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«Preoccupato per il futuro del mio Catania Servono idee e imprenditori con tanti soldi»

Di Redazione |

Catania – Quando il Catania passò dalle mani dei Gaucci al gruppo Pulvirenti, c’era un catanese dietro le quinte a lavorare per portare a termine la trattativa: Guido Angelozzi, oggi direttore dello Spezia in B, ha sempre un’anima rossazzurra. Ex giocatore, ex dirigente, dal suo isolamento forzato in Liguria aspetta un segnale per tornare alla normalità e non nasconde il suoi affetto per il club della sua città.

Tempi duri per tutti, anche voi in Serie B soffrite. Ricomincerà mai il campionato?

«La vedo dura, siamo fermi da due mesi, l’ultima partita è stata giocata l’8 marzo. Dopo 50 giorni non sarebbe semplice ripartire. E se il campionato dovesse riprendere a maggio? Ancora più complicato».

Lei, direttore, coordina tutto da casa.

«Sono rimasto a La Spezia. La mia famiglia, invece, non s’è mossa da Catania. Sono giorni difficili per tutti. Per i calciatori che s’allenano a casa, per lo staff tecnico. Anche per i miei cari».

Per inciso: complimenti per il lavoro che sua figlia Nicole sta facendo con Telecolor.

«Nicole ha scelto la sua strada, l’ammiro per la sua determinazione. Nel contempo, visto che ha 18 anni, studia per la maturità».

Questa pausa ha messo al tappeto tutti i club. Ci sono perdite immani.

«Siamo tutti in difficoltà: anche in Serie A. Lo stop si ripercuote, a cascata, in tutte le altre categorie. Tante società vivono di diritti tv, sponsor, incassi. Il fermo totale è un danno devastante. Il 50 per cento delle società rischiano di rinunciare l’anno prossimo. Rischiano soprattutto i club dilettantistici che vivono di sponsor e dell’entusiasmo degli imprenditori. Le aziende sono chiuse e chissà se e come ricominceranno».

E la Serie C rischia di più?

«Rischia tanto, s’è già parlato di questo più volte. Il calcio vive il momento peggiore dal dopoguerra. Chi ha programmato l’attività per eliminare i debiti ora si vede vanificare tutto».

Per il Catania sono giorni complicati per la questione legata alla cessione del club.

«Il Catania lo seguo con affetto anche perché ho giocato per anni ed è stata un’esperienza unica che mi porto nel cuore, non sarà facile rimpiazzare Pulvirenti al di là di pregi e difetti. Sedici anni fa traghettammo il club dai Gaucci a Pulvirenti che ha proposto un calcio ad alto livello. Pulvirenti ha fatto bene. Negli ultimi anni c’è stato il crollo».

Oggi c’è un sostituto all’orizzonte?

«Non so se a Catania c’è un imprenditore che può rilevare il club. Leggo di voci e ipotesi, Ma non posso giudicare. Il Catania è una società che ha dietro una città passionale. Confesso: da tifoso sono molto preoccupato».

C’è una cordata con rappresentanti catanesi che sta portando avanti una trattativa.

«Non conosco i dettagli e non mi esprimo, bisognerà capire chi c’è dietro Pellegrino e Pagliara che, per inciso, sono persone perbene. Servono imprenditori importanti per rilanciare. Al di là dei soldi, serve poi curare la fase pratica. Innanzitutto, però, servono gli investimenti. Successivamente bisognerà individuare i dirigenti».

Torre del Grifo è un peso economico o una risorsa?

«Se ci sono idee per sviluppare lavoro è una risorsa. A La Spezia abbiamo due centri sportivi. In uno ci sono sede, ristorante, albergo, cinque campi in sintetico per il vivaio; nel secondo centro due campi in erba e la palestra per la prima squadra. I costi sono elevati, ma puoi programmare ad alto livello. Dipende dalla disponibilità del club, il Catania quando ha progettato Torre del Grifo ha ragionato da società importante».

In Sicilia, a Lentini, il patron Leonardi sta lavorando con grande saggezza.

«Non lo conosco direttamente, ma tutti ne parlano bene. E’ un imprenditore importante, per la Leonzio ha fatto investimenti importanti. Non so se prenderà il Catania, ma io ho vissuto un’esperienza a Bari, club costretto a al fallimento pilotato. Lottavamo per la A, poi è entrata la nuova proprietà, dopo due anni i pugliesi sono falliti di nuovo ma è arrivato De Laurentiis».

Se il Catania dovesse fallire?

«Speriamo mai. Ma ripartire dalla D è sempre difficile. Il Palermo in D ha dovuto sborsare un milione a fondo perduto per iscriversi al campionato, così come aveva fatto il Bari. Servono aziende importanti. A Catania non ci si può accontentare di un campionato anonimo».

Cosa ricorda del suo passato da dirigente in rossazzurro?

«La passione di Luciano Gaucci che ora non c’è più, e quella dei figli. L’acquisto di Mascara: difficoltoso ma importante. Peppe resta il simbolo del calcio etneo moderno».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA