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Palermo calcio, non fu corrotto il giudice che evitò il fallimento

Di Redazione |

PALERMO – La Cassazione ha annullato senza rinvio i provvedimenti del gip e la decisione del tribunale del riesame di Caltanissetta adottati nei confronti del giudice Giuseppe Sidoti, il presidente del collegio chiamato a decidere sulla richiesta di fallimento della Palermo calcio. Sidoti era accusato di corruzione propria poi derubricata in corruzione impropria: avrebbe accettato regalie (biglietti per lo stadio e altre utilità) per pilotare l’esame del caso in modo da evitare il fallimento. E lo avrebbe fatto senza violare comunque i doveri d’ufficio, ha poi stabilito il riesame.

Ora i giudici della Cassazione hanno eliminato anche questa ombra. Hanno infatti accolto la tesi dei difensori di Sidoti, gli avvocati Monica Genovese e Matias Manco, secondo cui non ci fu alcuna corruzione. La decisione mette così in discussione tutta l’impalcatura dell’accusa.

La difesa ha eccepito, tra l’altro, l’inutilizzabilità dell’intercettazione sul conto del giudice, da cui è nata l’inchiesta: Sidoti avrebbe dato legittime informazioni al suo interlocutore, il legale del Palermo, Francesco Paolo Di Trapani. Secondo la Cassazione, è una prerogativa del giudice dare indicazioni proprio per evitare il fallimento.

Sidoti, sospeso dal servizio per un anno poi per sei mesi, potrebbe tornare in servizio. Resta comunque indagato per corruzione, abuso d’ufficio e rivelazione di notizie riservate. Nell’inchiesta sono coinvolti l’ex presidente della società rosanero, Giovanni Giammarva, e il patron Maurizio Zamparini. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA