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La nuova PAC è un’eurofollia

Redazione La Sicilia

18 Dicembre 2025, 11:48

La nuova PAC è un’eurofollia

La proposta della Commissione europea per la nuova Politica Agricola Comune (PAC) 2028-2034 è semplicemente irricevibile. Un’eurofollia che vede la Sicilia in prima fila nel contrasto di politiche dannose per la nostra agricoltura. L’Unione Europea vuole ridurre del 22% la dotazione finanziaria della Politica Agricola Comune: tagli indiscriminati e inaccettabili che vanno a colpire l’intero comparto e minano la nostra sovranità alimentare.

La proposta prevede una dotazione complessiva di circa 300 miliardi di euro. Si tratta di una riduzione di circa 86 miliardi rispetto all’attuale periodo di programmazione 2021-2027, in cui la PAC dispone di circa 386,6 miliardi di euro complessivi. Numeri tristemente eloquenti, ma c’è di più.

La proposta di un fondo unico nazionale al quale vengono assegnati la dotazione e le misure dei fondi strutturali europei, compresi quelli agricoli, è un altro tassello di un disegno complessivo profondamente sbagliato. Il superamento dell’attuale struttura a due pilastri per farli confluire in un unico fondo all’interno del bilancio dell’Unione sarebbe un colpo durissimo per agricoltori, imprese e territori, che non possono continuare a pagare le conseguenze di decisioni sbagliate prese a Bruxelles.

Si rischia concretamente che la PAC possa diventare diseguale tra Stati membri. Gli agricoltori (già penalizzati dalla concorrenza sleale dei paesi terzi) perderebbero centralità, parliamo di un cambio di paradigma completo; si perde il concetto di aiuto diretto "al reddito" e si aggiunge una burocratica "gestione nazionale" della quale non c’era alcuna necessità. Disastri che costringeranno le finanze pubbliche degli stati nazionali a dovere mettere mano al portafoglio.

Secondo le prime stime, l’Italia potrebbe dover aggiungere di tasca sua fino al 22% della propria dotazione PAC prevista dalla bozza di bilancio solamente per confermare il sostegno attuale alle aziende agricole: una follia.

Rivedere la Pac avrebbe dovuto semmai significare mettere mano a tanti lacci e lacciuoli che rendono il sistema farraginoso e inutilmente complesso. L’accesso ai fondi della PAC, infatti, è subordinato a standard ambientali, regole agricole e vincoli amministrativi molto stringenti, che rendono onerosa la gestione aziendale e penalizzano gli agricoltori piccoli o con capacità tecniche limitate. Servirebbe maggiore semplificazione e meno burocrazia.

Un altro campo di intervento riguarda la sovranità agricola limitata. Le politiche comunitarie imposte dai burocrati di Bruxelles vincolano gli Stati membri e riducono la capacità nazionale di decidere autonomamente le strategie agricole, le priorità produttive e le normative colturali. Che dire poi delle tanto celebrate politiche green pensate da chi non ha alcun rapporto con la realtà ma si nutre di ideologia? Le direttive verdi impongono pratiche agricole (rotazioni, limiti chimici, aree di non coltivazione) che riducono la libertà tecnica e produttiva degli agricoltori.

Le politiche ambientali portate avanti dalla Commissione rischiano di ridurre l’offerta interna, causando un aumento significativo dei prezzi ed impatti negativi sulla produzione in regioni con condizioni ambientali “sfavorevoli”.

È il quadro di insieme a rappresentare un’eurofollia. Basti pensare al nuovo Quadro Finanziario Pluriennale (MFF) che disciplina la spesa dell’Unione puntando sugli armamenti mentre sottrae risorse a coesione e agricoltura con un rischio di centralizzazione fiscale. Il nuovo MFF rischia di diventare uno strumento volto a costruire un superstato europeo centralizzato. Bisogna difendere la sovranità fiscale e impedire che le nuove risorse proprie diventino tasse europee mascherate.

Sul versante del libero commercio non va meglio. L’apertura indiscriminata dei mercati ha esposto agricoltori e industrie europee a una concorrenza sleale da parte di paesi terzi, spesso privi di regole ambientali, sociali e sanitarie comparabili. La nostra sovranità alimentare è a rischio. Accordi come il Mercosur rischiano di aprire la strada a carne e soia prodotte senza standard ambientali, penalizzando gli agricoltori italiani.

A tutto questo la Sicilia dice un netto "no". All’Europa della concorrenza sleale e della carne sintetica preferiamo quella del lavoro e dei territori.