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Il veto di Buffon al ritorno di Mancini e la scelta di Gattuso tra le divisioni interne: cosa succede alla Nazionale

Le tensioni dietro la scelta affidare gli azzurri ad un quartetto inedito: Cesare Prandelli come coordinatore, Rino Gattuso, Andrea Barzagli e Leonardo Bonucci come staff operativo

Redazione La Sicilia

14 Giugno 2025, 19:21

Il veto di Buffon al ritorno di Mancini e la scelta di Gattuso tra le divisioni interne: cosa succede alla Nazionale

Il nuovo corso della Nazionale nasce nel segno dell’improvvisazione e delle tensioni interne. La Federazione ha deciso di affidare la guida tecnica a un inedito quartetto: Cesare Prandelli come coordinatore, Rino Gattuso, Andrea Barzagli e Leonardo Bonucci come staff operativo. Una formula inedita e discontinua, affidata a tre figure attualmente senza squadra e con profili tecnico-gestionali ancora tutti da consolidare.

Dietro questa scelta non c’è una visione, ma un equilibrio politico precario. Una parte consistente dello spogliatoio – incluso alcuni dei senatori – aveva espresso il desiderio di rivedere Roberto Mancini sulla panchina azzurra, individuandolo come unica figura in grado di ricostruire autorità e coesione dopo il declino degli ultimi mesi.

Ma il ritorno di Mancini è stato bloccato da Gigi Buffon. L’ex portiere, oggi capodelegazione con poteri di fatto crescenti, ha posto un veto netto, arrivando – secondo più fonti – a minacciare le dimissioni in caso di reintegro dell’ex CT campione d’Europa. E la Federazione, invece di comporre le fratture, ha scelto di seguirlo.

Resta ora da capire chi si assumerà la responsabilità di questo azzardo. Il trio tecnico non ha pedigree internazionale, Prandelli sembra una figura di raccordo più che di comando, e i prossimi impegni – seppur abbordabili – non permetteranno di nascondersi a lungo. I giocatori dovranno rispondere sul campo, ma è evidente che lo strappo interno non è stato ricucito. Chi metterà davvero la faccia con questo assetto?

 E sullo sfondo, ancora una volta, la figura di Gabriele Gravina. È lui il regista silenzioso di un puzzle senza logica, l’artefice di una gestione che da anni si regge su equilibrismi, nomine personali e cortocircuiti tra politica e sport. La Nazionale, anziché essere ricostruita su basi solide, viene affidata a un compromesso tra ex compagni e vecchie conoscenze, in un clima da ultima Repubblica del calcio. E l’Italia rischia di pagarne, ancora una volta, il prezzo più alto.