L’ortopedico e hockeista catanese che ha curato Chris Froome
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Dal made in Italy al made in Sicily… Da anni ormai l’Isola esporta all’estero talenti. Uomini e donne che in questa terra si sentono schiacciati da un sistema che non li premia e che, anzi, li mortifica. Fuga di cervelli, fuga di risorse che potrebbero rendere la nostra Sicilia più competitiva. E’ il caso di Giorgio Gresta, 50enne catanese, luminare e punto di riferimento in Europa per la chirurgia arto superiore. Il dottor Gresta è un medico stimato in tutta la Francia, Paese dove vive e opera da anni, dopo essere partito da Catania con un biglietto di sola andata nel 1998.
La sua è una storia da romanzo, che si intreccia con lo sport. Il primo anello di congiunzione è l’hockey su prato, disciplina che Giorgio ha praticato nella sua infanzia a Catania e che adesso quando può continua a svolgere in Francia. Il secondo, è il paziente che recentemente si è affidato alle sue mani per riprendere la propria attività sportiva, quel Chris Froome, campione di nazionalità keniana del ciclismo mondiale che rischiava di dire addio alle corse.
Froome, durante la Corsa del Delfinato, ultimo test in vista del Tour de France, rimase vittima di una caduta nel corso della ricognizione della cronometro di Roanne, andando a sbattere violentemente contro un muretto: gli vennero riscontrate gravi fratture a femore, gomito, costole e anca, oltre ad alcune lesioni interne e varie escoriazioni. E’ stato proprio Giorgio Gresta a operarlo, come ci ha raccontato in questo chiacchierata.
Dottor Gresta, da dove cominciamo?
«La mia storia comincia a 17 anni quando ero un giocatore del Cus Catania di hockey su prato. A quell’epoca ero una promessa dell’hockey, facevo già parte del giro azzurro e un grave incidente motociclistico mi creò una grave lesione al ginocchio, lnon operabile in Italia. La Nazionale mi mandò a Saint Étienne per l’intervento, fu il prof. Bousquet a operarmi».
Fu in quell’occasione che esplose la sua passione per la medicina?
«Proprio così. Da quell’esperienza si infiammò in me l’amore per l’ortopedia e in particolare un sentimento di riconoscenza nei confronti della Francia e di chi mi operò».
Così dopo la maturità, il percorso fu obbligato…
«Studiai medicina a Catania e una grossa parte della specializzazione fu svolta nel reparto del prof. Mollica. Dopodiché partii da Catania nel 1998 per specializzarmi a Saint Étienne al Chu, struttura nella quale sono rimasto fino a oggi. In venti anni di carriera ho già alle spalle 10.000 interventi oltre alle 4.000 visite annue. Il mio lavoro mi ha dato la possibilità di crescere, tanto da essere considerato uno dei riferimenti della chirurgia arto superiore della regione Rhône Alpes e di tutta la Francia. Di questo sono veramente orgoglioso».
Pensa mai all’Italia? Ritornerebbe?
«La Francia mi ha dato la possibilità di lavorare in ottime condizioni e curare i pazienti come amo fare. L’Italia purtroppo non dava spazio ai giovani. No, non tornerei in Italia...».
Le manca la Sicilia?
«Mi manca la mia famiglia, la pasta alla norma, il mare e il Calcio Catania che mi fa disperare anche a distanza di migliaia di chilometri».
La sua famiglia è ormai francese.
«Sono rimasto in Francia proprio perché qui ho conosciuto mia moglie Pascale, le nostre due bimbe sono vere e proprie cittadine francesi».
Recentemente lei ha operato il campione del ciclismo mondiale Froome.
«Froome al Giro del Delfinato ha avuto un brutto incidente, e ha rotto il femore e il gomito. Il mio fraterno amico prof. Philippot lo ha operato al femore e io al gomito considerato che sono il responsabile dell’arto superiore del Chu di Saint Etienne. L’intervento è durato circa 5 ore. Tutto è andato molto bene, credo e mi auguro che il paziente sarà nuovamente in bici fra 3-4 mesi per riprendere poi le competizioni fra 6 mesi».
Riesce ancora a giocare a hockey su prato?
«Gioco in un club di Saint Étienne, l’Hcs, partecipiamo a un campionato regionale, erco di offrire la mia esperienza ai più giovani. Sono stato invitato a giocare con le nazionali veterani italiana e francese, considerato che sono anche cittadino francese. Purtroppo però non ho così tanto tempo per l’hockey, un giorno chissà. Intanto le mie bimbe giocano a hockey».
Ha saputo che la squadra femminile di hockey catanese è ritornata in A1?
«Sì e ne sono felice, ho ricevuto la notizia da Luca Di Mauro, mio cugino di secondo grado, grazie a lui ho cominciato a giocare ad appena 8 anni».