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L'Alidea campione d'Italia: "Quel giorno io c'ero, ma ero lì per lei e non per lo scudetto"

Il ricordo di quel giorno memorabile che suggellò, come viene raccontato nel libro di Tiziana Pizzo, "Quella stagione perfetta"

Fabio Tracuzzi

09 Dicembre 2025, 21:55

La squadra dell'Alidea 45 anni dopo

Come si fa a dire di no al capo della redazione sportiva de La Sicilia? Impossibile. Io in quella redazione, giornalisticamente parlando, sono nato e poi sono cresciuto, sempre giornalisticamente parlando, e non so se bene o male. Quelle stanze mi hanno dato l’imprinting ed è impossibile dire di no. A cosa? Un mio ricordo sullo scudetto dell’Alidea che fu vinto nell’aprile del 1980.

Quarantacinque anni fa il primo, e purtroppo unico, scudetto della pallavolo femminile a Catania in “quella stagione perfetta” (questo il titolo del libro scritto da Tiziana Pizzo), da una squadra fantastica con giocatrici tutte catanesi tranne la Bendeova (che alla fine catanese lo era diventata quanto meno per adozione) e guidata da una delle allenatrici più brave e moderne (vale ancora per oggi) del panorama pallavolistico non solo nazionale. Liliana Pizzo alla quale, per mia fortuna, sono stato legato e affezionato per motivi extra sportivi. La figlia Tiziana, una delle artefici di quella “stagione perfetta”, ne sono sicuro, ricorderà perfettamente. No, non mi interessava la pallavolo e non mi interessava l’Alidea, mentirei se dicessi il contrario anche se, ironia della sorte solo qualche anno dopo andai a Milano a dirigere il settimanale Pallavolo edito dalla Fipav insieme ad altri giornalisti e tra questi Maurizio Nicita, più che catanese, Alessandro Gullo (catanese), Luca Curino torinese ma che catanese alla fine un po’ lo è diventato e Giovanni Rossi di Urbino. Ma all’ultima partita, quella dello scudetto il 19 aprile 1980 non potevo mancare al Palazzetto di Piazza Spedini (oggi PalaAbramo). L’avversario (ma ho dovuto chiedere, impossibile per me ricordarlo) era il Fano.

Ma più che avversario era una vittima predestinata al sacrificio. Non aveva altra possibilità che la sconfitta. Quel Palazzetto (più palestra coperta che altro) questo lo ricordo benissimo era più che pieno. Uno scudetto a Catania non è cosa di tutti i giorni e nessuno voleva perdersi quell’appuntamento per poter dire un giorno “&c’ero anche io”. E io c’ero. Tra quel pubblico che a ogni tocco di palla gridava all’unisono “uno, due, tre” per esplodere in boati di entusiasmo ogni qualvolta la palla toccava il parquet del campo avversario. E le ragazze si abbracciavano a ogni punto e più si avvicinava il fatidico “punto quindici” del set decisivo (non è un errore, ma a quei tempi la pallavolo era diversa) più io guardavo la gioia, e il rimpianto, stampate in quel viso angelico di quella giocatrice che per un infortunio al ginocchio non poteva giocare. E io per lei ero andato al Palazzetto. E io per lei sono andato alla festa scudetto al ristorante Villa delle Rose. E feci davvero bene ad andare a quella cena. Da allora non ho più perso una sola partita di pallavolo, di quella squadra fantastica, di quelle atlete fantastiche e di quella allenatrice che a Catania (mi spiace ma lo dico anche se le figlie non vogliono) meriterebbe di essere ricordata per come merita.

E siccome questa città, questa terrà brucia in un attimo tutto quello che in anni di sacrificio e lavoro è stato costruito, anche l’Alidea per continuare la sua storia ha dovuto emigrare a Caltagirone e a Giarratana. Forse anche a Messina. Tutto svanisce, Ma quel 19 aprile del 1980 resterà sempre nel mio cuore. E non solo per lo scudetto.