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Il tesoro degli Asburgo era in una cassetta di sicurezza in Canada: un giallo che dura da più di un secolo (ma la corona di Sissi non c'è)

In un caveau oltre Atlantico cento e passa anni di segreti, fughe e leggi: ora Vienna deve decidere a chi appartengono davvero quei gioielli 

Redazione La Sicilia

26 Dicembre 2025, 23:17

23:50

Canada, valigia, vetrina XIII: il ritorno dei gioielli che dividono l’Austria

Dentro un caveau di una banca del Québec tra involucri di carta e piccoli astucci c'erano da più di 100 anni i pezzi scomparsi dalla Vetrina XIII della Tesoreria imperiale di Vienna: gemme, spille, ornamenti legati ai nomi di Maria Teresa, Maria Antonietta, Elisabetta “Sisi”, e soprattutto al leggendario “Florentiner”, diamante giallo di oltre 137 carati. Il rinvenimento in una cassetta di sicurezza in Canada non è soltanto una storia da romanzo dinastico: è miccia che riaccende in Austria una disputa identitaria e giuridica mai chiusa, fra la Repubblica e la famiglia Asburgo, su chi sia il legittimo proprietario di ciò che un tempo fu il “tesoro di corte”.

Di chi sono quelle pietre?

Il nodo è antico e riassumibile in poche righe di legge. Con la “Legge Asburgo” del 3 aprile 1919 lo Stato repubblicano, appena nato sulle rovine dell’Impero, abolì per sempre i diritti della casa regnante e si dichiarò proprietario dell’insieme dei beni del casato che si trovavano “nel suo territorio” — un inciso che oggi torna dirimente. La norma, elevata nel 1920 a rango costituzionale e ritoccata nel 1963, fu lo strumento politico e giuridico che accompagnò l’espulsione della famiglia e la confisca del patrimonio “di corte” entro i confini statali. Ma cosa accade ai beni sottratti materialmente al territorio prima che la legge dispiegasse i suoi effetti? È in questa zona grigia che si muove la contesa sui gioielli riemersi in Canada.

Il colpo di mano del novembre 1918 e il lungo sonno oltre oceano

La notte in cui si svuotò la Vetrina XIII

Nella confusione dei giorni che precedettero la proclamazione della Repubblica (30 ottobre – 12 novembre 1918), l’imperatore Carlo I ordinò al suo Oberstkämmerer, Leopold conte Berchtold, di mettere in salvo parte del cosiddetto “Hausschatz”: non le insigni corone e i simboli del potere — rimasti a Vienna e oggi esposti al Kunsthistorisches Museum — ma gioielli e parure familiari custoditi nelle Vetrine XII e XIII della Tesoreria secolare. Le cronache e gli inventari coevi ricordano consegne notturne, pacchetti “avvolti nella carta”, due borse caricate su un treno diretto in Svizzera. In un appunto di ricevuta si parlò di 13 pezzi del “privato possesso” dell’imperatrice Zita; altri repertori indicano 38–39 oggetti ascrivibili al tesoro di casa Asburgo-Lorena, inclusi set di smeraldi e rubini legati a Maria Teresa, la corona di diamanti di Sisi e — soprattutto — il Florentiner

Dalla Svizzera al Québec: la pista che porta al caveau

Quel bottino familiare, partito da Vienna a inizio novembre 1918, scomparve dai radar intorno al 1921. Secondo i discendenti, a custodirlo fu la stessa imperatrice Zita, che durante l’esilio — passando per la Svizzera, poi in fuga dal nazismo nel 1940 — approdò con i figli in Canada, dove gli oggetti furono infine depositati in un banksafe. Per decenni il segreto sarebbe stato tramandato solo a pochissime persone di famiglia, con l’indicazione di non rivelarlo per un secolo: una clausola di prudenza storica che oggi, scaduta, permette di raccontare l’intera vicenda. 

Il “Florentiner” riappare

Tra i pezzi più discussi figura il “Florentiner”, diamante giallo dalla forma a goccia, probabilmente mediceo nelle origini e poi passato agli Asburgo. Per generazioni è stato creduto ricavato e disperso, forse venduto clandestinamente o rubato in guerra. La sua riemersione in Canada — attribuita a verifiche e perizie commissionate dai discendenti — ha avuto l’effetto di un fulmine: il 137 carati torna a farsi vedere, con l’autenticità attestata dal gioielliere Christoph Köchert (della storica A.E. Köchert, fornitrice di corte). La famiglia ha fatto sapere di voler esporre in prima battuta il diamante e altri oggetti in Canada, come omaggio al Paese che offrì rifugio a Zita

Legge contro memoria: perché la proprietà è un enigma

Il perimetro del 1919 e il “fuori territorio”

La Legge Asburgo del 1919 dispone che la Repubblica d’Austria diventi proprietaria del patrimonio del casato che si trovi “nel suo territorio” e ne sancisce l’indisponibilità per i discendenti, fatti salvi i beni privati non ricompresi nel fondo di corte e alcune istituzioni culturali trasferite allo Stato (come la Hofbibliothek, poi Biblioteca Nazionale, e l’Albertina). Se i gioielli delle Vetrine XII–XIII erano già all’estero, la lettera della norma potrebbe non ricomprenderli; se, invece, fossero dimostrabilmente parte del patrimonio vincolato della dinastia e trasferiti solo temporaneamente all’estero per ragioni di sicurezza, la pretesa pubblica potrebbe trovare appigli. È qui che gli storici dell’arte, i giuristi costituzionalisti e gli archivisti si dividono. 

Cosa dicono i protagonisti

Per Karl von Habsburg-Lothringen, attuale capo della famiglia, quei gioielli sono “chiaramente proprietà privata”: in parte, sostiene, discendono da Francesco Stefano di Lorena come beni personali passati alla linea toscana e poi rientrati per via dinastica; in parte sarebbero stati donati a imperatrici e arciduchesse e dunque mai confluiti nel “tesoro di corte”. L’esecutivo di Vienna, con il vicecancelliere e ministro della cultura Andreas Babler, ha invece annunciato l’istituzione di una commissione per valutare se lo Stato debba rivendicare quei beni — in primis il Florentiner — e, in caso positivo, avviare le procedure di rientro. La commissione, insediata a dicembre 2025, conta di presentare conclusioni entro l’autunno 2026

Il peso delle parole: “Kronjuwelen” o “gioielli di famiglia”?

Una distinzione semantica diventa chiave: non si tratta delle “Kronjuwelen” — le insigne sovrane, come la Corona di Rodolfo II, il globo e lo scettro, tuttora in esposizione a Vienna — ma di gioielli familiari. Per il costituzionalista Christoph Bezemek (Università di Graz), proprio l’assenza del carattere di insignia e la collocazione estera al momento dell’entrata in vigore della legge rendono l’esito dell’analisi proprietaria “più impegnativo” e affatto scontato. (Kleine Zeitung)

Cosa sappiamo oggi degli oggetti riemersi

Quanti pezzi? E quali?

Le ricostruzioni variano. Documenti d’epoca parlano di 13 pezzi “privati” dell’imperatrice Zita consegnati a Berchtold; altri elenchi — frutto di inventari vicini al 1918 — salgono a 38–39 oggetti prelevati dalle Vetrine XII–XIII, fra cui la corona di diamanti attribuita a Sisi, set di smeraldi e rubini legati a Maria Teresa e Maria Antonietta, e il Florentiner. Le rivelazioni odierne dei discendenti alludono a una valigia con un nucleo selezionato di pezzi — in alcune ricostruzioni si parla di quindici — depositata in un banksafe canadese. Su questo punto, le fonti pubbliche disponibili non coincidono nei numeri: prudenza impone di accettare un ordine di grandezza (una dozzina abbondante di oggetti), in attesa che la commissione e le perizie archivistiche pubblichino una lista ufficiale

Il diamante “mediceo” e le altre meraviglie

Il Florentiner: taglio a goccia, tonalità giallo-canaria, 137 carati circa; il suo passaggio dai Medici agli Asburgo costituisce uno dei capitoli più affascinanti della storia del collezionismo europeo. Oggi risulta autenticato da Christoph Köchert e destinato a una prima esposizione in Canada

La corona di diamanti di Elisabetta (“Sisi”): icona fotografica dell’imperatrice, ritenuta fra i pezzi mancanti o non ancora riallocati con certezza. 

Set di smeraldi e rubini: parure di tradizione maria-teresiana, alcune delle quali — secondo fonti giornalistiche — potrebbero essere state alienate in passato. Anche su questo, la prova documentale definitiva spetta agli archivi. (Kurier; Die Presse)

Le strade legali: tra Austria, Canada e… Italia

Quale diritto si applica?

Il diritto austriaco: la Legge Asburgo vincola i beni “nel territorio” al 1919; resta da verificare se gli oggetti disputati appartenessero al “fondo di corte” o fossero privati, e in quale luogo si trovassero al momento rilevante. (RIS; Welt der Habsburger)

Il diritto canadese: la detenzione in cassetta di sicurezza implica custodia e titolarità contrattuale privata; eventuali richieste di restituzione richiederebbero cooperazione giudiziaria e un titolo pubblico chiaro. (Principi generali; v. prassi su restituzioni internazionali)

L’ipotesi italiana: taluni commentatori evocano i legami toscani di Francesco Stefano di Lorena e il percorso mediceo del Florentiner. Allo stato, non risultano iniziative ufficiali di Roma; qualora emergessero beni di provenienza oggetto di tutela patrimoniale italiana, si aprirebbe un ulteriore capitolo di diplomazia culturale. (Krone; contesto storico generale)

La commissione “Florentiner”

Il ministro della cultura Andreas Babler ha istituito a dicembre 2025 una commissione di studio — battezzata informalmente “del Florentiner” — con mandato di chiarire entro l’autunno 2026 la titolarità dei pezzi e le eventuali azioni da intraprendere. È uno snodo decisivo: solo un parere tecnico-giuridico, sorretto da inventari, ricevute, fotografie e analisi gemmologiche coeve, potrà dirimere la linea sottile fra memoria dinastica e patrimonio pubblico.

Il precedente per i “tesori in esilio”

C’è un risvolto europeo: in un’epoca in cui musei e Stati ripensano le restituzioni, l’idea di un “tesoro in esilio” custodito per decenni in un caveau straniero pone domande nuove. Non si tratta di bottino coloniale né di depredazioni naziste nel senso usuale: è un trasferimento operato dagli stessi proprietari dinastici in un tempo di crollo istituzionale. La soluzione austriaca — tra commissioni, archivi, perizie — potrà diventare precedente per analoghe situazioni in Europa centrale. (Osservazioni ricavate dal dibattito nei media austriaci e tedeschi).