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Nick Legrottaglie: «Questo Catania può rinascere subito, play off possibili»

Nick Legrottaglie: «Questo Catania può rinascere subito, play off possibili»

Intervista esclusiva con l’ex difensore rossazzurro ora allenatore dell’Akragas

Di Giovanni Finocchiaro |

CATANIA – Juve, soprattutto. Ma anche il Chievo «meravigliao» di Delneri, non uno qualunque. E, come se non bastasse, il Milan, gli scudetti, la Nazionale, il Catania dei record di punti… Nicola Legrottaglie adesso ha cambiato pagina. Allena in Lega Pro. Non viaggia in aereo ma si sposta in pullman alle 9 della domenica mattina per raggiungere, da Agrigento, un centro della provincia etnea e disputare un test a porte chiuse. Studia e fa rispettare le regole. Niente bestemmie in campo e fuori. L’Akragas non solo ha ripulito quel vocabolario tristemente diffuso nel calcio e non solo, ma ha persino un decalogo comportamentale che potrebbe fare… giurisprudenza. «Studio il campionato, le avversarie. Studio da allenatore».     E le piace… «Sì, anche se da un mese ho una colite assurda».     Motivo? «Le responsabilità, la voglia di fare bene. Non mi fermo mai. In dialetto come si dice? »     Troppi pinseri. «Ecco (ride, ndr) troppi pinseri… »     Parliamone serenamente, adesso c’è una pausa forzata di campionato e ci si può aprire senza la tensione imminente. «Non pensavo di vivere così, però mi piace questo mestiere, mi piace la proposta che mi ha fatto l’Akragas. Diciamo che questo disturbo intestinale diventa un fatto negativo e positivo nello stesso tempo».     Sarà anche l’avvio di una stagione difficile per tutti. Anche per voi. «In Serie A, nei grandi club, ho fatto il calciatore e basta. Ragionavo con la mia testa, per carità, ma linee direttive le tracciavano gli altri, i tecnici e i dirigenti soprattutto. In Lega Pro alcune cose devono essere ricostruite».     Beh, Nick… in un certo senso è naturale. «Ho notato che in queste categoria c’è a volte molta superficialità, chi viene per la prima volta in Lega Pro e ha mentalità da dilettante si deve guidare con mano. Qui siamo e dobbiamo essere professionisti. Se vuoi raggiungere obiettivi di eccellenza devi fare e dare il massimo».     Agrigento… lei torna in Sicilia. «L’idea mi è piaciuta, la vostra terra è un po’ la mia. Qui ho lasciato un pezzo di cuore… Ho ritrovato molte persone care».     Per non farsi mancare nulla ha scelto il ritiro a Torre del Grifo. «In quella struttura ho chiuso la carriera di calciatore e so quanto sia comoda. Ad Agrigento mancano gli impianti o non sono ancora a nostra disposizione e ci dobbiamo spostare anche la domenica mattina, come adesso».     Bella fatica. «Ecco, Catania è stata una bella opportunità per rimediare».     Che città ha ritrovato? «Una città delusa per quello che è successo due mesi fa. Ma adesso il calcio ti da ancora l’opportunità di crescere. Lo stesso discorso vale anche per Agrigento. Se si sa cogliere al volo l’occasione mediatica e di lavoro, lo stesso indotto che gira attorno a una partita, allora qualche beneficio emerge».     Strutture che non si possono usare. E l’Akragas che gira per allenarsi e affrontare il campionato. «Da noi è tutto nuovo, gruppo compreso. Servirà un lavoro psicologico importante e un lavoro tecnico per dare idee di calcio. Stiamo sistemando ogni cosa, ma l’unico problema e anche serio sono le strutture. Lo stadio ancora non lo possiamo utilizzare. I lavori vanno a rilento e il rischio è che non si riesca a giocare in casa neanche a fine mese. Si sta lavorando per una deroga, il Comune dice che il 27 di questo mese sarà tutto a posto».     Ci sveli il suo decalogo personale. «No, è un regolamento esteso a tutti i nostri tesserati. All’interno del gruppo ci sono cose fondamentali. Serve anche parlare bene, non criticare l’altro ma aiutarlo. Se qualcuno sente cose che non vanno può… multare il compagno».     Innovativo ma pericoloso. «E’ una questione di coscienza, di professionalità, di onestà».     Nessuna parolaccia vola quando s’allena o gioca l’Akragas. Lo abbiamo notato a Torre del Grifo. «Non si dicono le parolacce, qualcuno ce l’ha ancora come vizio e se lo toglierà. La bestemmia è vietata e spiego perchè: non va bene per la loro vita chi bestemmia si maledice da solo».     Che allenatore sarà, Nick? «Non un assolutista, mi piace confrontarmi ma decido io. Mi piace il confronto con tutti perchè ogni giocatore potrebbe darmi idee valide».     Il Catania che squadra ha costruito? «Una delle più competitive. Ci sono nomi di categoria e qualcun altro che arriva dalla Serie B. In difesa i rossazzurri non sono male, a centrocampo spicca l’esperienza, in attacco se dovesse arrivare pure Evacuo potrebbero ambire ai play off nonostante la penalizzazione».     Le altre favorite? «Il Matera ha una squadra che non molla. Abbiamo perso lì all’ultimo istante per un errore nostro. Il Foggia è favorito, poi a ruota cito Benevento, Lecce, Cosenza… ».     L’Akragas? «Devo conoscere la categoria, ho una idea tattica che si basa sul possesso palla, sulla velocità. Parto da questo e dalla ricerca di un equilibrio in ogni reparto. Poi studieremo le strategie migliori».     Lei è stato alle dipendenze dei migliori allenatori. Chi le è rimasto in mente, adesso che è diventato un loro collega? «Mi ha dato molto il Delneri al Chievo: concetti tattici che ho immagazzinato modificando qualcosa in base alle altre esperienze vissute in giro per il mondo. I suoi movimenti difensivi, comunque, partono da certezze notevoli».     Solo Delneri? «A livello umano mi hanno lasciato molto Ranieri e Zaccheroni. A Catania lo stesso Maran ha lavorato benissimo al di là dei risultati recenti».     Ha visto il Chievo come vola… «E Castro è il migliore del momento».     Ma alla Juve che succede? «Non chiamatela crisi. Ci sono state partenze importanti e ci vuole tempo per adattare i nuovi. I vecchi hanno pagato questo ricambio generazionale».

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