appassionanti e avvincenti del novecento. Una scomparsa o suicidio che fa sorgere allora, come ancora oggi, domande e interrogativi pressanti. Qual è il ruolo della scienza? Quale quello degli scienziati, dei tecnici e degli intellettuali? Fino a dove è lecito inoltrarsi nello studio e la sperimentazione. La scienza deve porsi dei limiti oltre il quale non è più lecito andare? Domande che lo spettacolo pone in risalto riuscendo ad essere, al di là di un fatto teatrale, un momento di riflessione profonda e matura.

«Lo spettacolo nasce da tre stimoli concomitanti – ha spiegato Claudio Pallottini – la lettura de “La scomparsa di Majorana” di Leonardo Sciascia e delle tante biografie del fisico catanese, il dibattito scienza-etica e l’osservazione del linguaggio televisivo. Partendo da questi tre stimoli – ha aggiunto – il primo passo è stato costruire un contenitore televisivo, (“Chi l’ha visto?”, “Porta a porta”, “La storia siamo noi”, “L’Italia in diretta”) che si qualificasse per alcune caratteristiche inclinazioni. L’inclinazione a mischiare il reale col virtuale, per esempio, l’informazione col pettegolezzo, la cultura con la sottocultura, l’inchiesta con lo scoop, vero o presunto, la storia con la cronaca, la testimonianza col piano bar». 

«Il passo successivo – ha proseguito Pallottini – è stato inserire in questo frullatore informativo un argomento serio, problematico e inquietante, come appunto, la scomparsa di Majorana, ed assistere alla progressiva trasformazione di genere del tema inserito. Lungi dall’essere noioso o didattico, il Majorana show è uno spettacolo per tutti. Divertente nelle battute, travolgente nel ritmo, leggero nei toni, che farà scoprire al pubblico un nuovo genere di teatro».

«Un ibrido con continue interferenze tra commedia, cabaret, teatro di narrazione e di documento. Un genere dal sapore curioso, non riassumibile in una definizione precisa, anzi, soggetto a continui sconfinamenti e ribaltamenti di tono, governati da attori con un sicuro centro di gravità. Il tutto, però, a servizio del tema sempre attuale e per il quale il testo è costruito – ha concluso Pallottini – Ovvero l’eterna domanda su quale debba essere e se ci debba essere un limite alla scienza e allo studio dello scienziato».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA