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L' intervista

Tiziana Pizzo: «Io che non mi ricordo niente, ho scritto un libro di memorie»

"Quella stagione perfetta" riporta in vita emozioni, sorrisi e sacrifici di uno scudetto leggendario. Un "romanzo" di famiglia, amicizia e sport che celebra la pallavolo catanese e quell'impresa che ha ispirato intere generazioni

Carmen Greco

09 Dicembre 2025, 22:11

Tiziana Pizzo: «Io che non mi ricordo niente, ho scritto un libro di memorie»

Donatella e Tiziana Pizzo con la coppa dello scudetto

La foto di una mafaldina con la mortadella a pagina 81 del libro. «Se la poesia si potesse mangiare, avrebbe quel sapore lì», scrive Tiziana Pizzo. Prima di mettere piede nel cortile della XXIV Maggio, in via Teatro Greco, per gli allenamenti. il rito per quelle campionesse in erba era mangiare quel panino. Una “madeleine” catanese che profumava di sport, di amicizia, di futuro.
E forse parte tutto da lì, da quella merenda, il miracolo della pallavolo catanese che negli anni Ottanta esplose nell’impresa dell’Alidea: lo scudetto conquistato dalle ragazze di Liliana Pizzo. Una stagione lontanissima e preziosa, custodita come un gioiello nel cuore di generazioni di pallavolisti.
Oggi quella storia rivive nelle 391 pagine del libro di Tiziana Pizzo, un’opera che non racconta solo uno scudetto, ma una famiglia, una città, un amore incrollabile per lo sport.

Tiziana Pizzo scrittrice?

«Io ho sempre scritto, ho anche “rischiato” di fare la giornalista, al Giornale del Sud, ai Siciliani. Poi, dopo l’omicidio di Pippo Fava mi sono un po’ allontanata da quel mondo e sono diventata insegnante. Però non ho mai smesso di scrivere: poesie, riflessioni, appunti… Ma per me, non per gli altri».

E cosa ha acceso la scintilla per questo libro?

«Nel 2020 stavamo organizzando la festa per i 40 anni dello scudetto. Avevo preparato dei ritratti delle mie compagne, ci doveva essere anche una mostra fotografica, avevamo pensato a una grande festa, poi è arrivato il Covid e si fermò tutto. Negli anni successivi è mancata mamma, si è ammalata Donatella, ma quei ritratti mi continuavano a “chiamare”. Volevo legarli a qualcosa di più grande: al racconto dello scudetto, della nazionale, di papà che era l’allenatore di mamma. Della nostra storia, insomma. Così ho iniziato ad aggiungere tasselli. Scribacchiavo dopo la pandemia, di notte. Maria Grazia Rannisi mi ha dato la spinta finale: “Dai, devi scriverlo”».

Tiziana e Donatella Pizzo durante l'intervista a La Sicilia 

Il sottotitolo è «Personaggi, foto, racconti di una pallavolo straordinaria»...

«Sì ho inserito anche scritti di mamma, articoli dell’epoca, ho messo tutto insieme senza seguire una cronologia rigida. Sono ricordi in ordine sparso, come vengono dal cuore. È buffo: io che non ricordo mai niente, ho scritto un libro di memorie. Ho fatto affidamento sulle memorie degli altri, specialmente le mie compagne di squadra».

Le hai coinvolte una per una?

«Sì, tutte. Con alcune siamo in contatto ancora oggi. Anche Julia Bendeova, la straniera, che adesso ha 84 anni. Letizia Billotta e Maria Grazia Pennisi sono state fondamentali per darmi la spinta decisiva a scrivere».

“La” data è il 19 aprile 1980...

«Da lì parte il libro, la partita dello scudetto. Per me un ricordo dolce e amaro: la felicità enorme della vittoria e la tristezza di non poter essere fisicamente in campo. Mi ero massacrata un ginocchio a Fano, nell’ultima partita d’andata. Tutto il girone di ritorno giocò Donatella al mio posto».

Come sfuggire all’effetto amarcord?

«Io in realtà non riesco a essere triste. Certo, molti affetti non ci sono più: mamma, papà, Pippo Suriano… ma il trucco è ricordare quanto siamo stati felici. Non tutti hanno avuto il privilegio di vivere qualcosa del genere e portarselo dietro per sempre».

Durante la realizzazione del libro hai scoperto qualcosa che non conoscevi?

«Sì, una su mamma. Lei odiava che si fumasse. Era vietatissimo. E invece scopro che sapeva benissimo quanto Pina Ferlito fumasse di nascosto! “L’ho sempre saputo”, mi disse. Ci aveva preso in giro tutte!»

Vi siete mai sentite un po’ prigioniere di quell’impresa?

Tiziana: «Più che prigioniere arrabbiate. Non siamo stati capaci di sfruttare quel momento. La squadra era fortissima, ma quando i problemi economici entrarono in gioco, non potemmo competere con le squadre del Nord che avevano sponsor importanti. Del resto mamma non avrebbe mai voluto pagare le atlete o prendere straniere a caso. In più l’anno dopo l’Alidea lasciò la pallavolo. È stata una grande occasione mancata».

Un cazziatone indimenticabile?

Donatella: «Quando presi un cartellino rosso per aver mandato l’arbitro a quel paese. Papà mi disse solo: “Non mi sono mai vergognato così tanto!”. Oppure in nazionale: una mattina io e Lilly Bernardi non ci svegliammo per tempo. Ci precipitiamo in palestra, troviamo le nostre compagne schierate e mia madre seduta che si limitò a dire: “Oggi voi raccogliete i palloni”. A noi che ce la tiravamo tantissimo, io capitana, Lilly la più forte giocatrice di allora. L’umiliazione totale, ma di episodi ce ne sarebbero tantissimi».

Madre, educatrice, allenatrice

«Tutto! Tranne cuoca (ride Donatella ndr). Si mangiava bene solo quando cucinava papà».

A chi è rivolto il libro?

Tiziana: «A chiunque ami la pallavolo. Un ragazzo che non ha mai seguito il volley mi ha scritto: “Mi sono messo a piangere”, non sapeva nemmeno chi fossimo».

Vi piace la pallavolo di oggi?

Tiziana: «Moltissimo. La maschile per un certo periodo non m’è piaciuta, troppo di forza. Ora è più equilibrata». Donatella: «È tutto più veloce. Noi ci mettevamo una vita per un cambio palla...».

Chi l’ha letto per primo?

Tiziana: «Mio fratello Piero. Uno che non è solito fare complimenti. Mi ha mandato un messaggio struggente. Ha scritto: “Irrinunciabile, intenso, commovente”. E ci ha detto: “Dovete portarlo in tutta Italia”». Donatella: «Io sono pronta».