Notizie Locali


SEZIONI
Catania 16°

Trapani

Arresti e perquisizioni, così si allenta rete fiancheggiatori Messina Denaro

Di Redazione |

PALERMO – Terra bruciata attorno al boss Matteo Messina Denaro. Con l’inchiesta Eris i Ros aggrediscono la rete dei fiancheggiatori del superlatitante con perquisizioni nei confronti di 25 indagati ritenuti, a vario titolo, favoreggiatori della sua latitanza. L’operazione, che ha visto impiegati 200 carabinieri, è l’ultimo tassello dell’indagine per la cattura della “primula rossa” di Cosa nostra che da anni ormai punta al progressivo depotenziamento dei circuiti di riferimento e delle risorse economiche del suo gruppo criminale. Oggi sono state sequestrate due pistole e munizioni, apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni e una copiosa documentazione. Materiale già al vaglio di tecnici e analisti del Ros e che, ritengono i carabinieri, potrà fornire spunti utili per il proseguo delle investigazioni.

I militari dell’Arma hanno anche fermato, su disposizione della Dda di Palermo, Matteo Tamburello, esponente di spicco della famiglia di cosa nostra di Mazara del Vallo, indagato per associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori e violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale. Al centro delle indagini ci sono i mandamenti mafiosi di Mazara del Vallo e di Castelvetrano nel cui alveo sono state documentate «qualificate interlocuzioni intrattenute da Tamburello con soggetti riconducibili al reggente del mandamento di Castelvetrano, Gaspare Como, cognato del latitante Matteo Messina Denaro», arrestato sempre dal Ros lo scorso aprile nell’ambito della indagine “Anno zero” e da qualche settimana detenuto al 41 bis. Le indagini sul clan mafioso mazarese hanno permesso di «individuare la fase riorganizzativa dei vertici, fornendo importanti elementi sulla sua collocazione baricentrica nelle relazioni criminali nella Sicilia occidentale».

Tamburello, figlio di Salvatore, il vecchio capomafia di Mazara del Vallo morto l’anno scorso, è stato scarcerato nel novembre 2015 dopo aver scontato una condanna perché, come reggente della “famiglia” mafiosa mazarese fino al 2006, voleva riprendere in mano la gestione della “famiglia”. Un percorso criminale che partiva dagli affari: «ripartiamo dall’eolico», afferma intercettato dal Ros, programmando la gestione di lavori nel settore per l’ampliamento di un impianto a Mazara del Vallo, attraverso la palificazione di nuovi aereo-generatori.

COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

Articoli correlati