Mazzette eolico, Nicastri parla e Regione trema: «Così corrompevo i funzionari»
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PALERMO - Parla Vito Nicastri, imprenditore alcamese ritenuto tra i finanziatori della latitanza del boss Messina Denaro finito al centro di una inchiesta su un giro di mazzette alla Regione siciliana. Parla da settimane e racconta ai pm di Palermo di tangenti e favori. Dal carcere in cui è rinchiuso con le accuse di concorso esterno in associazione mafiosa, autoriciclaggio, corruzione e intestazione fittizia di beni, svela ruoli dei protagonisti dell’ennesimo caso di corruzione nella burocrazia regionale siciliana, fa nomi di soci occulti e quantifica il prezzo della «benevolenza» di chi, illecitamente, gli rilasciava permessi e autorizzazioni.
Quella di Nicastri, in carcere assieme al figlio Manlio, suo partner nel business delle energie rinnovabili, è una collaborazione eccellente che potrebbe portare a colpi di scena clamorosi e complicare la posizione processuale di uno dei suoi soci nascosti: Paolo Arata, faccendiere, consulente della Lega, finito in cella per gli stessi reati insieme al figlio Francesco. Arata è indagato anche a Roma per una presunta tangente di 30mila euro all’ex sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri.
Causarano, dunque, ora accusato di corruzione, avrebbe fatto da tramite tra l’imprenditore alcamese e Tinnirello, dirigente dell’assessorato che doveva rilasciare l’autorizzazione unica, permesso necessario a Nicastri per un progetto di realizzazione di due impianti di biometano a Francofonte e Calatafimi. Tinnirello, indagato da mesi, è finito ai domiciliari nelle scorse settimane. Il prezzo della corruzione sarebbe stato 500mila euro. «Ho consegnato a Causarano personalmente nei miei uffici 100 mila euro in tranche da 10-12 mila euro, - racconta Nicastri - denaro che secondo quanto riferitomi da Causarano avrebbe dovuto consegnare a Tinnirello». I soldi venivano dall’imprenditore mafioso Francesco Isca, anche lui arrestato, ma il taglio originario delle banconote non piaceva al funzionario e venne cambiato. Cinquencentomila euro, dunque, per un sì che avrebbe consentito al re dell’eolico di avere un progetto approvato da rivendere a grosse imprese del settore incassando fino a 15 milioni di euro. E Tinnirello avrebbe risposto con sollecitudine. «Per la terza e ultima istanza gli uffici si mossero addirittura in un giorno», racconta Nicastri.
A Barbieri, invece, si contesta l’essere stato socio occulto del re dell’eolico nel 2015 e di aver ceduto la sua parte ad Arata per 300mila euro. Il denaro sarebbe poi andato a Nicastri. Per gli inquirenti l’alcamese dice il vero: alcuni documenti trovati nel corso di perquisizioni agli indagati confermerebbero le sue dichiarazioni. E secondo indiscrezioni il racconto dell’imprenditore alcamese sarebbe solo all’inizio.