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Anche le stelle del jazz oscurate dal Covid: ma per i piccoli concerti una soluzione c’è

Di Giorgia Lodato |

Non è solo il mondo dei grandi eventi, dei concerti negli stadi o nei palazzetti, a risentire delle conseguenze del virus. C’è un altro mondo, che ha un’altra dimensione rispetto ai grandi concerti, ma pur sempre vivo e movimentato, che sta accusando il colpo della crisi dovuta al Covid-19. Ed è quello del jazz.

Dopo aver analizzato, insieme ad alcuni dei suoi protagonisti, i problemi che il settore dello spettacolo dal vivo si sta trovando ad affrontare a causa dell’annullamento o dello slittamento delle date previste per questa stagione e le incognite a cui va incontro quando si pensa alla ripartenza, ci confrontiamo con un altro tipo di musica. Alle prese, però, con le stesse problematiche.

Basti pensare che per il 2020 c’erano in programma una decina di concerti prodotti da Giuseppe Costantino Lentini di Inside produzioni, realtà che negli ultimi due anni ha organizzato i concerti di jazz al teatro Stabile di Catania. Tra cui quello di Chiara Civello e Rita Macotulli, in programma per il 15 marzo e posticipato a data da destinarsi. Per non parlare di quelli “extra” commissionati dai Comuni. «In questo momento più che mai bisogna fare squadra – ripete più volte Lentini – istituzioni e privati dovrebbero stare più uniti possibile e non dividerci in serie A e serie B, altrimenti non andiamo da nessuna parte. Facendo un unico cartellone – chiarisce – possiamo raggiungere degli obiettivi comuni, gestendo ognuno la propria parte ma facendo sentire la nostra voce a livello regionale e nazionale».

Si parla di almeno un anno di fermo, e anche se questi eventi sono spesso su abbonamento e non prevedono quindi un’enorme affluenza di pubblico, non è comunque facile pensare di ripartire. «C’era stata un’ipotesi di anticipare la ripartenza con i posti alternati per distanziare gli spettatori. Ma obiettivamente, facendo un calcolo di impresa, ci siamo accorti che avere posti a sedere ridotti agli stessi costi di gestione non sarebbe conveniente». E poi si perderebbe il piacere della condivisione, dell’abbraccio, dell’emozionarsi insieme, dell’applauso all’artista. «Suggerirei, in questa fase, di non avere troppa fretta di ripartire, anche se ognuno di noi ne ha voglia. Ma la fretta non è mai una buona consigliera. Bisogna attendere, vedere l’evolversi degli eventi e le giuste soluzioni verranno fuori».

«La situazione è gravissima per tutti e noi non facciamo eccezione – fa eco Pompeo Benincasa di Catania Jazz -. Abbiamo due stagioni jazzistiche, a Catania e a Palermo, e c’erano ancora 13 concerti in programma». «Da quello che si intuisce – dice – non sarà possibile riprendere l’attività nei teatri fino a dicembre e anche in quel caso si dovranno rispettare comunque le misure di distanziamento sociale. Credo che il post coronavirus sarà peggio della situazione attuale, il distanziamento comporterà la riduzione a un terzo delle capacità dei teatri. Un teatro come l’ABC, per esempio, che fa 850 posti, si ridurrebbe a un teatrino di 280 posti. Senza considerare l’aumento dei costi dovuti alla sanificazione e alle misure di sicurezza e la grande incognita del pubblico, che dovrebbe accettare di andare a teatro in una situazione del genere».

Riprendere sarà difficile anche dal punto di vista tecnico logistico, soprattutto per chiunque aveva stagioni in abbonamento. «Abbiamo mille abbonati, ma con i posti ridotti bisognerebbe affittare la sala per tre sere, con tutte le conseguenze che ne derivano. Credo quindi che dobbiamo accettare l’idea di riprendere tutto nel 2021, non ci sono margini per lavorare quest’anno».

Anche se, una soluzione estiva, in effetti potrebbe esserci. «Visto che il pubblico non può venire da noi abbiamo pensato – con la collaborazione dei Comuni – di andare noi dal pubblico, in luoghi all’aperto come cortili del centro storico, grandi condomini o spiagge. La gente potrebbe assistere agli spettacoli dal balcone o dalla porta di casa. Questo è una specie di anno sabbatico per lo spettacolo italiano – aggiunge Benincasa – e le ferite saranno talmente grandi che le istituzioni dovranno decidere se vogliono che questo settore sopravviva o meno».

Quattro spettacoli per ogni weekend – tutti sold out – nel cartellone della Fondazione the Brass Group, che quest’anno avrebbe portato al Real Teatro Santa Cecilia di Palermo artisti come Billy Cobham, Christian Tumalan, Ron Carter, Bianca Gismonti, Raul Midon, Desirèe Rancatore, Trijntje Oosterhuis, Laila Biali, Gregory Privat. Dalla Fondazione, però, quasi in controtendenza arriva un messaggio di speranza, di ottimismo, di incoraggiamento. Oltre ad aver lanciato alcune iniziative come la Scuola Popolare di Musica, che propone lezioni online rivolte non solo ai propri allievi, ma anche a tutti coloro che desiderano avvicinarsi al mondo del jazz suonando uno strumento che sia il piano, la tromba, il canto, il sax o la batteria, e la “Brass webTV”, attraverso cui chiunque potrà assistere ai concerti di artisti come Patti Austin e immergersi a 360° nel mondo del jazz con interviste, approfondimenti e rubriche, il Brass ha già pronto il cartellone della stagione concertistica “Brass in Jazz 2020-2021”, i cui concerti saranno disponibili anche in streaming.

«I Brass della Fondazione sono pronti e scalpitano per riprendere l’attività concertistica – afferma il Maestro Ignazio Garsia, presidente della Fondazione. Stiamo predisponendo una serie di iniziative per l’estate, se la Regione darà il via libera, sfruttando non solo le sedi della Fondazione ma anche i bellissimi teatri di pietra siciliani, da Segesta a Selinunte, dalla Valle dei Templi a Tindari, fino a Catania, Taormina, Siracusa, Morgantina».

Sembra possibile, quindi, riprendere l’attività teatrale con piccole ensemble, pubblico distanziato e solisti siciliani o nazionali. «Sarà un’estate d’incanto e la gente potrà venire in Sicilia, che sarà una delle poche regioni, forse l’unica, a poter offrire un turismo di altissimo livello».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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